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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Ospitare è un’arte: le regole d’oro del bravo padrone di casa e dell’ospite che non scrocca

Ospitare è un’arte che va imparata, non un raffazzonato miscuglio di gesti che s’improvvisa. Anche l’ospite, però, dovrebbe essere al corrente dell’esistenza di norme di comportamento da usare in casa degli altri per non sembrare scroccone, tirchio, egoista

Magari bastasse possedere un tetto sulla testa per potersi considerare dei bravi padroni di casa.
Magari.

Purtroppo - ahi noi, ahi tutti - un titolo di proprietà non comporta l’automatismo di esserne anche premurosi gestori, pecca questa che se si riesce a camuffare fuori dalle mura domestiche con piccoli gesti di garbata cortesia, diventa chiaramente terribile quando le porte dell’abitazione si aprono per una cena o un pranzo tra amici.

Ospitare è un’arte che va imparata, non un raffazzonato miscuglio di gesti che s’improvvisa. Perché, alla fine, tutti sono capaci di convocare un gruppo; pochi quelli che sanno trasformare un raduno di gente nella gioiosa riunione di persone a cui la tradizione attribuisce il carattere della sacralità proprio perché ospiti.

Se, dunque si vuole ricreare un’atmosfera festosa in casa propria, senza poi doversi chinare a raccogliere i veli pietosi lasciati dai commensali delusi, è bene quantomeno sapere che ci sono delle regole necessarie per far sì che l’incontro resti un piacevole ricordo. 

Allo stesso modo, però, anche l’ospite dovrebbe essere al corrente dell’esistenza di norme di comportamento da usare in casa altrui, dato che anche per lui l’occasione potrebbe rivelarsi il banco di prova su cui rivelarsi, suo malgrado, scroccone, tirchio, egoista. 

Per il padrone di casa

No alla trasandatezza. Il fatto che si resti a cena in casa propria non significa che si sia in diritto di rinunciare alla cura personale, igienica ed estetica. Vestirsi opportunamente, spruzzare la stessa dose di profumo di sempre, usare lo stesso make up (per le donne che di norma si truccano per uscire) sono i primi gesti che mostrano la volontà di accogliere con cura chi si è lavato, vestito, profumato per venire da voi. Va da sé che pure le ciabatte casalinghe sono bandite, per lo stesso motivo per cui non le indossereste mai al ristorante.

La cena va offerta. Sembra una banalità, ma è bene ribadirla: da che mondo è mondo, invitare persone a cena significa offrire, di base, cibo e acqua. Gradita, ma non necessaria, una bottiglia di vino. Non occorre preparare chissà quale menu luculliano: basta anche un piatto di pasta quando il piacere è finalizzato al godere della compagnia altrui. La casa è luogo di accoglienza, non il “coperto” di una pizzeria da far risparmiare all’ospite.

Stato d’animo gioioso. Accogliere in casa propria qualcuno dovrebbe essere una gioia del padrone di casa, prima ancora che dell’invitato. Mostrarsi stanchi, spenti, scocciati è l’atteggiamento perfetto per rendere scadente anche la più prelibata delle ricette, così da trasmettere ai presenti una fastidiosa sensazione di noia e inadeguatezza che alimenta il pensiero “stasera potevo starmene a casa mia”.  

Per l'ospite 

Contegno e decoro. Più normale, ma non ovvio, considerare che l’ospite dovrà presentarsi a casa altrui in abiti che trasmettano la giusta dose di garbo nel modo di vestire. La sciatteria non è scusabile dal grado di amicizia e di confidenza con il padrone di casa che va ringraziato anche dimostrando di aver curato il proprio aspetto per onorare un gradito invito. 

Mai a mani vuote. Se l’invito è arrivato per tempo, un vassoio di dolci, una bottiglia di vino, un mazzo fiori, qualsiasi cosa, sia essa commestibile o meno, deve occupare una mano quando con un dito si suona il campanello. Lungi dall’essere il simbolo che ‘riscatta’ la cena offerta, in questi casi il dono è dimostrazione di riconoscenza nei confronti di chi ci ha inserito nella cerchia di persone con cui condividere l’intimità della propria casa e a cui va dimostrata la propria gratitudine. In caso contrario, un bravo padrone di casa non farà mai notare la mancanza, ma il sospetto che sia stato aggiunto il posto a tavola ad uno scroccone farà inevitabilmente capolino anche nelle persone più corrette.

Predisposizione all’allegria. Il sorriso: prima di tutto, è il sorriso stampato in faccia che deve portare con sé l’ospite perfetto, in sintonia con la gioia del contesto che richiede positività. Niente musi lunghi, aria spenta o atteggiamento di chi ha fatto un favore all’altro trasportando le sue terga in un ambiente festante: bastano molto meno di tre giorni perché l’ospite si riveli un pesce dall’odore fastidioso. Tenete a mente pure questo. 

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