Cosa sta succedendo ai prezzi della carne
La speculazione sui prezzi dell'energia e delle materie prime "rischia di compromettere l’accesso al cibo", ha dichiarato Antonio Forlini, presidente di Unaitalia, in un’intervista a Today.it
Il carrello della spesa degli italiani diventa sempre più caro, con i prezzi dei generi alimentari in rialzo di quasi il 10% rispetto allo scorso anno. Si chiama inflazione, fenomeno che erode il potere d’acquisto dei cittadini, colpendo maggiormente quelli che si trovano in difficoltà economica. A causa dei rincari generalizzati su praticamente quasi tutti i beni e servizi, tante famiglie stanno facendo fatica ad arrivare a fine mese. Lo stipendio non basta, specie per i nuclei più numerosi e monoreddito, e così spesso si deve rinunciare a qualcosa pur di sopravvivere. Alcuni si trovano persino a dover decidere tra mangiare o riscaldarsi, visto il caro bollette, ma questa è un’altra storia, che abbiamo già raccontato e che si chiama povertà energetica.
A causa dell’inflazione alcuni italiani hanno deciso di ridurre il consumo di carne. Questo trend inizia a preoccupare la filiera agroalimentare delle carni, alle prese con un altro importante problema: il caro energia e materie prime. “Negli ultimi dodici mesi le nostre imprese hanno visto aumentare a dismisura, talvolta decuplicare, i costi dell’energia e delle materie prime destinate all’alimentazione degli animali - ha dichiarato Antonio Forlini, presidente di Unaitalia, associazione di rappresentanza delle imprese della filiera avicola italiana -. Una tendenza che non sembra interrompersi, anzi ha subito un’impennata nelle ultime settimane. Questo clima di instabilità e volatilità dei mercati è allarmante. È urgente adottare meccanismi di stabilizzazione del mercato ed evitare le speculazioni che creano condizioni di incertezza ormai insostenibili per le imprese che devono programmare e continuare a produrre”.
A rischio 6.700 allevatori e 64mila addetti, in un settore del tutto autosufficiente (eccezion fatta per i mangimi), che vanta una capacità produttiva pari al 108% dei consumi italiani. Complessivamente il settore avicolo italiano vale 5,9 miliardi di euro (4.830 milioni per le carni e 1.070 milioni per le uova). Cosa si potrebbe fare per frenare la speculazione sui prezzi dell’energia e dei mangimi? “Le aziende della filiera stanno assorbendo da mesi i maggiori costi legati all’aumento dei prezzi di materie prime ed energia, ma ciò non può avvenire all’infinito soprattutto dopo l’impennata delle ultime settimane”, ha dichiarato Antonio Forlini in un’intervista a Today.it, lanciando un avvertimento: “La speculazione rischia di compromettere l’accesso al cibo” visto che intere filiere produttive potrebbero essere costrette a fermarsi sotto il peso di rincari e incertezze nelle forniture, con un effetto domino sulle altre.
Perché l'energia costa così tanto e quanto è destinata a durare questa situazione?
L’inflazione sta facendo aumentare tutto il carrello della spesa. Si registrano rincari anche sulla carne e sulle uova?
“Sì, sicuramente c’è una tendenza al rialzo anche per i prezzi al dettaglio delle carni bianche e delle uova. Le aziende della filiera stanno assorbendo da mesi i maggiori costi legati all’aumento dei prezzi di materie prime ed energia, ma ciò non può avvenire all’infinito soprattutto dopo l’impennata delle ultime settimane. Per intervenire su questo meccanismo ed evitare di far scendere i consumi sono necessari interventi strutturali ma anche una adeguata redistribuzione del valore dei prodotti lungo tutta la filiera, fino alla distribuzione finale”.
A causa dell’inflazione molte famiglie italiane stanno iniziando a ridurre il consumo di carne. Di quanto, avete dei dati?
“Quello che è in atto è un calo generalizzato dei consumi legato all’aumento dell’inflazione e all’impennata dei costi anche per le famiglie, non credo che sia una tendenza specifica da attribuire al settore delle carni. Le carni bianche rimangono poi le più acquistate e consumate dalle famiglie a livello domestico, si tratta delle proteine animali più accessibili grazie all’ottimo rapporto tra qualità, proprietà nutrizionali e prezzo. Forse per questo sono le carni che meno risentono del calo dei consumi e dell’avvento sul mercato di tante alternative vegetali”.
