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Venerdì, 19 Aprile 2024
L'intervista

Sulle concessioni balneari non è ammesso sbagliare: ecco perché

In programma una riunione del consiglio dei ministri per stabilire i criteri delle nuove gare. Si cerca l'equilibrio perfetto tra concorrenza e salvaguardia delle piccole imprese familiari. L'intervista a Marco Di Maio, deputato di Italia Viva

Sulle concessioni balneari è arrivato il momento di decidere, per dare certezze al settore e tutelare imprese e lavoratori che da anni attendono risposte. Stiamo parlando di un settore strategico per il nostro paese: in ballo c'è il futuro di 30 mila imprenditori, che generano un fatturato pari a 15 miliardi di euro l’anno, a fronte di 100 milioni di canoni per le casse dello Stato. In programma oggi pomeriggio un consiglio dei ministri per decidere le norme per lo svolgimento delle gare per le concessioni demaniali marittime a uso turistico-creativo, da inserire in un emendamento al ddl concorrenza all'esame del Senato. Il tutto per evitare una sanzione Ue collegata alla procedura di infrazione in corso. Le nuove regole sulle concessioni balneari, però, sembrano dividere la maggioranza. Mentre il centrodestra si sta battendo per far sì che i balneari possano mantenere lo status quo, il Movimento 5 stelle si schiera a favore delle gare pubbliche. "Abbiamo di fronte la magistratura e Palazzo Chigi che stanno cercando di fare tutto il possibile per mettere in liquidazione le spiagge italiane - ha dichiarato il presidente di Assobalneari, Fabrizio Licordari - . Lega e Fi stanno cercando di difenderci ma allo stesso tempo sorreggono il governo. Anche loro non conoscono il testo che andrà in cdm". Cosa succederà agli stabilimenti balneari a partire dall’1 gennaio del 2024, quando sarà scaduta anche l’ultimissima proroga? Abbiamo fatto il punto della situazione con il deputato di Italia Viva, Marco Di Maio, che proprio ieri ha detto "sì alla concorrenza e no alla mortificazione di chi in questi anni ha lavorato e ha contribuito anche alla crescita e allo sviluppo del sistema turistico nazionale".

Direttiva Bolkestein, intervento del Consiglio di Stato… cos’è successo alle concessioni balneari?

“Con la legge di Bilancio approvata a fine 2018 dal primo governo Conte, maggioranza Lega-5Stelle, il governo aveva fatto una proroga fino al 2033 delle concessioni in essere, pur sapendo che la cosa andava contro le normative europee e sarebbe stata rigettata. Molte imprese, convinte di aver le concessioni fino al 2033, hanno fatto degli investimenti sapendo di avere un periodo molto lungo per ammortizzare gli investimenti. Poi cos’è successo? Essendo la norma contraria ai regolamenti comunitari, quindi contraria all’ordinamento, dopo una lunga attesa durante la quale ci si aspettava che il legislatore, quindi o il governo o il parlamento, intervenisse per mettere ordine al sistema delle concessioni, il Consiglio di Stato ha dovuto sostanzialmente dichiarare l’inapplicabilità di quella norma di fine 2018. Quindi al momento le concessioni scadono al 31 dicembre 2023. La sentenza del Consiglio di Stato ha ammesso che fino al 2023 vada avanti il regime attuale delle concessioni per dare tempo agli operatori da una parte e alle istituzioni dall’altra di organizzarsi”.

L’intenzione del governo è ora quella di trovare il giusto equilibrio tra nuovi bandi e tutela di chi ha investito, come farà?

“Quello che si sta chiedendo ora è un intervento legislativo definitivo nel rispetto delle normative europee. L’inevitabilità delle gare è ormai acclarata, anche gli operatori che sono contrari sanno che le gare non si possono evitare, però nella inevitabilità delle gare per la concessione bisogna fare in modo che si rispetti la normativa europea, si facciano le gare, si favorisca la concorrenza, ma allo stesso tempo, questo è il punto più delicato, si tutelino le imprese che hanno investito sinora. E' vero che queste imprese hanno generato dei profitti però è anche vero che l’industria del turismo si è sviluppata soprattutto grazie agli investimenti dei privati fatti su beni di proprietà pubblica, che ora vengono messi a gara. Quindi, nel metterli a gara, bisogna o riconoscere un punteggio più alto agli operatori che hanno gestito sinora, e quindi riconoscerli attraverso perizie, diciamo attraverso atti non discrezionali, atti oggettivi. Bisogna assegnare un punteggio che li favorisca nella partecipazione a bando di gara qualora decidano di partecipare al bando, oppure, sempre attraverso asseverazioni oggettive e non soggettive, di riconoscimenti economici per chi magari decide di non partecipare alla gara oppure partecipa alla gara ma non la vince. La questione è questa, è delicatissima perché a cavallo tra il rispetto dei regolamenti europei, delle normative a cui l’Italia aderisce pienamente, e la tutela di imprese private, famiglie, migliaia di lavoratori che hanno operato in questi anni”.

