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Sabato, 20 Aprile 2024
Cosa cambia?

Il diritto alla disconnessione per il lavoratore in smart working

Cosa prevede l'accordo firmato da governo e sindacati per disciplinare il lavoro agile per i dipendenti privati. E basterà per cancellare le storture?

Da qualche ora lo smart working "all'italiana" è realtà, almeno nel settore privato (per la Pubblica amministrazione ci sono le apposite direttive messe a punto dal ministro Renato Brunetta). Il via libera da governo e sindacati al protocollo nazionale con le linee guida per disciplinare il funzionamento dello smart working - o lavoro agile - per i dipendenti privati è arrivato martedì scorso. Si tratta di un accordo, operativo da subito, che introduce regole nuove e più precise adottabili dalle aziende e dai lavoratori privati per accedere allo smart working anche in futuro, a prescindere dalla situazione emergenziale legata alla pandemia di covid (attualmente lo stato di emergenza in Italia scade il 31 dicembre 2021).

Le linee guida aggiornano quelle contenute nella legge numero 81 del maggio 2017, adottate finora nella fase di emergenza, e sono contenute in un protocollo firmato da ministero del Lavoro guidato da Andrea Orlando e dai sindacati (qui in Pdf). Cosa cambia in sostanza? Il "protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile" ha sedici articoli. Le regole prevedono che l'adesione allo smart working avvenga su base volontaria e sia subordinata alla firma di un accordo individuale. Chi lo sceglie, così come chi eventualmente lo rifiuta, non dovrà essere penalizzato né dal punto di vista salariale né di carriera.

Il diritto alla disconnessione in smart working

Tra le altre cose, l'accordo dovrà prevedere la durata del periodo di smart working - a termine o a tempo indeterminato -, l'alternanza tra i periodi di lavoro all'interno e all'esterno dei locali aziendali, l'eventuale esclusione di alcuni luoghi da quelli in cui è possibile lavorare a distanza, e gli strumenti con cui svolgere il lavoro, forniti dall'azienda salvo diversi accordi. E c'è la garanzia del cosiddetto "diritto alla disconnessione", una fascia oraria in cui i lavoratori non sono tenuti ad essere reperibili per motivi di lavoro.

Nel dettaglio, il protocollo sottolinea che "ferme restando le previsioni di legge e di contratto collettivo, la giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l'assenza di un preciso orario di lavoro e per l'autonomia nello svolgimento della prestazione nell'ambito degli obiettivi prefissati, nonché nel rispetto dell'organizzazione delle attività assegnate dal responsabile a garanzia dell'operatività dell'azienda e dell'interconnessione tra le varie funzioni aziendali". La giornata "smart" di lavoro può essere articolata in fasce orarie diverse, ma in ogni caso va individuata "una fascia di disconnessione" in cui non si lavora.

In altre parole, così come avviene nel pubblico, il dipendente del settore privato in smart working avrà diritto a un periodo di riposo consecutivo giornaliero non inferiore a 11 ore per il recupero delle energie psicofisiche. E questo anche se la prestazione lavorativa in modalità agile sia svolta senza un vincolo di orario, sempre nell'ambito delle ore massime di lavoro giornaliere e settimanali stabilite dai singoli contratti nazionali del lavoro.

L'equilibrio tra lavoro e vita privata

D'altronde, se lo smart working può aiutare nella gestione dei tempi lavorativi, quasi due anni di pandemia hanno dimostrato che un impegno che non rispetti i ritmi naturali dell'alternanza tra pausa e lavoro può essere pericoloso. Dilatare i tempi lavorativi oltre il dovuto quando si è in smart working, oltre a creare disorientamento tra momenti dedicati al lavoro e ore dedicate alla vita privata di ciascuno, non ha benefici sulla produttività del lavoratore nel medio-lungo termine. Disconnettersi è giusto perché restare sempre connessi non è sano né efficace.

Ecco perché il protocollo nazionale con le linee guida per disciplinare il lavoro agile nel settore privato rappresenta un accordo soddisfacente, quantomeno perché fissato nero su bianco. Queste regole rappresentano il quadro di riferimento, le linee di indirizzo su diritti e doveri per la futura contrattazione collettiva. Ma basterà un protocollo del genere per cancellare le storture dello smart working? Basterà per spazzar via il superlavoro e lo stacanovismo "da pandemia", attitudinale o imposto, del dipendente che riceve e risponde alle email - per dirne una - oltre l'orario consentito?

Non essendo riconosciuta come un diritto universale e a fronte di una normativa poco rigorosa, fino ad oggi spesso la disconnessione è rimasta perlopiù inattuata: la sua regolamentazione, rimessa ad un confronto tra le parti, ha favorito poche volte le legittime esigenze del lavoratore rispetto a quelle dell'impresa. Prima di questo accordo nel settore privato, alcune aziende hanno fatto della questione del diritto alla disconnessione un punto qualificante della loro policy aziendale. In alcuni casi, dopo la contrattazione con la controparte, si è arrivati a fissare nero su bianco i giorni di presenza e di lavoro in smart working settimanali, stabilendo anche i momenti quotidiani dedicati alle pause dal lavoro in coerenza con l'orario di impiego, le festività e il riposo giornaliero o settimanale, le ferie o la malattia.

Restano però casi isolati e non di sistema, almeno finora. A voler guardare il bicchiere mezzo vuoto, il rischio è che la genericità delle disposizioni possa far sì che la norma sul diritto alla disconnessione rimanga lettera morta, ancora una volta. Ma la speranza è che il pacchetto di regole fissate nel protocollo possa ristabilire l'equilibrio auspicato, tutelando i lavoratori in smart working nel rispetto degli obiettivi aziendali e dell'organizzazione del lavoro.

Gli altri punti del protocollo

Oltre al punto specifico sul diritto alla disconnessione, anche in smart working rimane la possibilità del lavoratore o lavoratrice di chiedere permessi per particolari motivi personali o familiari. Inoltre, a meno che non venga specificato il contrario nei contratti di lavoro, durante le giornate in cui si lavora in smart working non possono essere previsti e autorizzati turni straordinari. Nei casi di assenze legittime per malattia, infortuni, permessi retribuiti o ferie, "il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell'attività lavorativa".

E gli strumenti con cui svolgere il lavoro in smart working? "Fatti salvi diversi accordi", il protocollo specifica che "il datore di lavoro, di norma, fornisce la strumentazione tecnologica e informatica necessaria allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile". Le spese di manutenzione e di sostituzione della strumentazione sono a carico del datore di lavoro che ne resta proprietario. Per quanto riguarda la retribuzione, infine, il protocollo ribadisce che ciascun lavoratore o lavoratrice in smart working ha diritto allo stesso trattamento economico applicato alle persone che lavorano nei locali aziendali.

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