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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Aumento Iva, incubo soltanto rimandato? Cosa succede con le nuove clausole di salvaguardia

Un maxi emendamento alla manovra prevede il congelamento degli aumenti per il 2019, ma anche una revisione al rialzo negli anni successivi. Se il governo non dovesse trovare le somme richieste, nel 2021 potremmo trovarci con l'Iva al 26,5%, con effetti devastanti sulle tasche delle famiglie italiane

Con qualche taglio e rinuncia, il governo Conte è riuscito nella titanica impresa di raggiungere un accordo con l'Europa in merito alla manovra economica, bocciata e bistrattata da Bruxelles, almeno fino a ieri, quando è arrivata la notizia dell'intesa raggiunta, con l'Italia che ha così scongiurato l'avvio di una procedura di infrazione nei suoi confronti. Una sfida vinta, almeno in questo primo momento, ma che non è certo finita qui. Per confermare il reddito di cittadinanza e Quota 100,  salvando le famosissime 'capre e cavoli', il team economico di Tria e Conte ha dovuto fare grande opera di taglia e cuci, rinunciando a investimenti e assunzioni nella Pubblica amministrazione, aumentando le tasse sulle scommesse e introducendo la webtax

Ma al di là dei brindisi di sorta per un accordo che fino a qualche giorno fa sembrava quantomeno utopico, c'è un tema chiave di cui si è parlato meno, ma che resta di grande importanza, soprattutto perché riguarda tutti i contribuenti italiani: le clausole di salvaguardia dell'Iva. Tali clausole, necessarie per rassicurare Bruxelles, sono state congelate per il 2019, ma anche aumentate al rialzo per gli anni successi. Un incremento che si tradurrebbe in una maxi-batosta per le famiglie italiane, se negli anni successivi non si riuscisse a rispettare gli accordi presi con l'Ue. 

Cosa sono le clausole di salvaguardia

Prima di entrare nel dettaglio, vediamo cosa sono e come funzionano le clausole di salvaguardia, una spada di Damocle che l'Italia si trascina dal 2001.  Per clausole di salvaguardia si fa riferimento a delle misure precauzionali che vengono prese appunto per salvaguardare i vincoli dell'Europa sul bilancio e le spese previste. In parole povere si tratta di un escamotage per tutelare la finanza pubblica: se non si rispettano gli accordi economici, le clausole scattano. E sono dolori, perché  reperire le risorse previste rende necessario il taglio delle agevolazioni fiscali e l'aumento delle imposte indirette, come l'Iva o le aliquote della benzina. 

L'Italia evita la procedura di infrazione, ma in manovra spuntano le "misure salva-conti"

Come già evidenziato ad inizio paragrafo, la prima conoscenza con queste clausole l'abbiamo fatta nell'agosto del 2011 con la crisi dei conti pubblici che, nei mesi successivi, avrebbe portato alla caduta del governo Berlusconi e alla successiva entrata in scena del governo Monti e dei suoi tecnici. Fu proprio monti con il decreto Salva-Italia a blindare le clausole introdotte dall'esecutivo precedente. Negli anni successivi tutti i premier si sono trovarti di fronte al problema di scongiurare lo scatto di queste clausole, così come avvenuto per il governo attualmente in carica

Clausole di salvaguardia: cosa succederà nei prossimi anni

Nel maxi emendamento contenuto nella manovra sono state riviste al rialzo le clausole di salvagurdia per il 2020 e il 2021. Quindi se per il 2019 è previsto il congelamento degli aumenti, dal 2020 potrebbe scattare l'incremento di 3 punti percentuali per l’aliquota ridotta del 10% e di 1,1 punti percentuali per il 2020 e di 2 punti percentuali dal 2021 l’aliquota ordinaria.

Con queste nuove clausole e in assenza di ulteriori interventi in materia, nel 2020 gli aumenti ammonteranno a 23 miliardi di euro, mentre nel 2021 e 2022 saranno di 29 miliardi, con l'aliquota ordinaria che dovrebbe passare dal 22% al 25,2% nel 2020, e al 26,5% nei due anni successivi. Incrementi che, ricordiamo, diventeranno realtà soltanto se l'Italia non dovesse rispettare i parametri stabiliti con l'Europa per il rapporto deficit/pil nel prossimo anno.

