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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Vincenzo Iaquinta (ex Juve e campione del mondo con l'Italia) è stato condannato a 2 anni

Arrivate le condanne della sentenza di primo grado del processo "Aemilia", il più grande processo contro le infiltrazioni della 'ndrangheta nel Nord Italia

Vincenzo Iaquinta, ex attaccante della Juventus e della Nazionale campione del mondo nel 2006, è stato condannato in primo grado a due anni nel processo di 'ndrangheta "Aemilia". Per lui l'accusa aveva chiesto sei anni, per reati relativi alle armi: nella sentenza di primo grado è caduta l’aggravante mafiosa.

Non così per il padre dell'ex calciatore, Giuseppe Iaquinta, accusato di associazione mafiosa e condannato invece a 19 anni. Padre e figlio se ne sono andati dall'aula del tribunale di Reggio Emilia urlando "vergogna, ridicoli", mentre era ancora in corso la lettura del dispositivo.

La sentenza per 148 imputati è arrivata dopo due settimane di camera di consiglio "blindata" da parte del collegio giudicante composto da Cristina Beretti, Francesco Maria Caruso e Andrea Rat. Il processo "Aemilia" è il più grande processo contro le infiltrazioni della 'ndrangheta nel Nord Italia.

Lo sfogo di Iaquinta: "Non ho fatto niente, condannato perché calabrese"

Fuori dall'aula è arrivato lo sfogo dell'ex calciatore: "Il nome 'ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia. Non è possibile. Mi hanno rovinato la vita sul niente, perché sono calabrese, perché sono di Cutro. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente, ma io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto niente perché con la 'ndrangheta non c’entriamo niente".

"Raramente lo dico ma questa è una sentenza che grida vendetta ed è scontato che faremo ricorso", dice il suo legale, l'avvocato Carlo Taormina, all'Adnkronos. "Non so come abbiano potuto dare questa pena quando si è trattato di aver omesso di comunicare alla polizia che l'arma, una pistola regolarmente detenuta con porto d'armi, era stata trasferita in un'altra località per motivi di sicurezza - spiega Taormina -. Cioè Vincenzo Iaquinta era a Torino e il padre di sua iniziativa aveva preso la pistola dalla casa del calciatore per custodirla nella sua cassaforte, perché essendo la casa del figlio vuota, aveva paura che entrassero i ladri e gliela rubassero". "Io ero tranquillo che sarebbe stato assolto perché non c'è un elemento che potesse autorizzare a questa decisione", aggiunge. Quanto alla posizione del padre dell'ex calciatore campione del mondo, Taormina sottolinea che "Giuseppe Iaquinta, che fu sottoposto a ordinanza di custodia cautelare in carcere, fu poi scarcerato dalla Cassazione per mancanza di indizi". Il padre dell'ex attaccante della Juventus è stato condannato a 19 anni per associazione mafiosa. "E' stato accertato che non ha avuto nessun rapporto né di lavoro, né di interesse con gli altri indagati - conclude Taormina -. Aveva rapporti da padre del campione del mondo ed era corteggiato da tutti".

Il processo "Aemilia"

Centoventicinque le condanne lette dal collegio dei giudici, 19 le assoluzioni e quattro le prescrizioni per i 148 imputati. Malgrado alcune riduzioni di pena anche consistenti, compensate da condanne più pesanti rispetto a quanto chiesto dall'accusa per altre posizioni, è stata pienamente conclamata l'esistenza di una 'ndrina attiva da anni in Emilia e nel Mantovano con "epicentro" a Reggio Emilia, diretta emanazione della cosca Grande Aracri di Cutro, ma autonoma e indipendente da essa.

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