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Mercoledì, 17 Aprile 2024
Economia

Consumi, in fumo 1.900 euro a testa a causa della pandemia (e il Pil crolla ancora)

Analisi sui consumi regionali nel 2020 dell'Ufficio Studi di Confcommercio: nessuna area del Paese è stata risparmiata. Secondo i nuovi dati Istat, il prodotto interno lordo è diminuito del 12,8% rispetto al trimestre precedente: mai così male dal 1995

La crisi economica picchia duro. In fumo 116 miliardi di consumi nel 2020, 1.900 euro a testa, a causa della pandemia di coronavirus. E' un effetto-Covid a diverse velocità quello che emerge dall'analisi dei consumi nelle regioni italiane per il 2020: se a livello nazionale la previsione è di un calo del 10,9% (pari a una perdita di 116 miliardi, 1.900 euro pro capite), il Nord risulta l'area più penalizzata (-11,7%), con quasi il 60% del calo complessivo concentrato nelle sue otto regioni e con la Lombardia che registra la maggiore perdita in valore assoluto (oltre 22,6 miliardi di consumi), mentre nel Mezzogiorno la riduzione della spesa sul territorio è più contenuta (-8,5%) a causa della minor presenza di turisti stranieri e di una minore caduta dei redditi. Questi i principali risultati che emergono dall'analisi sui consumi regionali nel 2020 dell'Ufficio Studi di Confcommercio.

In ogni caso, il quadro complessivo appare sconfortante e in tutti i territori, per differenti ragioni, dovrebbero trascorrere almeno cinque anni per tornare ai livelli di spesa pro capite del 2019. Rimangono, pertanto, fondamentali riforme strutturali, da finanziare in parte con i fondi europei, per tornare a crescere a ritmi più coerenti con le legittime aspettative di famiglie e imprese.

Si conferma una forte eterogeneità nei tassi di variazione della spesa per consumi regionali nel 2020. Si passa, infatti, da una riduzione a prezzi costanti del 7,2% in Molise (la più contenuta) al -16,0% del Trentino Alto Adige (la caduta più profonda). In termini di perdita di valore il Nord, nel complesso, rimane l'area più penalizzata: dei 116 miliardi di consumi in meno stimati per l'anno in corso oltre 65 (quasi il 57%) derivano dalle otto regioni settentrionali (che nel 2019 pesavano per il 52% dei consumi sul territorio del totale Italia).

In termini di consumi per abitante, la caduta della spesa sul territorio nel 2020 ammonterebbe, appunto, a 1.900 euro a testa, riportandone il livello alla metà degli anni '90, un'evidenza che conferma l'unicità dell'anno in corso nella storia economica italiana del dopoguerra.

"Nessuna area del Paese è stata risparmiata dalle conseguenze del Covid. Nell'anno in corso perderemo oltre 116 miliardi di consumi e circa 9,5 punti di Pil. Per tornare a crescere, grazie anche ai fondi europei, servono provvedimenti più incisivi e rapidi nella loro applicazione. Il tempo non gioca a nostro favore e i nodi fiscali e burocratici che rallentano la crescita devono ancora essere risolti" commenta il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.

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Fonte tabella: Confcommercio

Codacons: "Crisi sui consumi sarà peggiore del 2008" 

"La crisi generata dall'emergenza Covid  avrà sui consumi delle famiglie effetti peggiori della crisi economica scoppiata nel 2008, quando in Italia si registrò un generalizzato  impoverimento con conseguenze a cascata su tutti gli indicatori  economici". Lo afferma il Codacons, commentando lo studio diffuso oggi da Confcommercio.

''Secondo l'organizzazione dei commercianti l'epidemia da Covid  brucerà nel 2020 116 miliardi di consumi con una media di 1.900 euro a testa", commenta il presidente Carlo Rienzi. "Numeri che superano gli  effetti della crisi economica del 2008, quando vennero bruciati circa  80 miliardi di euro di consumi, con una riduzione della spesa pari a  1.330 euro a cittadino", aggiunge Rienzi.

"E' proprio il crollo dei consumi registrato nel nostro paese a  seguito del coronavirus sta avendo impatti fortissimi sull'economia,  con effetti a cascata sui prezzi al dettaglio, sul commercio,  sull'occupazione e sull'industria. Per tale motivo chiediamo al  Governo incrementare il potere d'acquisto dei cittadini attraverso  misure strutturali ed efficaci e senza ricorrere a bonus a pioggia che rappresentano soluzioni estemporanee che non producono effetti sul  lungo periodo", conclude Rienzi.

