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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia Italia

Il coronavirus taglia gli stipendi di 300 euro al mese

La cassa integrazione Covid ha comportato per i lavoratori dipendenti una perdita di 600 euro nel bimestre marzo-aprile. E intanto una donna lavoratrice con figli guadagna il 53% in meno all'anno rispetto ad una donna senza figli

La pandemia e l'utilizzo massiccio della cassa integrazione hanno significato per i lavoratori dipendenti una perdita media di 300 euro al mese sulla busta paga nel bimestre marzo aprile (il 22,5%) e una riduzione di 220 euro al mese (il 17%) nel bimestre maggio giugno. È una delle conclusioni presenti nella Relazione annuale dell'Inps presentata oggi.

Come il coronavirus taglia gli stipendi di 300 euro al mese

Secondo l'Inps grazie alla cassa integrazione con causale Covid le aziende hanno avuto una riduzione del monte salari, rispetto al costo medio per dipendente, del 58% nel primo bimestre e del 33% nel secondo bimestre. Ha usato la cassa integrazione Covid il 55% delle imprese mentre i lavoratori coinvolti sono stati il 40%. Se la Cig per Covid ha salvaguardato nei primi due mesi di epidemia circa 5,5 milioni di lavoratori ha però anche tagliato, tra marzo e aprile, le buste paga di quasi 600 euro lordi. Una sforbiciata ai salari che si è comunque attenuata nel bimestre successivo, maggio-giugno, per la riduzione delle ore di cig e che è scesa a 440 euro: rispetto ai 2600 euro medi lordi (1300 euro al mese a bimestre) percepiti prima dell'emergenza sanitaria infatti, la perdita tra marzo e aprile è stata pari al 22,5%; più leggera, intorno al 17%, invece, nei due mesi a seguire. 

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E c'è anche da notare che una donna lavoratrice con figli guadagna il 53% in meno all'anno rispetto ad una donna senza figli: circa 5.700 euro in meno in busta paga all'anno, secondo uno studio Inps contenuto nella Relazione presentata al Parlamento che va a comparare, nell'arco di 15 anni, la 'carriera' lavorativa delle neomamme rispetto a quelle che non optano per la maternità. A 'pesare' sulla busta paga di chi sceglie i figli c'è una serie di fattori: il 6% è dovuto alla riduzione del salario settimanale, l'11,5% è dovuto al part-time e il 35,1% dovuto al minore numero di settimane retribuite. Una donna con figli, infatti, stima ancora l'Inps, lavora mediamente 11 settimane in meno di una donna senza figli. Nonostante questo, si legge ancora nel Rapporto, la tendenza è quella di rinviare la nascita del primo figlio, "che influisce sulla fertilità complessiva per il limitato intervallo di tempo che rimane per le nascite successive". L'età media delle donne al primo parto è infatti aumentata drasticamente nella maggior parte dei paesi Ocse: da 24,1 anni nel 1970 a 30 anni nel 2017. In Italia l'età media al primo parto ha raggiunto i 32,1 anni nel 2019.

Il salario minimo a 9 euro

E l'Inps si schiera anche sull'introduzione di un salario minimo orario di 9 euro lordi, comprensivi di Tredicesima ma non di Tfr, che si trasformerebbe in un aumento netto in busta paga per circa 2,8 milioni di lavoratori, il 18,4% del totale: sarebbero infatti sottosoglia oltre 552mila mila tra colf e badanti, l'80%; oltre 2 mln di dipendenti privati, il 14,8%e 262mila operai agricoli, il 25%. Un tema a cui guarda con attenzione anche il governo che aveva, prima del lungo lockdown, aperto un tavolo di confronto con i sindacati.

L'aumento del salario così pensato peserebbe essenzialmente sulle imprese per circa 4 mld mentre pèorterebbe nella casse dello Stato circa 1,5 mld tra maggiori contributi, Irpef, Addizionali. Per i lavoratori il beneficio in termini di reddito disponibile complessivo ammonterebbe a circa 3,3 mld generando così un calo dell'intensità della povertà complessiva. Con l'asticella del salario minimo a 9 euro ma senza Tfr nè Tredicesima, dunque con una visione piu restrittiva, ancora l'Inps, avrebbero invece una busta paga più pesante il 26,2% dei lavoratori dipendenti privati, che scenderebbero al 20,1% per una soglia di 8,50 euro e al 13,8% per una soglia di 8 euro, e il 90,2% dei lavoratori domestici che scenderero al 75,3% se l'asticella dell'aumento fosse abbassata a 8 euro.

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