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La proposta di tagliare l’iva sulle carni dal 10% al 5% potrebbe aiutare a risollevare i consumi?
“È una misura che potrebbe sicuramente aiutare ma occorre parlarsi chiaro: la crisi che stiamo affrontando come sistema produttivo è senza precedenti e richiede misure straordinarie coordinate dall’Unione europea. Qui rischiamo il collasso di interi comparti produttivi, sia per la difficoltà di reperire sul mercato le materie prime che per i costi aumentati dell’energia. Così come è accaduto con il Piano di ripresa e resilienza post Covid, adesso è necessario un piano straordinario di sostegno a livello europeo, ricordiamo che questa situazione è esplosa come conseguenza della decisione comune di contrastare, giustamente, la Russia con le sanzioni economiche a seguito dell’attacco all’Ucraina”.
La contrazione della domanda non è l’unico problema che la filiera avicola si trova a dover affrontare in questo momento. C’è anche quello legato all’approvvigionamento delle materie prime per i mangimi a causa della guerra in Ucraina. Cosa sta succedendo?
“L’Ucraina, insieme all’Ungheria, è uno dei Paesi dai quali la filiera importa una quota consistente del mais utilizzato per l’alimentazione animale. Lo scoppio della guerra ha causato notevoli problemi logistici e di approvvigionamento e, seppur alcuni blocchi iniziali siano poi stati superati, questa situazione ha contribuito all’aumento indiscriminato dei prezzi arrivati ai loro massimi storici. Si è poi consolidata la consapevolezza delle imprese di dover differenziare le fonti di approvvigionamento per evitare situazioni di scarsità e di lavorare per aumentare il più possibile la autonomia, aumentando le superfici coltivate”.
Sull’incremento dei prezzi di mais, soia ed orzo quanto ha inciso la speculazione?
“Le dinamiche speculative, in atto da quasi 2 anni, hanno inciso fortemente e devono essere fermate. I dati forniti dal CFTC Usa dimostrano infatti come i rincari su grano, mais e soia siano anche legati all’ingresso, da metà 2020, di investitori “non commerciali” nel mercato delle materie prime. Da allora i prezzi sono arrivati ai massimi storici, con valori raddoppiati rispetto alle medie del 2015-2020. Anche l’Indice IGC Grains&Oilseeds evidenzia una forbice del +80% tra i valori medi del 2015-2020 (1° semestre) e quelli attuali. Sono dinamiche che vanno bloccate a livello internazionale a meno di non voler seriamente compromettere la sovranità alimentare e l’accesso al cibo”.
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Sull’aumento dei costi di produzione delle carni avicole pesa anche il caro energia. Qual è l’impatto della crisi internazionale sulla filiera agricola italiana? Quante imprese rischiano la chiusura e quali le ripercussioni sul mercato del lavoro?
“Il modello integrato della filiera avicola italiana che vede le aziende a capo della filiera avere il controllo di tutte le fasi, dall’allevamento alla trasformazione, ha permesso finora di moderare l’impatto dell’impennata e assorbire i costi. Le nostre sono aziende solide ma ciò non significa non vivano momenti di difficoltà: il vero rischio che percepiamo è che questa situazione di crisi che riguarda molte filiere produttive possa causare blocchi di alcuni comparti – pensiamo ad esempio al packaging o all’anidride carbonica o ancora ai trasporti su gomma– che a cascata si ripercuotano per effetto domino anche su altri settori”.
L’avicoltura è l’unica filiera zootecnica totalmente autosufficiente, ad esclusione dell’approvvigionamento dei mangimi. Viste le difficoltà che sta incontrando in questo periodo sembra necessario rivedere le strategie di medio lungo periodo. Cosa bisognerebbe cambiare?
“La filiera avicola italiana ha dimostrato una incredibile capacità di resilienza negli ultimi anni, a partire dal Covid, quando anche in momenti drammatici per il Paese ha dato prova della sua capacità di continuare a produrre, garantendo sicurezza ai lavoratori e approvvigionamento ai consumatori. Forti di questa consapevolezza, sappiamo che le sfide future sono tante e, in particolare quella maggiore sostenibilità che viene richiesta dall’Europa a tutta la filiera agroalimentare: considerato lo scenario di crisi nel quale ci muoviamo sarà sempre più essenziale coniugare gli aspetti e gli investimenti in sostenibilità ambientale, nel quale la filiera avicola già è impegnata, con quelli di sostenibilità sociale ed economica”.