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Venerdì, 29 Marzo 2024
senza tregua

Perché il prezzo della benzina può solo aumentare

Il taglio alla produzione di petrolio da parte dell'Opec spinge di nuovo al rialzo i prezzi dei carburanti, già da Pasqua. Il pressing dell'Arabia Saudita irrita Ue e Stati Uniti, soprattutto in chiave anti Russia: a chi conviene tagliare la produzione di greggio e far salire il costo dei carburanti? I consumatori di sicuro ne risentono

Il prezzo di benzina e diesel non può che aumentare: non è una scommessa, ma una realtà da accettare. La decisione dei Paesi dell'Opec + - con l'Arabia Saudita in prima linea - di tagliare la produzione di petrolio fa salire le quotazioni sui mercati -  e anche per il petrolio russo sotto price cap -, con ripercussioni evidenti alla pompa di benzina, già da Pasqua. A inizio anno le previsioni per i produttori di petrolio erano cupe e i 100 dollari al barile sembravano una chimera: ora, quella soglia potrebbe diventare realtà. Ma perché i Paesi dell'Opec hanno preso questa decisione? A chi serve? Di sicuro non ai consumatori.

L'Opec ha deciso: si taglia

Il taglio della produzione di petrolio deciso dai Paesi dell'Opec + ha subito provocato un deciso rialzo delle quotazioni sui mercati. L'Opec + è l'organizzazione "allargata" che raggruppa i Paesi produttori di petrolio a cui dal 2016 se ne sono aggiunti altri dieci, tra cui la Russia: insieme rappresentano quasi la metà della produzione mondiale di petrolio.

L'Opec e la Russia tagliano il petrolio e il prezzo di benzina e diesel aumenta, già da pasqua

Con un annuncio a sorpresa, l'Opec+ ha deciso di tagliare la produzione di petrolio per più di 1 milione di barili al giorno. Il deficit si aggiunge al contestuale prolungamento del taglio russo di 500mila barili deciso a novembre scorso per rispondere alle sanzioni dei Paesi occidentali per la guerra in Ucraina. In sintesi: a partire da maggio e per tutto il 2023 sul mercato mancheranno più di 1,6 milioni di barili di petrolio.

Prima dell'annuncio ufficiale, il Paese più importante al mondo nel settore petrolifero, l'Arabia Saudita, aveva già detto che avrebbe diminuito la sua produzione di 500mila barili al giorno. In seguito, tutti gli altri membri dell'Opec+ hanno comunicato a cascata altri tagli, dai 144mila barili degli Emirati Arabi ai 40mila dell'Oman.

La decisione non era attesa a causa delle quotazioni relativamente alte del Brent e delle previsioni sulla domanda di petrolio, considerata in ascesa a causa della ripresa economica cinese dopo la fine delle restrizioni dovute al Covid: si stima che solo la Cina potrà arrivare a consumare 16milioni di barili al giorno. 

Cosa vuole l'Arabia Saudita

Che senso ha allora tagliare la produzione di petrolio? Il taglio viene considerato dagli analisti anche come una mossa politica ostile e di risposta dell'Arabia Saudita nei confronti degli Stati Uniti: l'amministrazione americana aveva utilizzato 26 milioni di barili delle riserve e ha annunciato non volerle rimpiazzare per tutto il 2023, per tentare di controllare l'inflazione.

L'Arabia Saudita ha risposto tagliando la produzione, una scelta che fa aumentare i prezzi, e di conseguenza le entrate. Tra l'altro, la corona saudita ha annunciato di recente una serie di corposi investimenti: 

  • 7 miliardi di dollari per una raffineria in Cina;
  • 8,5 miliardi per costruire un impianto di idrogeno verde a Neom vicino al confine giordano; 
  • 8,8 miliardi di dollari per nuove strutture turistiche sul Mar Rosso

In totale, il governo saudita prevede di investire circa 1,3 trilioni di dollari entro il 2030 con l'obiettivo di diversificare l'economia e renderla meno dipendente dalla produzione di petrolio: ma nell'immediato sarà proprio il greggio a finanziare questa transizione.