Pil, Istat: "Mai così male dal 1995"

Nel secondo trimestre del 2020 il prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito del 12,8% rispetto al trimestre precedente e del 17,7% nei confronti del secondo trimestre del 2019. Si tratta di flessioni mai registrate dal 1995. Lo ha reso noto l'Istat che ha rivisto al ribasso la stima preliminare della variazione congiunturale del Pil diffusa il 31 luglio che era stata del -12,4% mentre quella tendenziale del -17,3%.

Il secondo trimestre del 2020 ha avuto una giornata lavorativa in meno sia rispetto al trimestre precedente sia nei confronti del secondo trimestre del 2019. La variazione acquisita per il 2020 è pari a -14,7%. "La stima completa dei conti economici trimestrali conferma - è il commento dell'Istat - la portata eccezionale della diminuzione del Pil nel secondo trimestre per gli effetti economici dell'emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate, con flessioni del 12,8% in termini congiunturali e del 17,7% in termini tendenziali, mai registrate dal 1995".

A guidare prepotentemente la caduta del Pil "è stata soprattutto la domanda interna, con un apporto particolarmente negativo dei consumi privati e contributi negativi rilevanti di investimenti e variazione delle scorte. Anche la domanda estera ha fornito un apporto negativo, per la riduzione delle esportazioni più decisa di quella delle importazioni.La contrazione dell'attività produttiva si è accompagnata a una marcata riduzione dell'input di lavoro in termini di Ula e ore lavorate, mentre le posizioni lavorative hanno subito un calo meno marcato".

Nel secondo trimestre, il Pil è diminuito in termini congiunturali del 9,1% negli Stati Uniti, del 13,8% in Francia e del 9,7% in Germania. In termini tendenziali, si è registrata una diminuizione del 9,1% negli Stati Uniti, dell'11,3% in Germania e del 19% in Francia. Nel complesso, il Pil dei paesi dell'area Euro è diminuito del 12,1% rispetto al trimestre precedente e del 15% nel confronto con il secondo trimestre del 2019. Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in diminuzione, con cali dell'8,7% per i consumi finali nazionali e del 14,9% per gli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono diminuite, rispettivamente, del 20,5% e del 26,4%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per -9,5 punti percentuali alla contrazione del Pil, con -6,7 punti dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private Isp, -2,6 punti degli investimenti fissi lordi e -0,2 punti della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (AP). Anche la variazione delle scorte e la domanda estera netta hanno contribuito negativamente alla variazione del Pil, rispettivamente per -0,9 e -2,4 punti percentuali. Si registrano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti, rispettivamente, del 3,7%, del 20,2% e dell'11%.

"Crollo drammatico. Il peggioramento delle stime dell'Istat rispetto a quelle diffuse il 31 luglio rende ancora più difficile l'obiettivo del ministro Gualtieri di contenere a -8% l'impatto dello shock della pandemia sul Pil di quest'anno". Lo afferma Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori, commentando i dati diffusi in mattinata dall'istituto di statistica. "Il calo dell'8,7% dei consumi finali nazionali e, soprattutto, la caduta dell'11,3% della spesa delle famiglie residenti assume risvolti catastrofici per la nostra economia. Inutile dire che, dato che i consumi delle famiglie rappresentano il 60% del Pil, la chiave di volta per risollevare il Paese è ridare capacità di spesa a chi ha avuto una caduta del proprio reddito disponibile", conclude Dona

Le pandemie segnano inevitabilmente delle cesure nella storia. La crisi del 2008 portò a una caduta del Pil del 2,2%, in una situazione tutto sommato stabile: adesso gli scenari sono peggiori. Lo storico delle crisi economiche causate da pandemie indica che il secondo anno c’è solitamente un forte recupero dopo la caduta del primo, e tutto può essere quasi "riassorbito" nel terzo secondo le previsioni più ottimistiche. La strada è ancora lunga. Le recessioni globali sono eventi sismici, che cambiano radicalmente i territori su cui si sviluppano le economie. Oggi come oggi le prospettive dell’economia italiana a medio termine sono ancora avvolte da un alto grado di incertezza.

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