Il ‘made in Italy’ subisce l’ennesimo colpo ad opera del polo francese del lusso LVMH di Louis Vuitton, che adesso trasferisce oltralpe l'80% di Loro Piana, marchio celebre per l’esclusiva abilità nella lavorazione del cachemire e delle lane più rare.

Dopo sei generazioni, per 2 miliardi di euro, anche l’azienda artigianale passa di mano al gruppo diretto da Bernard Arnault, sebbene Sergio e Pier Luigi Loro Piana conservino il 20% nella società mantenendo le loro funzioni alla guida dell'azienda, fondata nel 1924 da Pietro Loro Piana a Quarona Sesia, in Piemonte.

La notizia desta stupore, soprattutto perché la famiglia aveva più volte sottolineato di tenere alla propria indipendenza, mentre oggi, annunciando l'acquisizione, si dichiara “fiera di associare il nome al gruppo LVMH, quello maggiormente in grado di rispettare i valori dell’azienda, la sua tradizione ed il desiderio di proporre ai suoi clienti dei prodotti di qualità ineccepibile”. 

Sale così il valore complessivo della ‘italianità’ 'preda' dei gruppi esteri, una corsa che appare decisamente favorita dalla crisi economica che rende più scalabili le aziende tricolori.
Lo stesso LVHM di Louis Vuitton parla ormai in gran parte italiano, con la Emilio Pucci, Acqua di Parma e Fendi, il marchio Gianfranco Ferrè è stato ceduto al Paris Group di Dubai, che fa capo al magnate Abdulkader Sankari, mentre Gucci è già da tempo sotto il controllo di Ppr, Pinault-Printemps-Redoute, altro colosso di marchi pregiati che controlla anche le pelletterie di Bottega Veneta e le calzature Sergio Rossi. Sempre monsier Pinault si è aggiudicato il 100% di Brioni, icona italiana dell'eleganza maschile che veste Obama, Putin e tutti i James Bond del cinema, senza dimenticare la cessione a Bernard Arnault dei gioielli di Bulgari.