E infatti, dopo l'annuncio dei tagli dell'Opec allargata, le quotazioni del Brent - il principale indice di riferimento del petrolio in Medio Oriente, Europa e Africa - sono subito aumentate e nell'ultima rilevazione hanno superato gli 88 dollari a barile. Nell'ultima quotazione precedente l'annuncio dell'Opec il Brent era sotto gli 80 dollari.

Il prezzo del petrolio aumenta e fa salire benzina e diesel

La Russia gode?

L'Opec è andata dietro la decisione della Russia di tagliare la produzione di petrolio. Per le casse di Vladimir Putin è una buona notizia: prezzi più alti sui mercati compensano i tagli alla produzione e danno ossigeno al bilancio statale provato dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni occidentali.

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che i tagli annunciati sono "nell'interesse dei mercati globali dell'energia". La risposta dell'Unione Europea è stata di stizza, tramite il commissario Ue all'Energia, Thierry Breton: "Coloro che controllano i combustibili fossili stanno giocando. Vedono che i prezzi stanno scendendo perché la domanda dimnuisce, e allora producono di meno per aumentare i prezzi".

Così la "flotta fantasma" di Putin aggira le sanzioni sul petrolio

L'aumento dei prezzi non solo consente alla Russia di compensare il calo dei ricavi delle esportazioni dei prodotti energetici, tra tutti il gas, ma anche di bypassare il price cap sul petrolio: come si vede dal grafico dell'Ispi, le quotazioni ufficiali del petrolio russo - l'Urals -, hanno superato per la prima volta il tetto dei 60 dollari al barile deciso dai ministri del G7 e dall'Ue.

Il price cap e l'embargo al petrolio russo stanno funzionando? L'aumento dei prezzi non aiuta

Quando aumentano benzina e diesel

Ma quali sono le conseguenze finali per i consumatori? Il mercato ci sta già mandando dei segnali. Gli analisti di Ubs hanno calcolato che il taglio di Opec+ porterà un rincaro delle quotazioni di almeno 5 dollari, aumento che si contestualizza in uno scenari dominato dalla scarsità: l'Agenzia internazionale dell'energia già prima del taglio prevedeva un deficit tra il milione e il milione e mezzo di barili al giorno per la seconda metà del 2023. 

Goldman Sachs prevede invece che il Brent possa salire fino a 95 dollari entro la fine dell'anno, per poi salire a 100 dollari entro aprile 2024 proprio a causa della scarsa disponibilità sul mercato. Di conseguenza, benzina e diesel salgono di prezzo. Per di più, i prezzi alla pompa dei carburanti salgono nel momento in cui milioni di italiani si mettono in viaggio per Pasqua.

Quanto costa oggi la benzina

Le ultime rilevazioni del Ministero delle Imprese e del Made in Italy su circa 18mila impianti di carburante danno idea della situazione: la benzina verde al "servito" è tornata sopra i 2 euro, soprattutto negli impianti autostradali dove ha già raggiunto quota 2,499 euro al litro come ad esempio sulla A21 Torino-Piacenza, e lo stesso prezzo si registra per il diesel - sempre in modalità servito - sulla A12 Genova-Sestri.

Prezzo di benzina e diesel in aumento: quanto salgono i prezzi alla pompa con servito e fai da te

Sulla A1 Milano-Napoli la benzina arriva a costare 2,449 euro al litro, il diesel 2,349 euro al litro, mentre sulla autostrada A13 Bologna-Padova si spendono 2,399 euro al litro per la verde e 2,456 euro al litro per il diesel. Sulla A22 Brennero-Modena, poi, un litro di benzina costa fino a 2,439 euro, il diesel 2,389 euro. Prezzi elevati anche sulla A14 Bologna-Bari-Taranto (2,392 euro al litro la benzina in modalità servito, 2,449 euro il diesel) e sulla A15 Parma-La Spezia (verde 2,349 euro, diesel 2,449 euro). 

Come al solito si risparmia col fai da te, ma anche in questo caso i prezzi salgono in fretta: il prezzo medio della benzina è di 1,878 euro/litro, mentre il diesel è a 1,774 euro/litro. E con meno petrolio sul mercato non potranno che aumentare. 

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