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Martedì, 23 Aprile 2024
Economia

Dazi Usa, le aziende italiane delle armi sono salve: che cosa "c'è dietro"

La stangata dei dazi Usa potrebbe abbattersi su molti prodotti italiani, ma le armi non rientrano nella lista. Beretta (Opal) a Today: "Il settore armiero italiano è capace non solo di propagandare la propria immagine, ma soprattutto di coltivare il proprio esclusivo interesse"

La temutissima stangata dei dazi Usa potrebbe abbattersi a breve su molti prodotti iconici del Made in Italy, dai formaggi al prosciutto a tanti altri: i dazi potrebbero riguardare ache il settore tessile e quello tecnologico, ad esempio. Il Dipartimento del Commercio statunitense ha reso nota una lista di prodotti su cui verranno applicati dazi che varieranno dal 10 al 25 per cento. I dazi doganali sono tributi applicati ai prodotti importati: sono pagati normalmente alla dogana e costituiscono introito fiscale per lo Stato. Detto in parole povere, imporre dei dazi è una precisa scelta di economia politica e ha l’obiettivo di privilegiare le industrie e le produzioni nazionali scoraggiando l’importazione di prodotti dall'estero.

L'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ha dato il via libera ai dazi statunitensi contro l’Ue, Bruxelles promette di rispondere. Il problema è serio. L'export italiano verso gli Usa vale 42 miliardi all'anno (dati del 2018), e nei primi otto mesi del 2019 è già stato registrato un aumento dell’8,9 per cento. La commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmstroem, promette che si lavorerà per trovare una soluzione equa, ma le contromisure sarebbero inevitabili nel caso Washington decidesse, come appare probabile, di andare fino in fondo. Per il Made in Italy la mazzata che si delinea all'orizzonte fa paura agli operatori economici. E ne hanno ben donde. Con un'eccezione: le armi da fuoco non rientrano nella lista dei prodotti che potrebbero essere sottoposti a dazi: come mai? Che cosa se ne può trarre?

Dazi Usa, perché le armi non sono incluse

"E’ alquanto singolare, ma non inspiegabile, che nell’elenco dei prodotti che l’amministrazione Trump intende sottoporre a dazi nei confronti dell’Unione europea non rientrino le armi da fuoco - dice a Today Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (OPAL) di Brescia. La decisione è singolare perché i dazi riguardano un’ampia serie di prodotti non solo del settore alimentare e tessile, ma soprattutto di media e alta tecnologia come motocicli, lenti di precisione, componenti per orologi. Non è però inspiegabile: in base ai dati del commercio internazionale riportati dall’Onu (ComTrade), gli Stati Uniti sono dopo l’Italia, il maggior esportatore mondiale di armi da fuoco e quindi temono che l’imposizione di dazi sulle armi possa  innescare una simile contromisura nei loro confronti. Una ritorsione che non sarebbe affatto gradita dalla lobby delle armi americana che, come risaputo, è una delle principali sostenitrici di Donald Trump”.

“Non si pensi però – aggiunge parlando con Today.it l’analista di OPAL – che il giro d’affari in questo settore sia così consistente. Sebbene gli Stati Uniti siano il principale acquirente di armi italiane, le esportazioni di armi comuni (pistole, revolver e fucili) dall’Italia agli Stati Uniti non superano, comprese le munizioni, i 220 milioni di euro all’anno. Una cifra importante, certo, ma molto meno consistente non solo in raffronto ad altri prodotti del made in Italy del settore alimentare come il vino (1,5 miliardi), la pasta (305 milioni) o le acque minerali (226 milioni), ma anche rispetto a manufatti di tecnologia simile o inferiore come gli apparecchi per uso domestico (261 milioni), le schede elettroniche (240 milioni) e finanche i prodotti di utensileria e ferramenta (355 milioni). A fronte cioè di 42 miliardi di euro di esportazioni dall’Italia verso gli Stati Uniti, le armi rappresentano solo una piccola parte. Ma, ed è questo il punto, va notato come il settore armiero italiano sia capace non solo di propagandare la propria immagine definendosi come un’eccellenza del made in Italy, ma soprattutto di coltivare il proprio esclusivo interesse rispetto ad altri settori che invece faticano a tutelarsi all’estero".

Secondo i dati del Commercio estero dell’Istat, gli Stati Uniti sono il principale acquirente di armi italiane: nel 2018 sono state esportate negli Stati Uniti, “pistole e rivoltelle” per un valore di oltre 39 milioni di euro (pari al 60,2% del totale esportato) e “fucili e carabine” per un valore di quasi 123 milioni di euro (pari al 49,2%). Sempre nel 2018, l’Italia ha importato dagli Stati Uniti, “pistole e rivoltelle” per un valore di poco più di 2,6 milioni di euro (pari al 31,3% del totale importato) e “fucili e carabine” per un valore di meno di 1,7 milioni di euro (pari al 14,2%).

Secondo i dati del commercio internazionale dell’Onu (ComTrade), nel 2018 i maggiori esportatori europei di “pistole e rivoltelle” verso gli Stati Uniti sono stati l’Austria (232 milioni di dollari), la Germania (75 milioni), la Repubblica Ceca (67 milioni), la Croazia (53 milioni) e l’Italia (47 milioni). Sempre nel 2018, i maggiori esportatori europei di “fucili e carabine” verso gli Stati Uniti sono stati l’Italia (144 milioni di dollari), la Spagna (32 milioni), la Germania (22 milioni), il Regno Unito (16 milioni) e il Belgio (16 milioni).

Dazi Usa: la mappa e i Paesi coinvolti

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La scure dei dazi Usa si abbatte sul Made in Italy, colpendo con una tariffa del 25% pecorino romano, parmigiano reggiano, provolone e prosciutto. Nell'elenco figurano anche il whiskey scozzese, i vini francesi, l'Emmental svizzero e la groviera. Dazi del 10% sugli aerei commerciali. Mappa dei Paesi Ue con i principali prodotti colpiti dai dazi in un'infografica realizzata da Ansa-Centimetri.

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