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Giovedì, 25 Aprile 2024
Questione di matching

Le aziende che non riescono ad assumere

I posti di lavoro ci sono, così come i disoccupati in cerca di una posizione. Quello che manca è la corrispondenza tra le competenze richieste e le qualifiche dei lavoratori.  Il direttore di UeCoop a Today: "Il problema è far combaciare i profili dei candidati con quanto richiesto dalle imprese. È necessario investire sulla formazione"

Dopo due anni di pandemia in cui il mercato del lavoro ne è uscito stravolto, ma proprio adesso che le restrizioni vengono meno, assistiamo ad un paradosso: ci sono tantissimi disoccupati, ma una grossa fetta di aziende ha grandi difficoltà ad assumere. Il motivo? Una "vecchia" questione, il problema irrisolto delle competenze. Già nel 2019 erano sotto gli occhi di tutti le criticità delle aziende in materia di "matching", quel processo attraverso il quale vengono incrociate le competenze e le qualifiche di un lavoratore o di una lavoratrice con i requisiti richiesti per ricoprire un determinato ruolo, con il fine di stabilire la miglior corrispondenza possibile.

Il disallineamento tra domanda e offerta che si tramuta nella difficoltà da parte delle aziende nel reperire i profili professionali ricercati. Una problematica, quella del mismatch, comune a diversi comparti che non riescono a individuare personale con competenze tecnico pratiche adeguate alle mansioni da ricoprire, dagli educatori agli infermieri, dagli assistenti sociali agli operai agricoli, dagli specialisti in risorse umane ai professionisti di progettazione, dalle figure tecno amministrative agli addetti a vendite e marketing, fino agli autisti e al personale nel settore dei servizi di logistica e manutenzione uffici.

Lavoro e assunzioni, il problema delle competenze

In un periodo in cui l’evoluzione tecnologica ha influito e continua ad influire sul mondo del lavoro, migliorare le proprie competenze trasversali, le cosiddette "soft skills", è diventato fondamentale un requisito fondamentale per chi cerca una nuova opportunità. A mancare, come sottolineato a Today.it dal direttore di UeCoop Vincenzo Sette, sono soprattutto le competenze digitali e tecnologiche: "La principale difficoltà che molte aziende segnalano è quella di individuare la giusta preparazione per le posizioni vacanti: a mancare è soprattutto il personale specializzato, sia tecnico che amministrativo. Non mancano i posti di lavoro e neanche le persone che si propongono, il problema è far combaciare i profili dei candidati con quanto richiesto dalle imprese".

"Potrebbe sembrare bizzarro - aggiunge Sette - che in un periodo come questo manchino proprio le competenze digitali. Ma il fatto che i giovani crescano con smartphone e pc non li rende preparati da quel punto di vista. Saper usare il pc o i social per scopi personali è un conto, ma se parliamo di utilizzare professionalmente un programma di calcolo o di rendicontazione, o di lavorare sul marketing e sui social in maniera professionale, il discorso cambia. Anche dietro i blogger e gli influencer con milioni di follower c’è tanto studio e preparazione". 

Anche uno studio realizzato da Randstad Research ha evidenziato come per il 58% delle aziende siano proprio le carenze tecnico-scientifiche dei candidati a rappresentare il principale ostacolo nel reperimento del personale. Nel rapporto “Posti vacanti e disoccupazione tra passato e futuro” viene tracciato il rapporto tra disoccupati e posti vacanti in Italia tra 2008 e il 2019: la disoccupazione è passata dal 6% al 10% e le difficoltà di reperimento sono aumentati a livelli record. Durante il periodo analizzato da Randstad Research è cambiata anche la composizione degli occupati: “Abbiamo, per esempio, 140.000 contabili in meno, 145.000 muratori in meno; al contempo 144.000 magazzinieri non qualificati e 77.000 camerieri in più”. Nonostante questo, la carenza di preparazione tecnica e specializzata rimane un vero e proprio scoglio: sempre secondo l’indagine condotta da Randstad, nel 2021 il 34% delle ricerche di lavoro si è conclusa con un nulla di fatto, non tanto per una mancata intesa sui turni e salario, ma l’assenza di quel mix di competenze che rendono un lavoratore “ibrido” ideale per alcune posizioni. 

Difficoltà ad assumere: i settori più coinvolti

Ma quali sono i settori che incontrano maggiori difficoltà nell’individuare candidati idonei? Secondo l’indagine 2021 del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, realizzata in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di commercio G. Tagliacarne, la percentuale di imprese che dichiarava di avere difficoltà nel trovare figure professionali con le competenze digitali richieste è addirittura pari al 37,8% del totale. Ad incontrare maggiori difficoltà sono state soprattutto le operanti nell’industria (54,8%), rispetto a quelle dei servizi (50,8%); in particolare, nei comparti delle public utilities e delle costruzioni si sono registrate quote pari al 58,0% e al 51,9%, rispettivamente. Alla base delle difficoltà riscontrate ci sono motivazioni differenti che fanno riferimento sia alla mancanza di candidati (32,4% del totale) sia, per la restante parte (19,5%) all’inadeguatezza dei candidati in termini di competenze e abilità.

