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Martedì, 16 Aprile 2024
Nella manovra

Il "maxi" aumento di stipendio per chi ritarda la pensione

Chi ha maturato i requisiti per la nuova quota 103, ma resta al lavoro, percepirà un salario comprensivo della quota di contributi che altrimenti sarebbe stata versata all'Inps, secondo quanto previsto nell'ultima legge di bilancio

Ci sono novità in vista per chi decide di ritardare il pensionamento. La legge di bilancio 2023 prevede infatti un "maxi" aumento di stipendio a chi resta al lavoro pur avendo maturato i requisiti per la nuova quota 103, ossia ha compiuto 62 anni di età e ha versato almeno 41 anni di contributi. Nello specifico, il salario sarà comprensivo della quota di contributi che altrimenti sarebbe stata versata all'Inps. Questo strumento era già stato introdotto nel 2004 dall'allora ministro del welfare Roberto Maroni, scomparso qualche giorno fa. La misura era stata programmata per un periodo liminato dal 2004 al 2007 per contenere la spesa pensionistica.

Questo iincentivo ha l'obiettivo di invogliare più persone a continuare l'attività lavorativa pur essendo in possesso dei requisiti, tanto contributivi quanto anagrafici, per l'accesso alla pensione. Lo scopo del governo è quello di limitare la platea di coloro che anticipano l'uscita dal mercato del lavoro, così da contenere la spesa pensionistica. Il riconoscimento della misura non è automatico, ma è il lavoratore stesso che deve decidere se fruirne o meno. L'occupato può scegliere di continuare a versare i contributi, così da aumentare l'importo della pensione futura, oppure congelare l'importo della pensione ma beneficiando al contempo di una decontribuzione totale in busta paga.

Chi opta per il bonus contributivo riceve direttamente in busta paga il valore dei contributi previdenziali che diversamente avrebbe dovuto versare all'Inps. Con lo svantaggio, però, che l'importo della pensione non beneficerà dei vantaggi derivanti dalla continuazione del rapporto di lavoro. Matteo Salvini e il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti hanno parlato di un "incremento dello stipendio del 10%". In realtà la quota dovrebbe essere più alta, perché il beneficiario dovrebbe "risparmiare" sul versamento dei contributi previdenziali, sia per la quota in capo all'azienda che per quella che grava sul datore di lavoro.

L'importo maggiorato si ritroverà direttamente nella busta paga. Ciò significa che, ad esempio, nel caso del lavoratore dipendente ci sarà un incremento del 33%, ossia la quota di contributi complessiva versata sulla retribuzione lorda. Come dire che uno stipendio lordo di 2.500 euro avrebbe diritto a un incremento di circa 825 euro al mese, sui quali ovviamente bisognerà pagare l'Irpef.

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