rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Donna

"È tutto mio!", come affrontare l'egocentrismo dei bambini (e capire quando diventa patologico)

Bambino dittatore o normale fase della crescita? Ecco come aiutare i piccoli a imparare la condivisione

È tutto mio”, quante volte avrete sentito da vostro figlio questa frase? E’ del tutto normale che ogni bambino attraversi una fase della crescita di forte egocentrismo, in cui crede che tutto sia di sua proprietà, pensando anche che tutti gli altri la vedano come lui… In questa fase è impossibile che comprenda che ci sono altre persone che hanno un pensiero diverso.

E’ chiaro però che questo “delirio di onnipotenza” può creare qualche disagio, specialmente quando ci sono altri fratellini o sorelline in famiglia o quando ci si trova in un contesto in cui ci sono altri bambini, come ad esempio al parco. Come comportarsi?

Come comportarsi davanti all'egocentrismo

Innanzitutto non bisogna pensare che i propri figli siano dei mostri di egoismo: bisogna prendere coscienza che questa del “è tutto mio” è una fase normale e anche importante nella crescita dei piccoli, in quanto è il modo in cui essi rafforzano il senso del sé e l’autodeterminazione.

Secondo Sara Bruzzone, psicologa e psicoterapeuta intervistata dal sito Nostrofiglio, diventa importante l’esempio degli adulti: «Farsi vedere altruisti e generosi, favorire l’empatia e la condivisione spingerà i piccoli a comportarsi nello stesso modo».

Conta anche il fornire brevi spiegazioni: «Ad esempio, se nostro figlio soffre perché ha invitato a casa un amichetto che vuole giocare con i suoi giochi, lo possiamo prendere da parte e dire che i giochi sono suoi, ma che per quel pomeriggio può condividerli».

Esercitarsi a condividere

È possibile insegnare ai bambini la condivisione anche attraverso dei semplici esercizi, che vanno proposti come un gioco. SI tratta di una tecnica che viene spesso messa in pratica dalle educatrici degli asili nido, quando i bambini sono obbligati a dividere i giochi con i compagni. «Si può dare loro ciò che in quel momento li interessa - prosegue Bruzzone - e dire che lo possono usare finché la lancetta dell’orologio arriva fino a un certo punto. Dopo, dovranno cedere quell’oggetto a un altro bambino».

Per sviluppare la capacità di condivisione del bambino risulta utile anche incentivare le situazioni di socializzazione fin da piccolissimi. «Evitare che sia sempre circondato da adulti pronti ad assecondare ogni sua richiesta svilupperà in lui la capacità di capire che non ci sono solo i suoi bisogni, ma anche quelli degli altri e che bisogna venirsi incontro per una serena convivenza».

Se l’egocentrismo continua

Questa fase egocentrica del bambino è necessaria, come detto, ma non dovrebbe perdurare oltre ai 6-7 anni di età. Se all’inizio, nella prima infanzia è impossibile insegnare la condivisione, pian piano, con la crescita e con la progressiva frequentazione di contesti di socializzazione come la scuola o lo sport, il piccolo comincia a comprendere l’altro da sé e che questo altro ha pensieri diversi dai suoi. 

«Se dopo i 6-7 anni il bambino continua a pensare che tutto è suo - mette in guardia la psicologa Bruzzone - allontanando i suoi coetanei, allora vuol dire che c’è un problema. Bisogna cercare di capire perché sta facendo così e chiedersi che tipo di disagio sta manifestando con questi atteggiamenti».

Anche in queste situazioni bisogna evitare di colpevolizzare il bambino, dando punizioni troppo dure: «Più che altro bisogna cercare di capire perché il bambino fa così, soprattutto se prima non lo faceva. Il giusto atteggiamento è quindi quello di osservare il suo comportamento, parlarne con le insegnanti e poi affrontare il discorso con il bambino».

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

"È tutto mio!", come affrontare l'egocentrismo dei bambini (e capire quando diventa patologico)

Today è in caricamento