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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Bergamo

Yara Gambirasio 10 anni dopo: il lungo giallo e gli insopportabili innocentisti da tastiera

Era il 26 novembre 2010. A Brembate una famiglia stava per essere travolta dal dolore. Nel corso delle indagini e dei processi i social si sono appropriati della storia in maniera sconfortante: dal tweet di Alfano a chi crede che Bossetti sia stato "incastrato"

Per la giustizia italiana dubbi non ce ne sono, nemmeno mezzo. L'ex carperntiere di Mapello Massimo Bossetti è l'assassino di Yara Gambirasio. Fermato il 16 giugno del 2014, è stato condannato all’ergastolo in primo grado a luglio 2016. Sentenza confermata dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso. Il caso della giovane ginnasta di Brembate sconvolse l'Italia. 

Yara Gambirasio: 10 anni fa l'omicidio che sconvolse l'Italia

Era il 26 novembre di dieci anni fa. A Brembate una famiglia stava per essere travolta dal dolore più atroce. Yara, 13 anni, poco prima della sei di sera
sparisce negli 800 metri tra il centro sportivo in cui si allena per le gare di ginnastica ritmica, e casa sua. Non tornerà più; sarà ritrovata cadavere casualmente tre mesi dopo la scomparsa, il 26 febbraio 2011, da un aeromodellista in un campo aperto a Chignolo d'Isola, distante 10 chilometri circa da Brembate. Vengono rilevati numerosi colpi di spranga sul corpo, un trauma cranico, una profonda ferita al collo e almeno sei ferite da arma da taglio sul corpo. Nei mesi seguenti si ipotizza che la morte sia sopraggiunta in un momento successivo all'aggressione, a causa del freddo e dell'indebolimento dovuto alle lesioni. 

Il giallo ha trovato spazio nelle principali trasmissioni per quasi dieci anni, ha conquistato le prime pagine di tutti i quotidiani, ha attirato l’attenzione della Bbc e delle televisioni di mezzo mondo. Come racconta oggi il Corriere di Bergamo, i social l'hanno fatta da padrone, a volte in maniera sconfortante.

I social nel giallo di Yara Gambirasio

Dal fermo di Bossetti in cantiere in poi, "si è sentita certamente di più la voce innocentista mista a complottismo, che ha vaneggiato almeno per un paio d’anni di Dna costruito in laboratorio - scrive Armando Di Landro - Anche grazie ai social, per di più, un certo pubblico del processo è arrivato a conquistare una certa notorietà, tanto da ottenere interviste fuori dal tribunale: sostenitori dell’innocenza di Bossetti da tutta Italia, anche studiosi o sedicenti tali dei casi penali più complicati". A lui si arriva per la sovrapponibilità del suo DNA nucleare con quello dell'uomo definito "Ignoto Uno", rilevato sugli indumenti intimi di Yara in zona colpita da arma da taglio.

Ma i social avevano avuto un ruolo anche prima, con il rilancio delle notizie e delle foto del fermo di Mohamed Fikri (poi prosciolto), grazie ai passanti che scattavano con gli smartphone. 

La Procura aveva trovato Ignoto 1 grazie a uno straordinario lavoro investigativo. Durante l’inchiesta sono stati raccolti in tutto 21 mila campioni di Dna, con un lavoro congiunto di polizia e carabinieri: una sfilza infinita  di campioni analizzati, fino alla svolta su Bossetti. I social sono protagonisti anche nel giorno dell'arresto del "mostro", con il tweet dell'allora ministro Angelino Alfano, che per primo annunciò agli italiani la svolta nelle indagini. Tweet fuori luogo secondo molti. Lo scontro coinvolse la Procura di Bergamo e il ministro dell'Interno. "Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo" sul fermo di Bossetti, spiegò il procuratore Francesco Dettori. "Questo anche a tutela dell'indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza".

Quel giorno, si legge oggi sul Corriere, "la gente fuori dalla caserma urlava e applaudiva. Si aspettava il mostro, magari lo straniero ai margini della vita normale. Invece, è l’uomo qualsiasi, il muratore bergamasco in proprio, con una bella famiglia. Inizia così un altro capitolo di questa tragedia, con il clamore costante del tribunale del popolo, social soprattutto, che non deciderà ma alimenterà le tensioni tra innocentisti e colpevolisti".

Massimo Bossetti condannato all'ergastolo

Ma di dubbi non ce ne sono mai stati, come ricorda l'avvocato della famiglia Gambirasio: "Il dubbio sulla colpevolezza dell’imputato? Da quando ho letto gli atti e mi sono seduto davanti ai giudici non l’ho mai avuto. Anzi, mi stupisce come processualmente ci sia ancora chi ne ha. Il caso è lineare, con un doppio giudizio conforme e un ricorso in Cassazione inammissibile". Dieci anni dopo, la drammatica vicenda giudiziaria è terminata. La famiglia Gambirasio ha sempre mantenuto il riserbo e chiesto rispetto e silenzio. Ma c'è ancora qualcuno che dubita della colpevolezza di Bossetti. Senza una ragione, senza un perché.

Massimo Bossetti, "dopo aver prelevato la ragazza e averla stordita, l'ha trasportata nel campo di Chignolo d'Isola". L'evidenza scientifica, hanno sottolineato i giudici della Cassazione, ha "valore di prova piena". "Numerose e varie analisi biologiche effettuate da diversi laboratori hanno messo in evidenza la piena coincidenza identificativa tra il profilo genetico di Ignoto 1, rinvenuto sulla mutandine della vittima, e quelle dell'imputato".

Lui dal carcere si definisce "prigioniero di Stato" e continua a sostenere di non avere "minimamente idea di cosa potrebbe essere successo". Rumore di fondo, rilanciato purtroppo da mandrie di improvvisati detective social. Ulteriore e infinito oltraggio alla memoria di una ragazzina di 13 anni vittima di una crudeltà inaudita, e lasciata morire sola in un campo della provincia bergamasca. 

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