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Giovedì, 28 Marzo 2024
Omicidio Yara

Yara, parla la moglie di Bossetti: "Vi dico l'alibi di mio marito"

La moglie del muratore di Mapello in carcere per l'omicidio della piccola Yara Gambirasio si confessa a "Gente": "La banalità felice della nostra esistenza è il nostro alibi, la mia sicurezza. In carcere mi guarda e piange"

ROMA - Torna a parlare Marita Comi, la moglie di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello in carcere da giugno scorso per l'omicidio di Yara Gambirasio. E, in una sorta di memoriale affidato a "Gente", torna a ripetere che suo marito è innocente, che la vita tutta casa e lavoro di Massimo è un alibi inattaccabile e che a suo marito manca tutto. 

"Da quando è rinchiuso l'ho incontrato sei volte. Ci guardiamo, lui piange spesso, dice che gli manca tutto e si chiede perché" racconta la donna, che si dice certa che "non è stato mio marito a uccidere Yara".

La donna ricorda così il giorno in cui hanno arrestato il marito: "Mi sono entrati in casa all'improvviso, erano almeno venti carabinieri, erano sulle scale, in cucina, ovunque. Non capivo, loro parlavano, io pensavo solo a mandare via i bambini".

Bambini che, nonostante tutto, Marita sta provando a proteggere con tutte le sue forze. "In casa quella parola, assassino, non l'abbiamo mai pronunciata - confessa - Così come quell'altra parola, carcere. Se i ragazzi chiedono: il papà dove sta? Sta con i carabinieri, rispondiamo. Perché è coinvolto nella storia di Yara, basta".

Perché lei, la donna che è stata per tanti anni accanto al presunto mostro, non può credere alla ricostruzione degli inquirenti. Non vuole credere ai profili che tv e giornali hanno fatto di suo marito. "Sono state scritte tante illazioni e bugie, lui è un bonaccione - attacca Marita Comi - Hanno detto che quel pizzetto biondo gli dà una faccia da vizioso. Ma quale vizioso. Lui è biondo così. Ha la faccia di uno che lavora duro, si fa i fatti suoi, ha una faccia da buon padre. Anche la storia delle lampade: ne avrà fatta qualcuna, che male c'è, ma non tutte quelle che raccontano".

Poi, un passaggio fondamentale su quella data, il 26 novembre 2010, della scomparsa di Yara. "Se fosse stata uccisa al mattino o al pomeriggio, forse non potrei giurare sull'innocenza di mio marito. Ma - spiega - quella bambina è morta dopo le 19, forse dopo le 22. Massimo non poteva essere là fuori a uccidere, perché era a casa. Mi dicono: come fai a esserne certa? Perché ogni giorno per noi è identico all'altro, da sempre. Ecco perché lo 

Omicidio e misteri: il giallo di Yara Gambirasio

posso sostenere: io so che non è lui, io gli credo. La banalità felice della nostra esistenza è il nostro alibi, la mia sicurezza".

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