Secondo lei potrebbe esserci una ulteriore proroga delle concessioni balneari?

“Tendo ad escludere una proroga generale di tutte le concessioni in essere anche perché c’è una sentenza del Consiglio di Stato che già proroga fino al 31 dicembre 2023. C’è un lasso di tempo ragionevole per trovare una soluzione giuridica. Quello che secondo me deve essere fatto è capire, nel rispetto delle norme europee, come tutelare da un lato i principi della concorrenza e dall’altro quello di gente che ha investito, creato posti di lavoro, un indotto economico che esiste. Questo penso sia l’oggetto della discussione in queste ore al governo”.

Che cosa succederà dal 1 gennaio 2024 sulle nostre spiagge?

“Tutto dipende da come si imposteranno le gare. Se le gare saranno impostate in maniera tale da far prevalere non il dato economico ma il progetto imprenditoriale, la qualità dei servizi offerti, la possibilità anche di migliorare i servizi in essere - non una gara sui costi ma una gara sui servizi, sui progetti e sullo sviluppo dei nostri beni -, credo che dal 2024 potremmo avere una condizione migliore rispetto a quella di oggi. Se invece sarà una competizione priva di qualsiasi tutela e vincolo che protegga in qualche modo gli investimenti fatti sinora, rischiamo non solo di trovarci nel caos e nella dismissione anche di progetti e investimenti fatti che hanno dato risultato positivi in questi anni. Rischiamo anche di trovarci interi pezzi di litorale detenuti da una o poche realtà imprenditoriali o anche da un unico soggetto magari internazionale totalmente slegato dal territorio, che magari non ne consce le dinamiche e che in qualche modo va a depauperare il patrimonio di credibilità che ci siamo costruiti in questi anni”.

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La mano dello straniero viene vista come una criticità?

“No, assolutamente. Viene vista in maniera critica la mano del monopolista. Noi rischiamo, paradossalmente, se non facciamo un intervento equilibrato, di promuovere in teoria la concorrenza ma nei fatti promuovere un oligopolio di pochi soggetti, se non mettiamo alcuni paletti. Se le gare sono impostate solo sull’aspetto dei costi, ad esempio se si mettesse a gara anche il prezzo del canone, allora un colosso finanziario con ingenti disponibilità economiche potrebbe riuscire a scacciare tutti gli operatori da anni legati al territorio, che hanno investito e fatto progetti e che conoscono bene la dinamica di quella fetta di territorio. Il rischio è che questi soggetti comprino anche 10 concessioni, una dopo l’altra, perché hanno le risorse finanziarie per farlo e non hanno problemi a spendere milioni di euro all’anno per le concessioni. Il canone magari può essere aumentato da parte dello Stato, lo valuteranno al ministero dell’economia, però mettere a gara il prezzo di un bene pubblico, di fette del nostro litorale, è come mettere a gara un monumento. Non stiamo parlando di una casa o di un immobile, stiamo parlando di pezzi del nostro territorio e non possono avere un prezzo discrezionale, ma fissato dallo Stato”.

Cosa ne sarà delle piccole realtà familiari?

“Le piccole realtà che magari hanno fatto investimenti importanti, si sono indebitate, certamente ribadisco hanno anche fatto dei profitti, sono realtà che proprio perché legate al territorio oltre al profitto hanno guardato molti altri aspetti: alla credibilità, alla reputazione, alla qualità dei servizi. Se non tuteliamo questi aspetti e facciamo prevalere quelli semplicemente e puramente economici - parametri finanziari - andiamo a mio avviso a snaturare un’offerta turistica che in Europa è unica. Quello che c’è in Italia sull’offerta turistica balneare non c’è in altri paesi o se c’è è infinitamente ridotta e di minor appeal rispetto a quello che abbiamo noi”.

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