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Giovedì, 28 Marzo 2024
l'intervista

“Quando ho tentato il suicidio ho capito che volevo vivere: così sono guarita dal mio disturbo alimentare”

Per otto anni Giorgia Bellini, 23 anni, originaria di Perugia, ha sofferto di un disturbo del comportamento alimentare che ha segnato in modo determinante la sua vita. Oggi è completamente guarita e sulla sua pagina Instagram seguita da 14,3mila follower racconta il suo percorso di rinascita. La nostra intervista

Sul suo profilo Instagram campeggiano messaggi come “Non scegli di entrarci ma puoi decidere di uscirne”, “Non arrenderti”, “Le parole pesano a volte molto più dei corpi”. Sono scritti sullo sfondo di un bel rosa acceso, luminoso come lo sguardo della loro autrice, Giorgia Bellini, protagonista dei selfie che pure si alternano ai suoi consigli postati per arrivare dritti agli oltre 14mila utenti di una pagina che accanto al suo nome reca DCA, sigla che indica i ‘disturbi del comportamento alimentare’.

Un seguito social di tutto rispetto per una giovane studentessa di Scienze dell’Alimentazione che, a 23 anni, ha alle spalle abbuffate e induzioni al vomito, incomprensioni con i famigliari e schernimenti dei compagni di scuola, tutte situazioni costruite attorno alla mancata accettazione di un corpo punito a colpi di privazioni e di scorpacciate senza un senso apparente. Per otto anni Giorgia ha considerato il cibo come un nemico da combattere, ma anche come un alleato utile per compiere un’autodistruzione che fortunatamente non si è mai compiuta: oggi Giorgia è guarita, le patologie che hanno alterato le sue abitudini alimentari inducendola ad ossessionarsi per quelle gambe da nascondere, anche d’estate, anche in spiaggia, sono parte di un passato che ora è utile per aiutare chi in lei si riconosce, coinvolto in un disturbo alimentare che nell’ultimo anno segnato dalla pandemia, secondo l’ultimo report dell’ADI - Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione clinica, è incrementato del 30% in bambini e preadolescenti . Del suo percorso segnato da due tentativi suicidio,  ma anche dal coraggio ritrovato e scoperto come determinante per imparare ad amarsi e a tornare a vivere, Giorgia ci ha parlato durante un dialogo che ha stillato entusiasmo e trasmesso coraggio, ricordando quanto sia importante saper chiedere aiuto.

Disturbi alimentari e post lockdown: “Una rete di cura è indispensabile per trattare e prevenire le ricadute”

“I compagni di scuola che mi prendevano in giro e i miei che discutevano: così è iniziato tutto”

Giorgia ha iniziato a soffrire di disturbi del comportamento alimentare durante i primi anni di adolescenza, con una dieta che aveva bandito completamente carboidrati e dolci. “Non ero in sovrappeso, ero normale, ma mi vedevo le gambe enormi per cui avevo proprio un complesso: non mettevo mai gonne o pantaloncini e d’estate non mi facevo vedere in costume da bagno. Così sono entrata in quella fase che viene chiamata ‘luna di miele’: si perdono subito dei chili, ti senti forte, spinta a proseguire, e così il disturbo alimentare cresceva. Mangiavo solo frutta e verdura, poi mi abbuffavo e vomitavo”, racconta. “Questa situazione protratta per tanto tempo ha scompensato il mio metabolismo, mi ero gonfiata tantissimo e nonostante mangiassi solo frutta e verdura ero comunque normopeso, se non in leggero sovrappeso. La mia era prevalentemente una bulimia, per quanto oscillassi sempre tra periodi di abbuffate e digiuni totali. Perché poi è facile passare da un eccesso all’atro, tra bulimia e anoressia… Sa che non mi ricordo la prima volta che ho vomitato? La mia mente lo ha rimosso”.

Per Giorgia il cibo era un mezzo per alleviare una sofferenza interiore, un modo per non affrontare qualcosa di più profondo e doloroso che traeva la sua origine da diversi contesti, quello famigliare e quello scolastico. “A scuola volevo essere la più brava e c’era chi mi prendeva in giro: risultavo antipatica e si tendeva ad escludermi. A ciò si aggiungeva anche una situazione famigliare non facile, i miei genitori discutevano spesso e si dimenticavano di me. Era complicato per loro rendersi conto che la figlia stava male, era  come se non volessero vederlo. Con loro ho parlato dei miei disturbi alimentari solo dopo due anni, perché provavo vergogna, temevo di deluderli. E, infatti, all’inizio non mi credevano, pensavano li prendessi in giro… Mi sono sentita sola”.

