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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Il caso

Nell’università italiana è sbagliato definirsi di Taiwan

Un docente cinese del Politecnico di Milano ha ammonito uno studente per aver indicato l’isola come suo Paese di provenienza

“Studente W., ti devo dire una cosa che non riguarda la tesi, ma parlerò in cinese con te perché questa faccenda non riguarda gli altri due studenti iraniani. Vi ho inviato un modulo da compilare per indicare la vostra nazionalità e il vostro paese di provenienza. Nella parte inerente alle informazioni personali hai scritto Taipei, Taiwan”.

Chen Zhen, docente a contratto del Politecnico di Milano, si rivolge così in lingua cinese al suo studente, redarguendolo per aver indicato Taiwan come suo Paese di provenienza. Evidentemente il professore cinese non credeva che quella conversazione sarebbe finita online (tradotta in italiano dall’utente Twitter @CapeOfCcpHunter), scatenando un vespaio di polemiche anche internazionali.

La "chiacchierata" 

Ma facciamo un passo indietro. Il professore cinese insegna da 10 anni alla prestigiosa università di Milano, tenendo corsi sull’architettura e sulla progettazione urbanistica in Cina. Il suo curriculum (aggiornato al 2019) racconta come Chen sia approdato al Polimi, dopo aver conseguito un master in “Urban planning and design” alla Beijing University of Technology. Chen, classe 1979, ha iniziato la sua carriera professionale nel 2001 in Cina, collaborando allo sviluppo di numerosi progetti architettonici e urbanistici. Dal 2009 è co-fondatore di RECS Architects, studio di architettura con attività in Italia e Cina.

Chen tiene ora un corso in lingua inglese in “Urban and Architectural Design in China” al Polimi rivolto a studenti internazionali e non. Nella videolezione oggetto di polemiche, il docente esordisce in inglese per poi rivolgersi, in cinese, direttamente allo studente W. per una “chiacchierata” dai toni paternalisti e aggressivi.

Durante la conversazione - unilaterale – il professore sostiene che lo studente non ha alcun diritto legale di riferirsi a Taiwan come Paese dal momento che “tutta l’Unione Europea, inclusa l’Italia, considera Taiwan come parte della Repubblica popolare cinese e non come nazione indipendente”.

E ancora Chen sottolinea che “la vostra Costituzione (quella della Repubblica di Cina, il nome formale di Taiwan, ndr) non sancisce l’indipendenza di Taiwan”, invitando lo studente a consultare la carta costituzionale dell’isola.
Una precisazione è doverosa a questo punto. La Repubblica di Cina è de facto indipendente, senza esserlo però de iure. Le relazioni tra Cina e Taiwan sono deteriorate negli ultimi anni: Pechino considera "separatista" l'isola guidata dall’attuale presidente Tsai Ing-wen per il mancato riconoscimento del principio dell'unica Cina del 1992, su cui Pechino e Taipei hanno interpretazioni diverse.

Ma nella lezione sulla progettazione delle città cinesi, Chen si addentra su questioni costituzionali estranee al suo corso di insegnamento. “Capisco la tua generazione, la vostra educazione vi porta ad avere un'identità nazionale diversa dalla nostra”, dice il docente cinese con tono paternalistico allo studente che rimane in silenzio. E poi conclude: “Taiwan non è mai stato il nome di una nazione indipendente anche se il vostro governo può fare dei giochi di parole, manipolare e ingannare il popolo”.

L’ammonimento ha sortito l’effetto desiderato. Lo studente, a cui è stato negato il diritto di riconoscersi come cittadino di Taiwan, ha modificato il modulo, sostituendo la dicitura da “Taipei, Taiwan” a “Taipei, Cina”: la formula, infatti, è l’unica accettata dalla Cina.

screen moduli studente w-2

La risposta del Polimi

Sebbene il video circoli da giorni, non ci sono stati grandi sviluppi sul caso. L’università milanese, contattata da Today.it, ha precisato che ha avviato una procedura interna in rispetto al codice dell’ateneo. Il professore Chen, invece, si è detto non disponibile a una nostra richiesta di chiarimenti sul caso.

Il Polimi, probabilmente, si muoverà in base al regolamento interno sulla Salvaguardia della dignità personale che, all'articolo 2 dedicato alle discriminazioni, stabilisce che "The Politecnico di Milano intends to prevent and combat all types of discrimination, both direct and indirect, and therefore any provision, criterion, practice, act, agreement or behaviour that produces a prejudicial effect by discriminating against people on the basis of their gender, ethnic or national origin, sexual orientation, religion or beliefs, personal or political views, abilities, social conditions and age".  

Il Politecnico dovrebbe quindi considerare di primaria importanza non consentire la promozione della visione e propaganda del Partito comunista cinese in un’università italiana. E in attesa di ulteriori sviluppi, ci domandiamo: il docente continuerà a insegnare nell’ateneo e a promuovere il “Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una Nuova Era”?

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