Nel dettaglio, le difficoltà fanno riferimento ai "servizi informatici e delle telecomunicazioni", settore in cui due imprese su tre (il 68,1%) segnala problemi nel reperire i profili desiderati. Percentuali elevate si riscontrano anche in alcuni settori industriali come le “industrie tessili, dell'abbigliamento e calzature” (62,4%) e le "industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo" (61,2%), mentre l’impatto del problema è minore per "industrie dei beni per la casa, tempo libero e altre manifatturiere" (33,7%), quelle dell’“estrazione di minerali” (38,5%) e le “industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere” (39,4%).

Secondo i dati aggiornati ad aprile di Unioncamere, tra le figure richieste e difficili da reperire ci sono gli operai specializzati (55,8%) con picchi del 65% per gli artigiani addetti alle rifiniture delle costruzioni e per fonditori, fabbri e carpentieri. La percentuale di difficoltà nel reperire personale media è del 40%, ma per diverse professioni il livello sale tra il 50 e il 60%: specialisti in scienze informatiche e matematiche, ingegneri, tecnici della salute, meccanici, artigiani, manutentori e operai di macchine automatiche. Le difficoltà scendono sotto il 30% per le professioni non qualificate, come gli addetti alla consegna merci, i servizi di pulizia, il personale che si occupa della custodia degli edifici e della manutenzione del verde.

Più competenze, più difficoltà

Dati che evidenziano come la difficoltà di reperimento sia direttamente proporzionale alle competenze richieste per una determinata professione. Sempre secondo i dati di Unioncamere, per le competenze digitali di base si passa da una difficoltà di reperimento pari al 34,9% nel caso di richiesta della competenza al 37,8% per il grado di importanza elevato; per le capacità matematico-informatiche il gap è anche più ampio (dal 36% al 40,3%), mentre per le competenze 4.0 la difficoltà varia dal 37% al 40,9%. Nell’ultimo periodo sono sempre di più le aziende che richiedono ai candidati una combinazione di skill, una domanda che ha riguardato circa 646mila posizioni: il mix di competenze digitali è più richiesto ai laureati (44,1%) - in particolare nelle materie STEM come ingegneria elettronica e dell’informazione (84,5%) e scienze matematiche e fisiche ed informatiche (73,5%) - rispetto ai diplomati (16%). Per le posizioni in cui viene richiesto un mix di competenze la difficoltà di reperimento lievita oltre il 40%, con picchi anche tra il 60% e il 70% per ingegneri elettronici, progettisti e amministratori di sistemi informatici e analisti e progettisti di software. Spicca anche il dato elevato relativo ai medici (64,6%) e ai professori di scuola primaria (63,6%), due dati che sono stati influenzati anche dalle conseguenze della pandemia. 

Gap maggiore al Nord Est

Dal punto di vista territoriale le maggiori difficoltà di per le capacità matematico-informatiche si registrano nel Nord Est Est (con un dato pari al 48,4%), in particolare in Friuli Venezia Giulia (50,0%) e Veneto (48,8%). A livello provinciale, Terni (59,3%), Pordenone (54,6%) e Piacenza (54,4%) sono le province dove le imprese fanno più fatica a trovare candidati con questa competenza. Per quanto riguarda le competenze digitali le maggiori problematiche sono concentrate sempre tra Friuli e Veneto seguite da alcune regioni del Nord Ovest, come Piemonte (41,1%) e Liguria (40,1%) e del centro Italia, come Umbria (45,4%) e Marche (41,0%). A livello provinciale, più difficoltà si segnalano a Gorizia (54%), Terni (51,5%) e Belluno (50,3%). Subito a ridosso della top ten, Caltanissetta (46,7%), prima delle province del Sud e Isole.

Le possibili soluzioni

Un problema esteso quindi, sia per quanto riguarda i diversi settori coinvolti, sia dal punto di vista territoriale.  Un "grattacapo" non da poco, che potrebbe essere risolto soltanto puntando sulla formazione, come sottolineato a Today.it da Vincenzo Sette, direttore di UeCoop: "Abbiamo notato che, in risposta a questa problematica, molte aziende stanno investendo sulla formazione, sia per i dipendenti già inseriti che per i nuovi assunti. Poi c’è anche chi decide di puntare su ragazzi o ragazze giovani, con cui intraprendere un percorso di formazione interno, con l’intento di preparare il candidato e riempire eventuali lacune"."Oltre ad aumentare i percorsi di formazione nelle aziende - conclude Sette - un’altra strategia utile sarebbe quella di cercare di capire come adattare il percorso didattico delle scuole alle esigenze del mercato del lavoro, ovviamente tenendo sempre conto delle aspirazioni e delle idee dei ragazzi. Non tutti capiscono subito cosa vogliono fare e non tutti trovano la propria strada al primo tentativo".
 

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