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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Conti correnti e servizi bancomat: perché c'è il rischio di nuovi rincari

Secondo la Cgia l'aumento del carico fiscale potrebbe convincere le banche a riversare i maggiori costi sulla clientela: "Bisognerà vigilare affinché non ci siano aumenti ingiustificati"

Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, quasi certamente la pressione fiscale nel 2019 arriverà a sfiorare il 43%. "Nel dicembre scorso il ministero dell'Economia aveva previsto una crescita dell'1% del Pil che avrebbe contribuito a far salire di poco la pressione fiscale del 2019, esattamente al 42,3%. Ora, con un Pil che quasi sicuramente supererà di poco lo zero, il peso fiscale è destinato ad aumentare in misura più consistente rispetto alle previsioni. In questo momento, tuttavia, è ancora prematuro stabilirne la portata: per avere maggiore contezza dovremo aspettare i dati della trimestrale di cassa. L'asticella, comunque, è destinata a salire ed è molto probabile che si attesterà appena sotto la soglia del 43%", spiega l'associazione di Mestre.

Perché la pressione fiscale aumenta (ma non pagheremo più tasse)

Tuttavia, l'aumento della pressione fiscale non vuol dire che pagheremo più tasse: "La pressione fiscale, infatti, è data dal rapporto tra le entrate fiscali e quelle contributive sul Pil. Se si abbassa sensibilmente il denominatore - precisa comunque la Cgia - è quasi certo che il risultato del rapporto è destinato ad aumentare in maniera significativa".

Conti correnti e servizi bancomat: rischio di nuovi rincari

E però impossibile escludere l'eventualità di nuovi rincari e tasse "nascoste". Il rischio esiste e non è trascurabile.  La Cgia ricorda che gli unici soggetti economici che subiranno un deciso aumento del carico fiscale saranno le banche, le assicurazioni e le grandi imprese. Se per i primi due soggetti l'aggravio di imposta nel 2019 sarà pari a 1,8 miliardi di euro, per i secondi il maggior gettito peserà per 2,5 miliardi di euro.

"Non è da escludere -  spiega il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo - che gli istituti di credito riversino sulla clientela i maggiori costi causati dall'inasprimento fiscale. Come? Ritoccando all'insù le commissioni bancarie che, ricordo, incidono ormai per il 40 per cento circa dei ricavi netti delle banche. In buona sostanza, bisognerà fare molta attenzione affinché i costi dei conti correnti, i servizi bancomat/carte di credito, le operazioni di incasso/pagamento, la collocazione dei titoli e le gestioni patrimoniali non subiscano aumenti ingiustificati".

La possibile manora correttiva

Nonostante le rassicurazioni di via XX settembre, nessuno infatti può escludere una "manovra correttiva" per rimettere in sesto il bilancio. A questo proposito la Cgia ricorda che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, rischiano di mancare all'appello 4 miliardi di  gettito dalla rottamazione delle cartelle esattoriali. Dalla privatizzazione di beni dello Stato le casse pubbliche dovrebbero 
incassare 18 miliardi di euro. Un obbiettivo che a oggi sembra sovrastimato. Senza contare che con l'introduzione della fatturazione 
elettronica il fisco punta a incassare un gettito aggiuntivo di 2 miliardi. Un importo che ai più sembra difficilmente raggiungibile.

Rischio 

La revisione al ribasso della crescita ha messo drammaticamente in luce non solo il rallentamento in atto della nostra economia e la difficoltà di mantenere in ordine i nostri conti pubblici, ma anche un probabilissimo aumento della pressione fiscale che nel 2019 rischia di sfiorare il 43%. Lo dice la Cgia. "Sia chiaro: ciò non vuol dire che le famiglie e le imprese pagheranno più tasse.

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