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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Partite Iva e Mario Draghi: cosa succede al regime forfettario

La flat tax per i lavoratori autonomi è a rischio? Il premier incaricato ha insistito molto sul concetto di progressività fiscale, ma su questo tema dovrà trovare un'intesa con la Lega

Che cosa devono aspettarsi le partite Iva dal governo Draghi? Nelle consultazioni con i partiti il presidente del consiglio incaricato “con riserva” ha insistito molto sul concetto di progressitività fiscale e sulla necessità di una seria lotta all’evasione. L’obiettivo è dunque rimodulare le aliquote Irpef ma tenendo un sistema progressivo e senza aggiungere nuove imposte. È apparso chiaro a tutti che sul fisco l’ex presidente della Bce parla una lingua diversa dalla Lega che ha fatto della flat tax ad aliquota unica un cavallo di battaglia. Il Carroccio ha incassato il colpo senza troppe proteste, rassicurato da Draghi sul fatto che il nuovo esecutivo non introdurrà nuove tasse né ha intenzione di varare una patrimoniale.

E gli autonomi? Il concetto di progressività del carico fiscale a ben vedere cozza con la riforma voluta proprio dalla Lega ai tempi del governo gialloverde che prevede la tassa unica al 15% per le partite Iva il cui fatturato non superi i 65 mila euro annui. La flat tax per gli autonomi rischia di saltare? Per adesso Draghi non si è sbottonato. Lo scorso 2 febbraio è stato il Presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UpB) Giuseppe Pisauro, ad evidenziare le criticità del regime forfettario. “Tale regime, a differenza dei precedenti, minimi e forfettari, – ha spiegato il presidente dell'Upb – non si configura come un'agevolazione a soggetti con attività professionale o di impresa marginale e non strutturata, ma come una vera e propria detassazione che riguarda il 60% dei lavoratori autonomi e imprenditori individuali e questo crea iniquità" nel sistema e "frena la crescita dimensionale delle imprese e incentiva la sottofatturazione dei ricavi: oltre i 65mila euro si fuoriesce dal regime e si rientra a pieno titolo nell'imposizione progressiva". Per questo Pisauro ha proposto un regime di tassazione duale: un’imposta con aliquota unica del 24% per il reddito da attività d’impresa e un sistema ad aliquote Irpef progressive per la remunerazione del professionista o dell’imprenditore.

Partite Iva: cosa succederà alla flat tax con il governo Draghi

Insomma, il regime forfettario è a rischio? Quello delle partite Iva è un tema delicato. Stando a quanto emerso finora dalle consultuazioni, la riforma del fisco che ha in mente Draghi è “una riforma organica” ha fatto sapere Bruno Tabacci, deputato di Centro democratico, al termine di un confronto con il premier incaricato. “Non c’è dubbio, non si andrà nella direzione della flat tax, ma di una riforma organica”. Il punto è capire se con la riforma organica che ha in mente Draghi saranno toccate anche le partite Ive con un reddito inferiore ai 65mila euro che ad oggi godono di un carico fiscale particolarmente vantaggioso. Il premier, come dicevamo prima, su questo punto si è mantenuto cauto. E nulla è trapelato dalle consultazioni con i partiti a Palazzo Chigi. Il rischio di una spaccatura è dietro l’angolo. D’altra parte va anche fatto notare che il regime agevolato non è stato abolito neppure dal governo giallo-rosso che pure avrebbe avuto tutto il tempo per mettere mano ad una riforma correttiva del sistema. Nelle finanziaria del 2020 sono stati introdotti sì nuovi paletti per usufruire della flat tax al 15%, ma la sostanza non è cambiata. Cosa succederà con Mario Draghi a Palazzo Chigi però è tutto da decifrare.

Certo è che dopo aver incassato il no alla flat tax, la Lega avrebbe dei seri problemi a giustificare al proprio elettorato (il famoso “nord produttivo”) un’eventuale abolizione della tassazione al 15% per le partite Iva. A meno che la nuova riforma non preveda un alleggerimento del carico fiscale, il ché sembra francamente difficile. D’altra parte se Salvini si è convertito all’europeismo è proprio per rappresentare le istanze degli imprenditori e degli autonomi, una parte importante dell’elettorato leghista che avrebbe mal digerito stare all’opposizione proprio ora che ci sono da spendere i soldi del recovery fund. Proprio per questo riteniamo poco probabile che il premier incaricato abolisca il regime agevolato con un colpo di accetta. Ma non è neppure escluso che intervena con qualche correttivo per rendere il sistema più equo e progressivo. Su questo punto però dovrà trovare un’intesa poltica con la Lega, sempre più decisa a fare da stampella a Draghi nel nuovo esecutivo. 

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