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Venerdì, 29 Marzo 2024
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La mascherina, due anni dopo: costumi, modi e mode

Accessorio di moda, oggetto di scena e delatrice di abitudini, il dispositivo va oltre l’obiettivo principe per cui è indossato e ora racconta pure caratteristiche acuite dai tempi assuefatti al suo imprescindibile utilizzo

L’hai presa? L’ho dimenticata. Ormai ne ho sempre una in più ché non si sa mai. Chirurgica, Ffp2, con e senza valvola. Ora te la puoi togliere. Ora te le devi mettere. Cambiala. Deve stare sul naso. Mi prude il naso. Si appannano gli occhiali. Che hai detto? Spostala, sennò non capisco. Non respiro. Zitto e tienila. Lei non la porta mai; lui la tiene sempre, anche quando sta da solo. La signora del terzo piano ne porta due, una sull’altra. Scusa eh, ma senza a me non ti avvicini: è questione di rispetto. È questione di principio. Lo dice la legge. Lo dice la tv.

Volendo stilare una statistica, da circa due anni a questa parte la parola ‘mascherina’ viene pronunciata dalle dieci alle quindici volte al giorno, tutti i giorni. Da chiunque interagisca con il mondo esterno, ma pure da chi è refrattario alla socialità ma supera l’uscio di casa e da solo si chiede: “Aspetta, ma la mascherina ce l’ho?”. E giù coi palpeggiamenti, con frenetiche perquisizioni di tasche e borsa che precedono la constatazione che invece eccola, santo cielo, sta già lì, ammainata al collo e pronta ad essere issata come baluardo contro il contagio. Adesso è gesto automatico, segno della conscia e inconscia accettazione del dovere di proteggere se stessi e gli altri: il popolo è fiaccato dall’insidia, lei è passe-partout per l’interazione indispensabile purché prudente. 

Ma nonostante sia chiamata a coprire gran parte dei volti, la mascherina è diventata anche capace di rivelare i modi di fare e di rapportarsi di chi la indossa. Argomento di conversazione, accessorio di moda, oggetto di scena e delatrice di abitudini, la mascherina va oltre l’obiettivo principe per cui è indossata e, zitta zitta, racconta pure caratteristiche acuite dai tempi assuefatti al suo imprescindibile utilizzo.

Come un alberello profumato

In principio erano introvabili. Le farmacie furono prese d’assalto quando si annunciò la serietà della situazione, e l’ingegno, ancora ignorante della necessità che dovessero avere determinati requisiti, suggeriva ogni sorta di soluzione capace di supplire ai dispositivi certificati. Poi l’offerta ha iniziato a soddisfare la domanda, la situazione è rientrata e oggi tutti fortunatamente possono dotarsi di una mascherina con cui proteggersi dal virus. Il tessuto di polipropilene lo si vede più o meno dappertutto adesso. Sulla faccia, certo, dov’è giusto che sia, ma non solo, dato che pure capita di scorgerlo sventolare agli appigli più curiosi. Svolazza libero agganciato a un orecchio, si allaccia a zaini e cinture, circonda braccia a mo’ di simpatico orpello che sta dappertutto tranne dove dovrebbe. Frequenti, poi, sono gli abitacoli delle auto ora vivacizzati dal materiale dondolante al posto dell’alberello profumato sotto lo specchietto oppure strattonato dal cambio delle marce, adattato a stanga utile per fermare elastici allentati. La sterilità dell’oggetto necessaria alla protezione è ormai un ricordo lontanissino, ma non importa: “Se mi serve, almeno ce l’ho”, osserva il saggio… A posto così. 

La finta pelle di porcellana

È vero che la mascherina ha avvilito l’entusiasmo di imbellettarsi come un tempo, ma guai a rinunciare alla gioia di truccarsi solo perché una barriera di stoffa ostacola il vezzoso spettacolo per se stessi e per gli altri. Altrettanto appurato, però, è che gli strati di fondotinta che prima riuscivano a seminare l’illusione di trovarsi davanti a una pelle di porcellana ora sono impunemente traditi dal tessuto che trattiene tutto, droplet, microparticelle ma pure creme spalmate a profusione su brufoletti e macchie cutanee. Ecco, allora che toglierla quando finalmente è possibile e riporla incautamente sotto lo sguardo dell’astante sconfessa l’attitudine a una beauty routine che prima non si sarebbe mai palesata in modo tanto eclatante, a meno di un bacio imprudente sul collo sfiorato da una camicia bianca...

E se a pagare maggiormente lo scotto della copertura sono labbra sprovviste di rossetti e matite, chi ci guadagna è invece lo sguardo più di prima valorizzato da ombretti, kajal e mascara di ogni tipo: sono gli occhi, adesso, i titolari del compito di esprimere emozioni, sempre in lotta con il disagio dell’appannamento delle lenti che ancora non è ben chiaro a tutti com’è che si evita.

Notevolmente ridotta, inoltre, sembra la tendenza all’onicofagia: grazie allo sbarramento che rende complesso - oltre che controindicato - portarsi le mani alla bocca, lo sfogo alla compulsione di mangiare le unghie è ora bloccato sul nascere, con la gradevole conseguenza di osservare come le unghie di donne e uomini siano più curate di un tempo.

Di necessità virtù

La mascherina avrà anche contribuito all’occultamento dei volti, ma per gli intolleranti all’omologazione c’è la possibilità di farsi riconoscere grazie a modelli che rifuggono il rischio di passare inosservati. Dalle tinte più sgargianti alle fantasie più originali, dalle proposte griffate (quella logata Louis Vuitton, per ed esempio, da indossare sul normale dispositivo, costa 250 euro) a quelle personalizzate con tanto di iniziali, adesso le tipologie soddisfano davvero i giusti di tutti, di grandi come di piccini, ormai adattati ad una necessità abbellita per quanto possibile.

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