Le aziende italiane che non rinunciano alla Russia
"Non si possono chiudere le aziende o mandare a casa gli operai", ha dichiarato Arturo Venanzi, presidente reggente di Confindustria Fermo, in un'intervista a Today
C'è chi critica la scelta di 48 aziende del settore calzaturiero italiano di partecipare all'Obuv. Mir Kozhi ("Scarpe in pelle dal mondo", ndr), la fiera delle calzature e della pelletteria che si sta tenendo in questi giorni a Mosca. Queste imprese non stanno violando le sanzioni imposte dall'Ue a Mosca, stanno solo cercando di evitare il baratro visto l'importante peso sul loro fatturato dell’export russo, a volte pari a circa l'80%. Arturo Venanzi, presidente reggente di Confindustria Fermo, ha spiegato in un'intervista a Today perché alcune aziende del distretto marchigiano non possono rinunciare alla Russia.
La Russia vale 'solo' il 2,7% dell'export calzaturiero italiano
Quanto pesa la Russia sul comparto calzaturiero italiano? La Russia vale il 2,7% dell'export di calzature italiane all'estero. Per l'Italia è solo il decimo mercato di riferimento mentre l'Ucraina il 26esimo. Non sembra molto, ma per alcuni distretti, come quello marchigiano, non è così. Ad esempio la provincia di Fermo è la principale esportatrice di calzature italiane in Russia. Per queste imprese l’impatto risulta essere molto più alto rispetto alla media nazionale perché negli ultimi decenni hanno puntato tutto solo sulla Russia, compiendo l’errore di non diversificare. Non a caso 31 imprese sulle 48 partecipanti alla fiera di Mosca sono delle Marche. Ma come è possibile per le imprese calzaturiere italiane 'aggirare' le sanzioni a Mosca? Secondo il quarto pacchetto europeo di sanzioni alla Russia, le imprese Ue del lusso non possono vendere sul mercato russo beni del valore superiore ai 300 euro, lecito invece esportare prodotti sotto tale cifra. Spiegato questo, appare chiaro che la partecipazione di quasi 50 imprese alla fiera di Mosca mira a non perdere importanti introiti necessari alla sopravvivenza di queste aziende.
A soffrire di più è il segmento dell'alta gamma
Le sanzioni alla Russia per l’invasione dell’Ucraina hanno praticamente cancellato dai fatturati delle aziende italiane la fetta riservata ai big spender russi, riducendo sensibilmente la quota di export verso Mosca ma anche quella relativa agli acquisti dei turisti russi sul territorio nazionale, divenuto off-limits a causa delle restrizioni ai viaggi verso l’Europa. A soffrire di più, è il settore calzaturiero italiano di alta gamma, ossia i marchi di lusso, che dopo la pandemia avevano registrato una buona ripresa (+32%), frenata poi dalla guerra. Oltre al distretto marchigiano, il più grande a livello nazionale (19% del totale), colpite anche le produzioni di calzature di alta gamma in Toscana, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.
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La polemica sulla partecipazione delle aziende italiane all'Obuv. Mir Kozhi 2022
In molti si chiedono se fosse davvero necessaria la partecipazione delle aziende italiane all’Obuv. Mir Kozhi, la grande fiera internazionale delle calzature che si tiene all’Expo Center di Mosca. Abbiamo girato la domanda al presidente reggente di Confindustria Fermo, Arturo Venanzi. "Il discorso morale non centra nulla con gli affari, tutti condannano quello che sta succedendo ma non si possono chiudere le aziende o mandare a casa gli operai". Alcune imprese italiane hanno un fatturato per l’80% rivolto verso la Russia, ha spiegato Venanzi, specificando che "chi ha chiuso i rapporti con Mosca sono tutte griffe internazionali per lei quali la Russia incideva pochissimo, magari dell’1%". La fiera dedicata alla calzatura e alla pelletteria che si tiene in questi giorni a Mosca "si fa da 25 anni. Partecipano circa 50 aziende, di cui 30 del nostro distretto marchigiano: sono tante anche se meno rispetto a quelle che di solito andavano, che erano circa 80. Quasi tutti hanno aderito, altri non sono andati per motivi commerciali o perché avevano paura di possibili ripercussioni". "Le imprese per le quali il mercato russo è molto importante - ha continuato il presidente reggente di Confindustria Fermo - hanno deciso di andare indipendentemente dalla guerra. L’aggressione all’Ucraina è sicuramente sbagliata, ma gli affari sono una cosa e la guerra un’altra".
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Come sta andando la fiera
Le imprese italiane presenti all’Obuv. Mir Kozhi non evidenziano particolari differenze rispetto agli anni passati. Le collezioni per l’autunno-inverno 2022-2023 sembrano essere piaciute ai compratori e sono stati sottoscritti nuovi ordini. Naturalmente si tratta di prodotti del valore inferiore ai 300 euro, condizione necessaria per osservare il pieno rispetto delle sanzioni Ue imposte alla Russia. Di conseguenza, alcune imprese italiane hanno dovuto offrire ai rivenditori russi prodotti di fascia più bassa oppure abbassare i prezzi. Aggirato l’ostacolo sanzioni c’è un altro importante problema da risolvere per il comparto calzaturiero italiano, quello dei pagamenti. Il presidente reggente di Confindustria Fermo, Arturo Venanzi, ci ha spiegato che al momento il problema più importante "sono i pagamenti bloccati e la merce ferma. Con l’espulsione delle banche russe dal sistema Swift i bonifici fanno difficoltà ad arrivare, quindi nonostante gli ordini già fatti la merce non si mette in produzione perché non si ha l’acconto. La merce già prodotta, invece, non viene spedita perché non parte quasi mai prima del pagamento del saldo", ha spiegato Venanzi. Questa situazione sta mettendo a rischio molte aziende italiane, per questo si chiede un intervento immediato del governo per far arrivare i pagamenti.