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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Body positivity, attenzione all’effetto boomerang: scivoloni e magagne del movimento della “normalità”

Nella società dell'immagine la lotta contro l'egemonia degli stereotipi di bellezza è quella di Davide contro Golia e per questo ogni caduta di stile (e mai metafora fu più azzeccata) di starlette e influencer rischia di far naufragare la portata della rivoluzione al cospetto della sottile linea di demarcazione tra la missione e il marketing

Al mattino una Instagram Stories con le occhiaie ben piallate dal filtro più adatto per l'occasione. Alla sera un bel post con qualche difetto (o presunto tale) e il messaggio condito dall'hashtag #bodypositivity. Nella società dell'immagine del mondo d'occidente, la lotta della "normalità" contro l'egemonia degli stereotipi di bellezza è quella di Davide contro Golia e per questo ogni caduta di stile (e mai metafora fu più azzeccata) di starlette e influencer rischia di far naufragare la portata della rivoluzione al cospetto della sottile linea di demarcazione tra la missione e il marketing. 

Quella stessa Beatrice Valli, ex corteggiatrice di 'Uomini e Donne' ed  influencer da 2.6 milioni di follower, che a luglio si mostrava al mare orgogliosa del suo corpo "normale" a pochi mesi dal parto, scivola in fallo quando, appena un mese dopo, si concede uno sfottò ai danni della politica Nunzia De Girolamo, colpevole di scegliere un abito simile al suo per sfilare a Venezia ma con risultati differenti ("Quando lo compri su Internet vs quando ti arriva a casa", è la didascalia delle due foto abbinate). Scomodare la parola body shaming in questo caso - come hanno fatto i soliti haters - è forse eccessivo, ma l'esperta di look di certo non ha dato sfoggio di eleganza, pur ridimensionando successivamente le sue parole (solo dopo le accuse). O forse aveva semplicemente il social media manager in vacanza. 

La frizzantissima Giulia De Lellis, che al suono di skin positivity lancia un messaggio di normalizzazione della sua acne dandone sfoggio sul red carpet del Festival di Venezia, nel giro di 24 ore viene travolta dalle polemiche per una vecchia ospitata dalla d'Urso in cui, rivolgendosi a donne curvy, dichiara: "Per me non è un bel vedere un colosso con pancione e una coscia grande tre volte quanto le mie", ma precisa "non è un insulto". Inevitabile dunque domandarsi il confine tra spontanea battaglia del singolo in favore del prossimo e concessione alla plausibile strategia di comunicazione (soprattutto ricordando quel red carpet tale e quale di Kendal Jenner con acne ai Golden Globe di ben due anni fa).

Poi c'è un altro rischio. Ed è quello di far passare messaggi errati nonostante le buone intenzioni. E' legittimo che la bellissima e tonicissima Valentina Ferragni, influencer e sorella della più famosa Chiara, si risenta e scriva un post contro quanti sono pronti a giudicarla grassa ("Non mi sento più sbagliata solo perché ho preso qualche chilo in più", digita "magari dimagrirò, vado in palestra, ma di fatto mi godo la vita. Se voglio mangiare un piatto di pasta, lo faccio. So che non posso piacere a tutti"). Ma viene anche da chiedersi se le cosiddette donne comuni si sentano davvero meglio o peggio di fronte al suo messaggio, perché il rischio è che finiscano per non sentirsi in grado di raggiungere neanche quello standard di fisicità per lei già definibile "chili in più". E in fondo non è poi così tanta neanche la "pasta al sugo" che quest'anno coprirebbe gli addominali della showgirl Melita Toniolo. 

Mai dimenticare insomma che di fronte al black mirror dello scroll ossessivo sui social network ci sono milioni di donne ed adolescenti, alle prese con insicurezze democraticamente distribuite per età. E sono tante. Sono oltre 50 milioni i download dell'App Photo Editor, che nel suo claim vanta "modellamento del corpo con ingrassamento seno, snellimento vita e addominali". Di pari passo va l'ascesa della chirurgia, costestuale a quella di Instagram e dei big booty delle Kardashian. Non a caso, secondo la ricerca 'The Real Truth About Beauty. A global Report' commissionata nel 2006 da Dove - il primo brand di cosmesi a cui va il merito di aver lanciato un messaggio di body positivity -, solo il 2 per cento delle donne intervistate (3200 tra i 18 e i 64 anni) si definiva "beautiful", mentre il 47 per cento riteneva il suo peso "too high". 

Che proprio negli anni in cui Dove lanciava il rivoluzionario spot 'Evolution', nato con l'obiettivo di esaltare le differenze naturali per avere coraggio di sentirsi a proprio agio, vedeva anche aumentare di molto anche il suo fatturato (il volume d'affari sarebbe cresciuto del 12 per cento nel 2006) è l'altra (tremendamente legittima) faccia della medaglia.

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