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Venerdì, 19 Aprile 2024
TRATTATIVA STATO-MAFIA

Trattativa Stato-mafia, i pm: "Processate gli 11 imputati"

Chiesto il processo per Nicola Mancino, Calogero Mannino, Marcello Dell'Utri, il generale Mori e per 5 capimafia, altri due ufficiali dei carabinieri e per Massimo Ciancimino. Nei giorni scorsi disposto lo stralcio per Provenzano

La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli undici imputati nel procedimento per la trattativa Stato-mafia. La richiesta è stata formulata dal pm Nino Di Matteo, che ha così concluso davanti al gup Piergiorgio Morosini, nell'aula bunker dell'Ucciardone, la requisitoria cominciata ieri mattina.

Tra gli imputtai ci sono cinque mafiosi: i capimafia corleonesi Leoluca Bagarella, il capolista, suo cognato Totò Riina, e Bernardo Provenzano, il pentito Giovanni Brusca e il palermitano Antonino Cinà. Tre politici: l'ex ministro democristiano del Mezzogiorno, Calogero Mannino (nella foto), il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, che risponde solo di falsa testimonianza. Tre ufficiali dei carabinieri: i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l'ex colonnello Giuseppe De Donno. E infine Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, che risponde, oltre che della trattativa, di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata.

Mancino questa mattina ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato, e il Gup si è riservato di pronunciarsi in merito. Nei giorni scorsi, era stato disposto lo stralcio della posizione di Bernardo Provenzano, giudicato dai periti incapace di presenziare alle udienze a cause delle sue condizioni psichiche.

I reati contestati per i presunti accordi fra Stato e mafia, risalenti al periodo delle stragi del '92-'93, sono quelli di attentato, con violenza o minaccia, a corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, tutto aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra. Il patto sarebbe stato suggellato, secondo l'accusa, da ex ministri, per mezzo di mafiosi e il tramite di Dell'Utri, per evitare nuovi attentati: in cambio sarebbe stato offerto un ammorbidimento del 41 bis, il regime di carcere duro previsto per i detenuti legati a Cosa nostra.

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