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Sabato, 3 Giugno 2023
Economia Italia

Prestiti no grazie: "Finanziamenti a fondo perduto o a ottobre sarà dura tenere aperto"

La quasi totalità degli imprenditori e dei liberi professionisti italiani non ha ritenuto conveniente indebitarsi ulteriormente per risolvere i propri problemi di liquidità. È la Cgia di Mestre a lanciare l'allarme deflazione

Quasi 9 piccole medie imprese su 10 non hanno chiesto nessun prestito legato all'emergenza coronavirus. Lo rileva l'Ufficio studi della Cgia, il "sindacato" di categoria degli artigiani che segnala come dal 17 marzo al 25 giugno scorso le domande pervenute al Fondo di garanzia del Ministero dell`Economia e delle Finanze sono state 715.776, per un importo complessivo di finanziamenti richiesti dalle imprese pari a 41 miliardi di euro.

"Sebbene in termini assoluti queste cifre appaiono estremamente significative, correttezza statistica suggerisce che sia preferibile dimensionare l'entità di questo fenomeno attraverso il calcolo dell`incidenza delle domande di finanziamento presentate al Fondo sui potenziali beneficiari di queste misure" afferma la Cgia.

Basta infatti tenere conto di quanti siano i possibili fruitori di questi provvedimenti: 5.460.000 unità. Questo significa che a seguito delle oltre 715.700 domande presentate in questi 3 mesi, solo il 13 per cento del totale degli imprenditori e dei liberi professionisti italiani è ricorso a questi aiuti economici

Insomma, quasi 9 Pmi su 10 non hanno chiesto alcun prestito. "Sia chiaro - segnala il coordinatore dell`Ufficio studi Paolo Zabeo - se i numeri sono così contenuti la responsabilità non è delle banche e nemmeno del Fondo di garanzia, ma è riconducibile al fatto che lo strumento ha suscitato pochissimo interesse tra gli imprenditori". 

"Tuttavia - prosegue Zabeo - con un passivo bancario in capo a ciascuna piccola impresa che in Italia ammonta mediamente a circa 100 mila euro, la quasi totalità di queste realtà produttive non ha ritenuto conveniente indebitarsi ulteriormente per risolvere i propri problemi di liquidità".

"Avrebbero bisogno di contributi a fondo perduto che fino ad ora sono stati erogati in misura del tutto insufficiente".

Anche il segretario della CGIA, Renato Mason, non manca di sottolineare la necessità di sostenere economicamente le attività imprenditoriali: "In un momento di grave crisi economica come questo, non è il caso di fare polemiche, tanto meno di accusare chicchessia di inefficienza o scarsa sensibilità nei confronti delle nostre Pmi. Tuttavia, è necessario consentire alle aziende di ottenere la liquidità con più facilità, mettendo gli istituti di credito nelle condizioni di farlo. A parità di costi, o quasi, ma con fatturati in caduta libera, se nei prossimi due o tre mesi le piccole aziende non avranno a disposizione la liquidità necessaria per far fronte alle esigenze di ogni giorno. 

In autunno - questo è l'allarme - molte di queste imprese non avranno la forza di rimanere aperte, con effetti occupazionali molto preoccupanti. Le realtà produttive medio piccole (meno di 50 addetti) occupano complessivamente due terzi degli addetti del settore privato.

L'Ufficio studi della Cgia segnala poi come senza liquidità, il Paese "potrebbe scivolare pericolosamente verso la deflazione". È un rischio che ha già fatto capolino nel mese di maggio quando l'indice dei prezzi al consumo è stato del -0,2 per cento sia su base annua che mensile. La deflazione, ricordiamo, si manifesta con un progressivo calo dei prezzi dei beni e dei servizi.

Coronavirus, ad ottobre si rischia la deflazione

Ad un primo acchito la cosa parrebbe positiva: se i prezzi scendono i consumatori ci guadagnano. Ma in realtà durante i periodi di deflazione benché i prezzi diminuiscano, le famiglie non acquistano, poiché, a causa delle minori disponibilità economiche e delle aspettative negative, quel poco che viene venduto comporta, per i dettaglianti, margini di guadagno sempre più risicati. La merce, rimanendo negli scaffali dei supermercati e nelle vetrine dei negozi determina una situazione di difficoltà per i commercianti, ma anche per le imprese manifatturiere che, a fronte di tanto invenduto, sono costrette a ridurre la produzione.

"Tutto questo inizialmente dà luogo a un aumento del ricorso alla cassa integrazione che poi sfocia in una forte impennata dei licenziamenti. Insomma, si crea un circolo vizioso che getta nello sconforto l`economia del Paese. Per superare questa situazione, pertanto, è necessario iniettare elevate dosi di liquidità nel sistema economico erogando credito alle famiglie, alle imprese e rilanciando gli investimenti, attraverso la realizzazione di quelle opere pubbliche che sono necessarie alla crescita del Paese".

"Avendo sperimentato che i prestiti bancari previsti dal "Cura Italia" e dal decreto "Liquidità" non hanno dato i frutti sperati, riteniamo sia necessario rafforzare l`erogazione degli indennizzi diretti alle imprese che sono state "piegate" dal COVID, almeno fino alla fine di settembre" afferma la Cgia.

A livello territoriale le Marche, con il 17,8 per cento, hanno registrato la più alta incidenza di domande a livello nazionale di prestito bancario presentate con l`ausilio del Fondo di garanzia sul numero di Pmi e di lavoratori autonomi ubicati in regione. Seguono l`Emilia Romagna con il 16,4 per cento, la Toscana con il 16,2 per cento e l`Umbria con il 14,8 per cento. Com`era prevedibile, le realtà territoriali del Mezzogiorno presentano l`incidenza più bassa: la Calabria, infatti, fa segnare l`11,1, la Sicilia l`11, il Molise il 10,9, la Sardegna il 10,5 e la Campania il 10 per cento. Fanalino di coda a livello nazionale è il Trentino alto Adige che ha fatto segnare solo il 5,1 per cento di adesioni.

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