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Giovedì, 18 Aprile 2024

Anna Dazzan

Giornalista

Se sulla mia autodeterminazione mi aiuta più un film che Gasparri

«Non mi illudo che si approvi il ddl, ma almeno che si apra una discussione. Ho tirato un sasso nello stagno, parliamone, discutiamo... Il Parlamento deve essere la sede del confronto». Maurizio Gasparri ha deciso di inaugurare la nuova legislatura così, lanciando un sasso. Il senatore forzista, al primo giorno possibile, ha depositato in Senato (ancora, dopo averlo fatto già nel 2018) una proposta di legge che chiede che il riconoscimento della capacità giuridica avvenga già all’atto del concepimento e non solo dopo la nascita. Una cosa che sarebbe possibile con la modifica dell’articolo 1 del Codice civile e che implicherebbe che il feto possa diventare vittima di reato, come l’omicidio volontario, in quanto dotato di capacità giuridica. E quindi ogni interruzione di gravidanza si configurerebbe come tale: come reato, come omicidio. Ecco il suo sasso. Lanciato in uno stagno che lui nemmeno frequenta, quello dell’autodeterminazione delle donne. Però un sasso quantomeno “promesso” visto che, come dichiarato da lui stesso, la proposta «è un lascito morale di Carlo Casini, fondatore del Movimento per la vita». E vabbè, che volete che sia mettersi davanti alle istanze di migliaia di donne pur di portare avanti l’idea di un altro uomo, antiabortista convinto, morto nel 2020.

Ironia della sorte, ho appreso del tentativo di Gasparri uscendo dal cinema, dove ero stata a vedere Ninjababy, film norvegese che si è meritato l’appellativo “femminista” per il fatto di portare sul grande schermo la storia di una donna che non vuole assolutamente essere madre. La critica, commentando questa commedia (durante la quale almeno io ho riso e pianto, anche se con me ci vuol poco) ha sottolineato il fatto che, ultimamente, certa cinematografia stia riuscendo nel tentativo di minare alcune inossidabili certezze (tutte le donne vogliono essere madri, in questo caso), con un linguaggio decisamente pop e molto aderente alla nostra quotidianità sociale. Tutto quel che certa politica non fa, insomma. La protagonista del film, Rakel, è una ventiduenne disordinata e sognatrice, che non si aspetta di essere incinta, non si aspetta di non poter abortire e, soprattutto, non ha nessuna intenzione di diventare madre. “Sono io che non voglio un bambino! So che è una frase di merda, ma è quello che sono: una stronza egoista di merda!”.

Chissà se Gasparri, che cerca un confronto tra i banchi del Parlamento, ha mai intavolato una discussione con una donna che la pensa così. Non vorrei doverci scommettere. Ma ieri sera, uscendo dal cinema, ho avuto per l’ennesima volta la sensazione di quanto ci manchi davvero da troppo tempo una classe politica che sappia quello che fa. Mettiamo le cose in chiaro, non vorrei che a legiferare sulle mie possibilità di donna sia una come Rakel, il cui sogno è fare l’assaggiatrice di birra e vive nel caos. Vorrei, però, che una come Rakel sia ascoltata, al pari di tutte le altre. E, soprattutto, vorrei levarmi di mente l’immagine di Gasparri che, scrollandosi di dosso la naftalina del torpore politico nell’attesa del suo turno, bussa alle porte del Parlamento con la sua (totalmente anacronistica) proposta di legge mentre il coro in sottofondo intona “Arriva lui, bello bello. Ci pensa lui, stai tranquillo”.

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