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Venerdì, 19 Aprile 2024
Operazione Tonsor / Palermo

"Ti rompiamo le corna": le minacce degli usurai a Marco Baldini, banda sgominata

Il gruppo attivo nella zona di Palermo non si era fermato neanche durante il lockdown, approfittando delle difficoltà delle famiglie: 5 misure cautelari e 500mila euro di beni sequestrati, Il conduttore radiofonico aveva un debito di 60mila euro

La Guardia di Finanza di Palermo ha sgominato, nell'ambito dell'operazione Tonsor, una banda di usurai accusati a vario titolo di associazione a delinquere, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, usura, estorsione e auto-riciclaggio. Un uomo di 63 anni, S.C., è finito in carcere, mentre sono stati sottoposti agli arresti domiciliari il figlio G.C., 34 anni, M.R., 61 anni, e G.C., 49 anni. Nei confronti di A.C., 61 anni, invece, è stato applicato il divieto di dimora nel territorio del Comune di Palermo. Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo di beni nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo stimato di circa 500mila euro.

Usurai a Palermo, le indagini: tra le vittime Marco Baldini

Tra le vittime della banda di usurai c'era anche il conduttore radiofonico Marco Baldini. E' quanto emerge dall'operazione Tonsor che ha portato all'esecuzione di cinque misure cautelari personali e al sequestro di beni per 500mila euro. Il gruppo criminale operava tra Roma e Palermo e a capo c'era, secondo gli investigatori delle Fiamme Gialle, Salvatore Cillari, fratello di un boss ergastolano.

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(Il conduttore radiofonico Marco Baldini - Foto Ansa)

Nel 2017 Baldini finisce nella sua rete e dalle intercettazioni emerge come a giugno del 2018 il conduttore radiofonico dovesse ancora restituire circa 60mila euro. Non sapendo di essere intercettato, infatti, uno degli indagati rivela: "Avanza un terremoto di soldi!!! Questo Marco Baldini... questo di Roma... ci deve dare (a Salvatore Cillari, ndr) sessanta e rotti mila euro... ora domenica parte... ci ha telefonato... vedi che sto salendo... ti sto venendo a rompere le corna!!!".

Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo, scattate nel novembre 2019 e andate avanti sino a dicembre 2020, con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami dei flussi finanziari, hanno permesso di far luce sul gruppo criminale, capeggiato dal 63enne, che, almeno a partire dal 2016, avrebbe erogato prestiti di denaro con l’applicazione di tassi di interesse anche di tipo usurario nei confronti di una vasta platea di persone, orbitanti nell’area palermitana e romana, per un ammontare complessivo pari a circa 150.000 euro. 

Palermo, sgominata banda di usurai (Foto Ansa)

"Parte dei proventi illeciti sarebbero stati poi 'autoriciclati' dal figlio dell'indagato - spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle -, attivo collaboratore del padre nelle azioni criminali, in un’attività economica nel settore della ristorazione nel pieno della movida palermitana". Gli altri componenti del gruppo avrebbero operato a vario titolo come intermediari, entrando in contatto con le vittime, proponendo 'piani di rientro', nonché veicolando 'messaggi' per il rispetto della scadenza delle rate concordate.

Tassi d'interesse al 140%: prestiti anche durante il lockdown

I tassi di interesse sarebbero arrivati sino al 140% e per ottenere il denaro gli indagati non avrebbero esitato a minacciare le proprie vittime. I prestiti a tassi usurai sarebbero andati avanti anche durante il lockdown approfittando del grave stato di bisogno delle vittime. Le indagini degli specialisti del Gico del nucleo di Polizia economico-finanziaria hanno fatto luce su un sistema professionale basato sul rilascio di assegni postdatati utilizzati a garanzia dei prestiti erogati, nonché su somme in contanti, prive di qualunque tipo di tracciabilità, con l’obiettivo di 'schermare' i passaggi di denaro. Gli investigatori delle Fiamme gialle, attraverso l'esame, il confronto e l’incrocio di informazioni estratte da diverse banche dati hanno accertato "l’assoluta sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e i redditi dichiarati". Sono cosi scattati i sigilli per un noto ristorante nel quartiere capo di Palermo, una moto e conti correnti.

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