rotate-mobile
Martedì, 16 Aprile 2024

Fernando D'Aniello

Collaboratore

Il "pacco" dell'aumento del salario minimo

Una premessa: sono a favore dell’aumento dei salari, soprattutto in Germania che, dopo le riforme del governo Schröder ha visto crescere smisuratamente, soprattutto nei servizi, il settore dei salari bassi se non bassissimi. Lo stesso Schröder se ne vantava pubblicamente. Dunque, viva l’aumento del salario minimo a dodici euro l’ora, provvedimento che, secondo i calcoli, dovrebbe riguardare oltre sei milioni di lavoratori. Nessun problema, quindi, con questo provvedimento del governo tedesco? Confesso che, in realtà, mi sento a disagio. Perché, da un lato, sono certamente convinto che un po’ di ossigeno per quei milioni di lavoratori sia utilissimo e di questi tempi necessario. Dall’altro, però, non mi convince il modo con cui l’ossigeno viene somministrato e, anzi, ho la sensazione, forse dovuta alle mie origini meridionali, che l’aumento del salario minimo nasconda il solito pacco. Per due ordini di considerazioni.

La prima è nel merito. Di questo provvedimento in Italia si è molto parlato, non tutti sanno, però, che un primo aumento si avrà già dal primo luglio prossimo, quando il salario minimo arriverà a dieci euro e quarantacinque centesimi l’ora (dalla cifra attuale di nove euro e ottantadue centesimi). E chi l’ha stabilito? La commissione paritetica di imprese e sindacati che, secondo la legge tedesca sul salario minimo, ne indica l’importo. La cosa ha una sua logica e s’ispira alla storia delle relazioni industriali in Germania: sono imprese e sindacati che trattano, è a loro che è riconosciuto il diritto di definire un accordo. Si chiama autonomia delle parti sociali: qualcosa che richiede imprese responsabili e sindacati che sappiano fare il loro mestiere e stare alle regole del gioco. Ora questa legge, invece, prevede – ma “solo questa volta”, come hanno ipocritamente detto Olaf Scholz e il suo ministro del lavoro – che sia la politica a determinarne l’aumento. Una cosa pericolosa perché mette al centro proprio la politica che rischia, però, di trasformarsi così molto presto in un dispensatore di promesse modello Cetto LaQualunque: nella Linke, infatti, qualcuno ha subito detto che ci vuole un salario minimo da quindici euro. Chi offre di più?

Al di là delle battute, l’aumento lede effettivamente i diritti delle parti sociali – del resto il salario è uno degli aspetti di una trattativa, è importante, certo, ma non è l’unico – che, infatti, non ci stanno. In particolare, si fanno insistenti le voci di un possibile ricorso dinnanzi ai tribunali promosso dalle aziende, addirittura di quelle che già oggi offrono un salario superiore ai dodici euro l’ora. Da un lato l’aumento violerebbe lo spirito della legge, che attribuisce alla commissione la competenza di stabilire l’importo del salario, e, dall’altro, limiterebbe così l’autonomia di sindacati e imprese, costituzionalmente protetta. Dal governo fanno sapere di non temere il ricorso: la legge del 2015 ha introdotto anche l’importo del primo salario minimo, fissato a otto euro e cinquanta, una modifica è quindi possibile. E, tuttavia, non sarebbe la prima volta che le ambizioni politiche si vanno a scontrare con limiti tecnici - basti pensare alla legge per il tetto agli affitti di Berlino, considerata incostituzionale dal Tribunale costituzionale federale - e per la SPD, che ha voluto fortemente il provvedimento, sarebbe un fallimento enorme.

E qui veniamo alla seconda considerazione. La ragione politica di questo provvedimento sta nel fatto che la sinistra della SPD andava accontentata visto che Scholz, nello scontro interno al partito, l’aveva praticamente azzerata. E da parecchi anni la sinistra interna aveva fatto suo questo slogan dei dodici euro: nel corso delle trattative sul programma della coalizione di governo di ottobre e novembre scorsi – come già in quelle dentro al partito per la definizione del programma elettorale – erano scomparse tutta una serie di importanti rivendicazioni – l’universalizzazione delle casse sanitarie, il superamento del doppio sistema pubblico-privato nella sanità, interventi sul diritto immobiliare per calmierare gli affitti – e ci si era accontentati di questo aumento del salario minimo. E, infatti, i liberali hanno ben accolto questa misura: un po’ perché hanno neutralizzato le altre, ben più importanti, misure della socialdemocrazia. Un po’ perché se i tribunali annulleranno l’aumento, la colpa ricadrà tutta sulla SPD. 

Aumento che, per ovvie ragioni, deve essere fatto a breve: la commissione paritetica, infatti, avrebbe potuto portare già nel corso del 2023 il salario a livelli molto prossimi ai dodici euro e a quel punto il risultato strappato dalla SPD sarebbe stato davvero poca cosa. A questo punto, anche restando sul piano del mercato del lavoro, non è stato forse un errore puntare tutto su una rivendicazione tutto sommato simbolica e comunque una tantum? Ottenuto questo aumento, per giunta in un momento di inflazione considerevole, ai lavoratori e alle lavoratrici resterà ben poco. Qualche soldo in più certo, che fa sempre comodo. Ma l’azione del governo finisce qua, secondo il patto di coalizione. Nulla per aumentare poteri del consiglio di azienda, cioè per rendere più forti i lavoratori. E che, guarda caso, è fondamentale anche per tutelare quelle nuove forme di lavoratori come i riders che di recente dopo una dura battaglia, fatta anche di scioperi, si sono visti il diritto di eleggere il loro consiglio. Nulla sull’estensione del contratto di categoria, vero strumento indispensabile per aumentare i salari e i diritti. Quella dell’aumento del salario minimo appare la classica scorciatoia che avrà davvero pochi effetti positivi, probabilmente nemmeno dal punto di vista elettorale.

Insomma: viva l’aumento. Ma senza troppo entusiasmo.

Si parla di

Il "pacco" dell'aumento del salario minimo

Today è in caricamento