rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

"Proiettili all'uranio impoverito in Italia già dal '94": la rivelazione shock che imbarazza la Difesa

Il munizionamento contenente materiale radioattivo sarebbe stato usato anche nel nostro Paese, almeno secondo le rivelazioni dell'ex maresciallo della Guardia di Finanza Giuseppe Carofiglio. I 5 stelle attaccano: "Da accertare le responsabilità di politici e militari che hanno sempre negato tutto". Ma il ministero della Difesa smentisce seccamente: "Le forze armate italiane non hanno mai acquisito né impiegato armamenti contenenti uranio"

Pochi giorni fa l'ultima vittima. Antonio Attianese, ex paracadutista originario di Sant'Egidio del Monte Albino (Salerno), si era gravemente ammalato di tumore dopo aver partecipato a due missioni di pace in Afghanistan: è morto nonostante 35 interventi chirurgici e più di cento ricoveri ospedalieri. Il killer silenzioso, sempre lo stesso: l'uranio impoverito, lo scarto del procedimento di arricchimento dell'uranio, un materiale radioattivo contenuto all'interno delle munizioni della Nato. Impiegato come "arma non convenzionale" in alcune missioni all'estero, è stato utilizzato nei Balcani e i nostri soldati lo hanno respirato. Alcuni di essi sono morti. Altri, ancora oggi, non smettono di ammalarsi e morire. 

La vicenda "uranio impoverito" registra oggi un nuovo capitolo. Alla Camera dei deputati, la Commissione di inchiesta sull’uranio impoverito ha svolto l’audizione dell’ex maresciallo della Guardia di Finanza Giuseppe Carofiglio. L’ex militare, all’epoca dei fatti in servizio presso la X Legione Guardia di Finanza di Napoli con la qualifica di capo armaiolo, ha parlato della detenzione e uso di munizionamento all’uranio impoverito da parte dei militari. Secondo quanto documentato dall'ex maresciallo in audizione, il pericoloso munizionamento era custodito nel deposito della Marina militare di Montagna Spaccata (Napoli), dove l'ex maresciallo era addetto alla custodia degli armamenti delle "Fiamme gialle". Si tratterebbe, sempre secondo le sue dichiarazioni, di munizionamento classificato con "isotopo U 238" e riconducibile, per l'appunto, all'uranio impoverito.
 
Sempre Carofiglio ha dichiarato che l’armamento all’uranio impoverito era contenuto in venti casse, per un totale di 576 proiettili da guerra da 30 millemetri e che le stesse riportavano sia il simbolo internazionale di rischio radioattivo che la provenienza, indicata dall'ex maresciallo nell’azienda italiana Breda Meccanica Bresciana di Peschiera del Garda (poi acquisita dall'ex Finmeccanica, oggi Leonardo, di cui il Ministero dell'economia è principale azionista).

L'ATTACCO DEI PARLAMENTARI GRILLINI

"Vogliamo sapere se la Breda, azienda italiana, ha prodotto tali proiettili, dove sono stati eventualmente prodotti, con quale destinazione. Soprattutto: come faceva ad avere uranio impoverito, ricavato dallo scarto di centrali nucleari?", chiedono i deputati del MoVimento 5 Stelle in Commissione Giulia Grillo e Gianluca Rizzo. Poi l'attacco sulla base delle dichiarazioni del maresciallo Carofiglio: "Nel 1994 l'Italia era già in possesso di proiettili all'uranio impoverito. Lo ha rivelato in audizione in Commissione uranio impoverito il maresciallo in pensione Carofiglio, ex addetto all'armeria della X legione della Guardia di Finanza e testimone oculare della presenza di oltre 20 casse di munizioni. Una rivelazione choc che arretra di almeno 6 anni la vicenda uranio impoverito in Italia. E non solo. Per la prima volta, in maniera ufficiale e davanti ai commissari viene rivelato ciò che in tanti sostenevano: e cioè che l'uranio impoverito era in Italia. Nonostante tutte le rassicurazioni arrivate in questi anni da tutti i livelli istituzionali".

I deputati del M5s chiedono l'immediato intervento delle autorità giudiziare competenti: "Lo ribadiremo al presidente della Commissione Gian Piero Scanu: è più che mai importante agire subito, affinché eventuali prove, anche documentali, che persistano nei depositi di Pozzuoli e presumibilmente di La Spezia non vengano inquinate e si possa ulteriormente acquisire quante più notizie ed informazioni su quanto dichiarato dal maresciallo Carofiglio. Se tutto ciò che egli afferma troverà ulteriori riscontri, sarà necessario riportare indietro di 20 anni anche le eventuali responsabilità politiche e militari di tutti quegli esponenti che hanno sempre negato la presenza di tali munizionamenti in Italia".

Ci va giù pesante il senatore del M5s Roberto Cotti: "Sull’uranio impoverito sta finalmente emergendo la verità. Per 20 anni i massimi vertici militari e governativi italiani ci hanno assicurato che il munizionamento contenente uranio impoverito era vietato e che comunque non sarebbe mai stato utilizzato in Italia, ma quanto documentato oggi in Commissione d’inchiesta dimostrerebbe che hanno mentito al Paese. Sulla vicenda, da settimane, è agli atti del Senato una mia interrogazione parlamentare (potete leggerla qui) su cui la ministro della Difesa si ostina a non rispondere. Forse per il troppo imbarazzo o per la paura di dover certificare che i suoi predecessori hanno mentito al Paese".

LA SECCA SMENTITA DEL MINISTERO DELLA DIFESA

A pochi minuti dall'audizione, è però arrivata la risposta del ministero della Difesa: una secca smentita. "In merito all'audizione presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito di un ex sottufficiale della Guardia di finanza", il ministero della Difesa "ribadisce nuovamente che le forze armate - Esercito, Marina e Aeronautica - e i Carabinieri mai hanno acquisito e impiegato munizionamento contenente uranio impoverito. I fatti riportati non rientrano nell'area di responsabilità della Difesa". "La tipologia di munizionamento in discussione, come già più volte dichiarato nel corso degli anni - precisa una nota - mai ha fatto parte dell'arsenale delle forze armate e mai è stato utilizzato né sul territorio nazionale, né all'estero. In proposito, si rammenta che, a più riprese, su mandato tanto delle forze armate quanto delle varie Commissioni parlamentari succedutesi, diverse commissioni tecnico-scientifiche hanno appurato l'assenza, all'interno dei poligoni e delle aree addestrative delle forze armate, di valori anomali di uranio impoverito rispetto alla sua usuale presenza in natura".

Restano i dubbi. Restano le paure. Restano, soprattutto, 344 vittime. Tanti soldati ammalatisi hanno fatto causa allo Stato italiano che - è l'urlo di dolore dei familiari - "li ha lasciati morire tra atroci sofferenze, spesso senza rimborsi". Ma se la patologia non rientra nelle cause di servizio, il ministero della Difesa non può pagare ciò che è collaterale alle cure. Spesso, anzi quasi sempre, i tempi della giustizia si dilatano. Una beffa per chi è rimasto vittima di quella lunga serie di malattie oggi passate alla storia come "sindrome dei Balcani", per lo più linfomi di Hodgkin e altre forme di cancro.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

"Proiettili all'uranio impoverito in Italia già dal '94": la rivelazione shock che imbarazza la Difesa

Today è in caricamento