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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Prezzi alle stelle

Cosa sono le accise su benzina e gasolio e quanto paghiamo davvero

La combinazione di accisa e Iva è responsabile del 55,3% del prezzo finale dei carburanti. Per quale motivo si pagano, e perché ritoccarle potrebbe ridimensionare l'impatto dei rincari, ma farlo ha un costo

Benzina e diesel hanno superato i 2 euro al litro e continuano a costare sempre di più. Picchi fino a 2,52 euro per la prima e 2,61 euro per il secondo sono stati registrati ai distributori di alcune località italiane. Le stime sull'impatto a lungo termine sulle tasche degli italiani sono preoccupanti. Nell'immediato, l'aumento costante dei carburanti ha messo il settore degli autotrasportatori in uno "stato di estrema necessità" (parole dell'associazione nazionale di categoria Trasportounito), e fermato le imbarcazioni dei pescatori di molte città italiane. Secondo l'ultima rilevazione del ministero della transizione ecologica, aggiornata a lunedì 7 marzo, il prezzo medio della benzina è salito a 1,953 euro al litro, di cui circa 72 centesimi di accise e 35 centesimi di Iva. Il prezzo depurato dalle tasse è quindi di 87 centesimi. Si tratta dell'84,28% in più rispetto alla precedente rilevazione del 28 febbraio.

L'aumento è frutto di tre fattori: l'incremento del prezzo del petrolio, l'effetto del cambio tra euro e dollaro e la combinazione dell'accisa sul carburante e dell'Iva. I primi due elementi sono influenzati dalla guerra in corso in Ucraina. Il terzo è l'unico aspetto su cui il governo può ed è stato chiamato ad intervenire. Le accise, una componente decisiva per la definizione del prezzo finale dei carburanti, sono finite nel mirino dei consumatori, anche perché negli anni la politica ha parlato spesso di tagli di questi tributi senza mai concretizzarli. Ma cosa sono le accise e quanto pesano sui prezzi di benzina, gasolio, gpl e gas metano? Cosa paghiamo davvero quando facciamo il pieno alla nostra auto? Cerchiamo di fare chiarezza.

Cosa sono le accise sulla benzina?

Le accise sono imposte sulla fabbricazione e sulla vendita di prodotti di consumo. Si tratta di un tributo indiretto che si applica a determinati beni al momento della produzione o della vendita, pagato dal produttore o dal commerciante trasferendone l'onere sul consumatore, cioè includendolo nel prezzo di vendita. In passato i governi ne hanno fatto ampio ricorso per fare cassa con fondi subito disponibili, utili per fronteggiare guerre e catastrofi naturali come terremoti o alluvioni. Garantiscono quindi un gettito immediato e costante per le casse dello Stato.

Le accise si pagano solo sui carburanti?

No, quelle sui carburanti sono le più note e "odiate", ma le paghiamo anche per altri prodotti e beni. Attualmente le accise vengono applicate in Italia sugli oli minerali e i loro derivati (benzina, gasolio, gpl, gas metano), sulle bevande alcooliche (liquori, grappe, brandy), sui fiammiferi, sui tabacchi lavorati (sigarette), sull'energia elettrica e sugli oli lubrificanti.

Quante accise paghiamo sui carburanti e per quale motivo?

Come detto, i governi usano questo tributo indiretto per avere un gettito immediato e gestire momenti di crisi o emergenze. Ad esempio, negli anni '30 il prezzo della benzina aumentò per finanziare le spese belliche in Etiopia, ma già quattro mesi dopo la fine del conflitto la tassa sulla vendita della benzina venne rivista al ribasso. Sono state poi introdotte imposte per supportare la ricostruzione successiva al disastro del Vajont, per fronteggiare le conseguenze dell'alluvione di Firenze e di terremoti come quelli del Friuli e dell'Irpinia. Per essere precisi, oggi si parla di un'unica accisa sul carburante. Dal 1995, infatti, non si fa più distinzione tra le varie componenti di questa imposta e le risorse che ne derivano non finanziano attività specifiche, ma tutto il bilancio statale. Anche se sono state inglobate in un'unica imposta indifferenziata e oggi non si fa più alcun riferimento alle motivazioni originali, alla base del tributo sui carburanti ci sono 18 componenti. Eccole:

  • 1) finanziamento della crisi di Suez (1956) – 0,00723 euro; 
  • 2) ricostruzione post disastro del Vajont (1963) – 0,00516 euro; 
  • 3) ricostruzione post alluvione di Firenze (1966) – 0,00516 euro; 
  • 4) ricostruzione post terremoto del Belice (1968) – 0,00516 euro; 
  • 5) ricostruzione post terremoto del Friuli (1976) – 0,00511 euro; 
  • 6) ricostruzione post terremoto dell'Irpinia (1980) – 0,0387 euro; 
  • 7) finanziamento missione Onu in Libano (1982 - 1983) – 0,106 euro; 
  • 8) finanziamento missione Onu in Bosnia (1996) – 0,0114 euro; 
  • 9) rinnovo contratto autoferrotranvieri (2004) - 0,020 euro;
  • 10) acquisto autobus ecologici (2005) – 0,005 euro; 
  • 11) ricostruzione post terremoto de L'Aquila (2009) – 0,0051 euro; 
  • 12) finanziamento alla cultura (2011) – 0,0071; 
  • 13) finanziamento crisi migratoria libica (2011) - 0,040 euro; 
  • 14) ricostruzione per l'alluvione che ha colpito Toscana e Liguria (2011) – 0,0089 euro; 
  • 15) finanziamento decreto "salva Italia" (2011) – 0,082 euro; 
  • 16) finanziamento per la ricostruzione post terremoto dell'Emilia (2012) – 0,024 euro; 
  • 17) finanziamento del "bonus gestori" (2014) – 0,005 euro; 
  • 18) finanziamento del "decreto fare" (2014) – 0,0024.

Lo Stato può abbassare il prezzo dei carburanti?

Il valore dell'accisa sui carburanti cambia nel tempo, oscillando verso l'alto e poi diminuendo. Secondo l'ultima rilevazione del ministero della transizione ecologica, la combinazione dell'accisa e dell'Iva pesa per il 55,3% sul prezzo finale della benzina. Secondo un report dell'Unione energie per la mobilità (Unem), sono proprio le accise e l'Iva a rendere la benzina così costosa. In Italia, il suo prezzo è di 3,9 centesimi più alto rispetto alla media europea, ma senza le tasse costerebbe sei centesimi in meno rispetto al resto d'Europa. Lo Stato può intervenire? E se sì, come?

Ritoccare le accise al ribasso potrebbe ridimensionare l'impatto dei rincari alla pompa, ma avrebbe anche un effetto immediato sulle finanze statali. Per quanto riguarda la tassazione complessiva (accise più Iva), nel 2020 le entrate fiscali derivanti dai prodotti petroliferi si stimano pari a circa 31,8 miliardi di euro. L'anno prima, il gettito era stato persino di 7,6 miliardi più alto. Difficile, se non impossibile, trovare alternative a un gettito così rilevante e sicuro nel tempo. Nelle ultime settimane il governo ha lavorato per limare i rincari energetici, e alcune novità positive potrebbero arrivare dalla legge di conversione del cosiddetto decreto bollette, anche se non risolutive. Servirebbero risorse aggiuntive, ad esempio per sterilizzare l'Iva sui carburanti, ma forse sarebbe solo un palliativo rispetto all'impennata considerevole dei prezzi.

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