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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Festività soppresse e busta paga: cosa cambia per i lavoratori

Esistono dei giorni che un tempo venivano considerati festivi, ma che adesso non lo sono più: ecco quali sono

Avete mai sentito parlare delle festività soppresse? Si tratta di una voce presente nella classica busta paga, situata nei pressi degli spazi dedicati a ferie e permessi, che riguarda quei giorni che  in passato venivano riconosciuti dal nostro ordinamento come festività nazionali ma che oggi non lo sono più.

Nel dettaglio, ci sono delle festività che una volta erano riconosciute anche sul piano civile dalla legge 269/1949 e che di conseguenza permettevano al dipendente di assentarsi dal lavoro senza perdere il diritto alla retribuzione. Questi giorni, però, sono stati eliminati da successive disposizioni venendo così definiti come "festività soppresse".

Cosa cambia per il lavoratore

Anche se eliminate, però, le ex festività hanno comunque delle conseguenze per il lavoratore. Nel caso in cui cadano in un giorno infrasettimanale e lavorativo, infatti, al dipendente viene riconosciuto un permesso di cui può godere in qualsiasi momento.

Quali sono le festività soppresse

Quindi, per ogni festività soppressa al lavoratore viene riconosciuto un permesso extra ma quali sono quindi questi giorni? Tra le festività soppresse troviamo il giorno di San Giuseppe del 19 marzo, l'Ascensione del 10 maggio (39° giorno dopo la domenica di Pasqua), San Pietro e Paolo, che cade il 29 giugno (festività ancora riconosciuta a Roma), il Corpus Domini del 3 giugno 2018 (60° giorni dopo la domenica di Pasqua) e la Festa dell'Unità Nazionale del 4 novembre.

Quest'anno soltanto per San Giuseppe, l'Ascensione e San Pietro e Paolo è riconosciuto un giorno di permesso, dal momento che il Corpus Domini e la Festa dell'Unità Nazionale cadono di domenica. Non entrano quindi in busta paga come festività soppresse.

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