Quindi, se per quest'anno i contribuenti italiani possono stare sereni, per il futuro tutto dipenderà dall'operato del governo Lega-M5s, nonostante le dichiarazioni tranquillizzanti rilasciate dal vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio a Radio Capital: “Non c’è un aumento dell’Iva quest’anno e non ci sarà nei prossimi anni, come lo abbiamo disinnescato quest’anno lo disinnescheremo nei prossimi anni”.

Scattano le clausole: possibile maxi stangata

Ma cosa succederebbe se il governo non riuscisse a rispettare gli accordi con Bruxelles, facendo così scattare le clausole? L'aumento delle aliquote Iva previsto dalle clausole riviste al rialzo andrebbe a colpire le famiglie italiane, come descritto dallo scenario previsto dal Codacons: “Si produrrebbe una maxi-stangata da quasi 1.200 euro annui a famiglia, solo per costi diretti dovuti alla maggiore imposta”.

“Portare l’aliquota ridotta al 13% e l’Iva ordinaria al 26,5% a partire dal 2021, avrebbe effetti disastrosi per l’economia producendo a regime un aggravio di spesa pari a circa 1.200 euro annui a famiglia, solo per costi diretti legati al rialzo dei prezzi e senza contare gli effetti indiretti che scateneranno rincari a cascata in tutti i settori – spiega il presidente Carlo Rienzi – Come già avvenuto in occasione dei precedenti ritocchi dell’Iva, al rincaro generalizzato dei listini al dettaglio i consumatori reagiranno tagliando gli acquisti, con una contrazione dei consumi per complessivi 27,5 miliardi di euro e conseguenze disastrose per il commercio, per l’occupazione e per il Pil”.

I dubbi di Confesercenti

Dopo le perplessità espresse dal Codacons sono arrivate anche quelle di Confesercenti, con il presidente Patrizia De Luise che ha commentato la notizia sulla revisione delle clausole di salvaguardia: “Le clausole di salvaguardia escono dalla porta e rientrano dalla finestra. Raggiungere l’accordo con la Ue sulla Legge di Bilancio è assolutamente prioritario, ma preoccupa che per ottenere l’ok di Bruxelles si faccia ricorso per l’ennesima volta al meccanismo delle clausole di salvaguardia, che prevede aumenti automatici di Iva e accise se non si raggiungono gli obiettivi di bilancio o – peggio – di crescita. Aumenti che, se dovessero realizzarsi, soffocherebbero sia i consumi delle famiglie, già oggi in frenata, che la crescita del Pil in una fase di rallentamento internazionale”.

“Le clausole – prosegue Patrizia De Luise - sono il convitato di pietra delle Leggi di Bilancio italiane ormai dal 2011. Dovremmo cercare di eliminarle, anche se gradualmente. Invece, non vorremmo che l’annunciata ‘revisione sul lato delle entrate’ delle clausole per il biennio 2020-2021 fosse di fatto un aumento del loro peso. Sarebbe un intervento in senso opposto a quanto auspicato dalle imprese: nonostante la sterilizzazione degli aumenti previsti per il 2019, le clausole per il 2020 prevedono ancora circa 19 miliardi di euro di aumenti di Iva e altre imposte. Una mannaia per i consumi interni ed un generatore di incertezza per le imprese: una eventuale revisione al rialzo non può che preoccuparci moltissimo”.

Lo scenario futuro

Se davvero nel 2021 ci dovessimo ritrovare con l'Iva al 26,5% gli effetti sarebbero evidenti su ogni tipologia di acquisto. Un elettrodomestico del valore di 300 euro verrebbe a costare circa 10 euro in più, mentre un acconciatura dal parrucchiere dal costo di 60 euro serviranno almeno 60 centesimi in più. Semplici calcoli che fanno capire quanto possa influire sulla vita di tutti i giorni l'eventuale aumento dell'Iva. Ovviamente al momento si tratta soltanto di scenari, ma il rischio concreto esiste, altrimenti Bruxelles non avrebbe chiesto di inserire nella manovra delle clausole così esose. Per adesso la stangata per la famiglie è stata evitata, così come la procedura d'infrazione per l'Italia, ma il problema è soltanto rimandato al prossimo anno, quando la situazione politica ed economica del nostro Paese potrebbe essere molto diversa.

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