“Ho deciso di chiedere aiuto quella volta che ho toccato il fondo”

A un certo punto, però, la spinta, la voglia di dire basta e riprendere in mano le rediti di una vita che era diventata sopravvivenza, è arrivata in seguito al momento più buio della sua esistenza. “Ho deciso di chiedere aiuto quando ho toccato il fondo, quando mi sono stufata di trascorrere le mie giornate ad abbuffarmi e a vomitare, a stare chiusa in casa, senza stimoli” ricorda Giorgia, addentrandosi poi nel racconto più doloroso segnato da due tentativi di suicidio. “Andavo a scuola, tornavo e dormivo. Poi mangiavo e vomitavo, questa era la mia routine. A un certo punto volevo anche abbandonare la scuola. Anche i miei genitori sembrava che si fossero abituati alla situazione. Io non volevo vivere più e così ho tentato il suicidio: ho preso delle pasticche, volevo attirare la loro attenzione e sono finita in ospedale per tre giorni. Ma tornata a casa, mi sono accorta che la situazione era la stessa, e allora ho ripreso quelle pasticche e di nuovo sono finita in ospedale, stavolta per 15 giorni”. Quella notte in ospedale, la promessa a se stessa: “Mentre soffrivo per i dolori lancinanti giurai a me stessa che non mi sarei più fatta del male. Avevo 19 anni. Uscita dall’ospedale, io stessa, da sola, sono andata al Centro di Todi, Palazzo Francisci, in Umbria, (struttura che cura i DCA, dove di recente è stato ambientato la docu-serie 'Fame d’Amore' condotta da Francesca Fialdini, ndr) per chiedere aiuto. E’ stato lì che ho capito che il cibo era l’ultima delle cose da dover risolvere”.

“La mia pagina Instagram un mezzo per aiutare chi soffre di disturbi alimentari”

Grazie ai social Giorgia trasmette sicurezza e forza a chi si rivolge a lei ritrovandosi imprigionato nella sua stessa situazione. La scelta di aprire un account Instagram è stata  dettata dalla constatazione di quanta ignoranza persista ancora su un argomento così delicato eppur banalizzato: “Mi rendevo conto che quando parlavo di disturbi alimentari le persone commentavano dicendo ‘quella ragazzina è anoressica, non mangia perché vuole fare la dieta, vuole sentirsi bella’”, spiega: “Molte ragazze mi scrivono che non sanno come dirlo ai genitori, che provano vergogna che non vogliono deluderli. Poi c’è anche chi mi dice che vorrebbe intraprendere un percorso ma non ha i soldi per rivolgersi a uno psicologo o a un nutrizionista. Purtroppo in Italia ci sono poche strutture non a pagamento che forniscono questo tipo di servizio e quelle che ci sono hanno lunghissime liste d’attesa”.

Una situazione che, durante l’ultimo anno segnato dall’emergenza sanitaria che ha reso necessari i vari lockdown, ha influito negativamente su chi soffre di disturbi alimentari: “Sono legati a problemi di identità, chi ne soffre non ha alcuna sicurezza sul futuro, per cui in questo periodo di incertezza collettiva tendono ad aumentare”, osserva: “Poi restare in casa aumenta il disagio per chi già ha problemi in famiglia”. Il consiglio che Giorgia sente di dare a famigliari, amici, parenti di qualcuno silenziosamente sofferente è di fare attenzione ai segnali: “Se la persona tende ad isolarsi, ad inventare delle scuse quando è a tavola sostenendo di aver già mangiato o di aver male alla pancia… Sono tutti elementi che dovrebbero fare allarmare. Spingeteli a chiedere aiuto e non giudicateli, non dite loro che basta un po’ di forza di volontà e che i problemi ce li hanno tutti, non banalizzate il problema. Ascolto e comprensione sono fondamentali”.

Dentro Villa Miralago, dove il cibo è il nemico 

“Guarire dai disturbi alimentari è possibile”

Con entusiasmo oggi Giorgia si dice guarita: “Da un anno e mezzo non vomito né mi abbuffo più. Per guarire da un disturbo alimentare servono circa due anni e, infatti, quando sono uscita dal Centro di Todi in cui sono stata ricoverata ho proseguito un percorso. Ma la voglia di guarire deve partire da te”, afferma: “Per me adesso mangiare un piatto di pasta e poi un secondo e un contorno, un pasto completo, insomma, è un traguardo immenso che mi rende felice. Mangiare un dolce senza farmi problemi mi rende felice. La promessa che mi sono fatta è trattare me stessa come avrei voluto che gli adulti si fossero posti con me, con accudimento e comprensione”.

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