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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Cercare lavoro, ecco perché la bellezza può essere un handicap

I candidati molto attraenti possono essere discriminati nella selezione per lavori poco desiderabili. Lo studio

Ma davvero il mondo è dei belli? A confutare l’idea, oggi molto diffusa, che la bellezza comporti automaticamente dei vantaggi arriva una ricerca della London Business School – diffusa dall’Osservatorio sulla Ricerca Psicologica Internazionale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio – che rivela come i candidati molto attraenti possano invece essere discriminati nella selezione per lavori poco desiderabili.

I motivi

L’aspettativa diffusa che le persone attraenti si attendano nella vita risultati sopra la media induce, infatti, i selezionatori a credere che tali individui abbiano aspettative naturalmente superiori, non conciliabili con mansioni umili o poco gratificanti. Anche in presenza di rassicurazioni a tale riguardo, i selezionatori faticano a convincersi della buonafede dell’interlocutore o ritengono comunque che il suo interesse sia legato a fattori contingenti, poco solidi e perciò rischiosi rispetto alle priorità aziendali. In sostanza, i selezionatori influenzati dallo stereotipo, sarebbero convinti che i candidati attraenti sarebbero più insoddisfatti se selezionati per un lavoro considerato poco desiderabile. Ecco perchè tenderebbero a discriminarli per questo tipo di posizioni.

Negli ultimi anni numerosi studi hanno evidenziato come, in determinate circostanze, sia proprio la bellezza a essere controproducente e che le persone giudicate come attraenti finiscano per essere oggetto di discriminazione. Un esperimento, ad esempio, ha dimostrato che quando una selezione interessa lavori considerati prettamente maschili (ingegnere meccanico o direttore di sicurezza) i reclutatori tendono a favorire le donne giudicate meno attraenti. Queste, infatti, verrebbero percepite come soggetti in possesso di qualità e tratti più vicini a quelli della figura maschile. La ricerca condotta da Margaret Lee e Madan M. Pillutla della London Business School ha fornito un ulteriore indizio a sostegno della teoria della discriminazione dei “belli”. Nella circostanza, il contesto preso in esame era quello di una selezione per un posto di lavoro giudicato poco prestigioso e desiderabile, dove per “desiderabile” si intende una posizione in grado di soddisfare le esigenze estrinseche (economiche, di status, etc) e intrinseche (coinvolgimento emotivo, percezione di utilità sociale, etc) dell’individuo.

Selezionatori sensibili al pregiudizio

I risultati dello studio hanno mostrato che esiste effettivamente una correlazione significativa tra attrattiva percepita e aspettativa verso l’ottenimento di buoni risultati. Più del 62% del campione sperimentale (148 soggetti, quasi tutti con precedenti esperienze lavorative), infatti, ha supposto che i candidati più attraenti potessero essere più insoddisfatti di un lavoro poco attraente. Il test si è anche focalizzato sull’esame delle strategie di assunzione, in una simulazione sperimentale. Anche i selezionatori sono risultati sensibili al pregiudizio che le persone di bell’aspetto, abituate a ottenere risultati prestigiosi, fossero poco attratte da proposte di lavoro poco accattivanti.

Nella simulazione di selezione, infatti, in presenza di un lavoro desiderabile il 63% dei soggetti sperimentali ha preferito un candidato attraente, mentre il 37% ha optato per uno non attraente. Nel caso di un lavoro poco prestigioso, al contrario, il 60% ha optato per un candidato poco attraente a fronte di un 40% che ha scelto un candidato di bell’aspetto. E dalle simulazioni effettuate su un campione di 264 responsabili delle risorse umane impegnati a prendere decisioni di assunzione in contesti lavorativi reali, è emerso che nei colloqui i soggetti più a rischio di discriminazione erano proprio quelli fisicamente più attraenti.

Nell’indagare le motivazioni di questo fenomeno, I ricercatori sono giunti a ipotizzare una forma di pregiudizio basata su di una correlazione tra qualità estetiche e aspettative professionali degli individui. Generalmente, le persone di bell’aspetto sono considerate più fortunate delle altre e naturalmente portate a porsi obiettivi più gratificanti della media delle altre persone.La generale convinzione che le persone attraenti ottengano dei buoni risultati nella vita, insomma, può portare a credere che gli stessi individui attraenti sentano di meritarsi sempre il meglio. Questo pregiudizio interessa anche chi tiene un colloquio di lavoro. Insomma, secondo i ricercatori, la bellezza ha un costo e non sempre è facile sopportarlo. La bellezza può generare paure, insicurezze e disagio da parte degli altri e questo può portare a manovre di emarginazione. Molte donne, ad esempio, percepiscono la bellezza di un’altra donna come minacciosa e evitano di esplorare la possibilità di una relazione amicale con questa. Gli uomini, d’altra parte, possono considerare una donna molto bella irraggiungibile e quindi evitare di avvicinarla.

Le persone attraenti, avendo da sempre ricevuto una proiezione di successo e fascino, sono spesso ossessionate dal proprio aspetto fisico e dall’obbligo di mantenerlo: per questo, spendono sensibilmente più denaro per prodotti di bellezza e cura della persona, oltre che per diete, chirurgia estetica, allenamento in palestra. Alcune ricerche hanno anche rilevato che la bellezza esteriore può inficiare l’accuratezza medico-diagnostica: associando il bell’aspetto alla salute, i medici possono essere meno scrupolosi quando visitano persone molto attraenti.

Spiega Marco Vitiello, docente di psicologia del Lavoro all’Università “La Sapienza” e coordinatore del Gdl Psicologia e Lavoro dell’Ordine Psicologi Lazio: “Sostenere che “la bellezza paga” può essere vero per certi ruoli lavorativi, in particolare quelli di contatto con il pubblico. Ma pensare che “essa sia sempre un bene” è molto discutibile, poiché ciò dipende da diversi fattori che influenzano la percezione, e poiché essa cambia in ogni contesto, circostanza e situazione”. “La psicologia della bellezza – sottolinea – è un ambito di interesse scientifico in quanto la percezione dell’aspetto corporeo, di conseguenza del “bello” e del “brutto”, ha una enorme influenza nei rapporti sociali, nell’educazione, negli ambiti lavorativi e nella salute in generale (dalla medicina estetica alla psicologia della personalità). La bellezza paga? Non è detto. Certo, esistono studi che dimostrano che già in età scolare l’aspetto può essere discriminante e che effettivamente ha un impatto sulla percezione di autoefficacia dei bambini: coloro che si percepiscono “belli” riusciranno ad intrattenere un maggior numero di relazioni, andando ad incrementare il giudizio positivo su loro stessi. Altri studi hanno dimostrato chiaramente che gli insegnanti tendono a privilegiare i bambini più attraenti e hanno un giudizio positivo su di loro rispetto al rendimento scolastico, favorendone lo sviluppo di una forte autostima. Tuttavia, alcuni fattori ambientali, storico-culturali e evolutivi possono intervenire e modificare la stessa percezione”. La versione integrale della ricerca può essere consultata sul sito dell’Ordine Psicologi Lazio all’indirizzo https://www.ordinepsicologilazio.it/ricerche/.

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