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Giovedì, 25 Aprile 2024
Situazione tesa / Russia

Non solo gas: cosa rischia l'Italia se scoppia la guerra tra Russia e Ucraina

Punto per punto, ecco perché dallo scoppio di un conflitto il nostro paese avrebbe molto da perderci (ma non converrebbe nemmeno a Putin)

Si parla molto in queste ore della situazione in Ucraina, con le crescenti preoccupazioni per un attacco militare da parte della Russia di Vladimir Putin e i tentativi della diplomazia internazionale di evitare il conflitto fra i due paesi. Nel complesso, la situazione rimane molto tesa e difficile da prevedere, in un balletto quotidiano che alterna le minacce di escalation ai segnali di distensione. Ma nello specifico cosa rischia l'Italia con una possibile guerra? Una cosa è certa: dallo scoppio di un conflitto il nostro paese avrebbe molto da perderci in termini economici, ma tutto sommato non sarebbe un grosso incentivo nemmeno per Putin. E non solo per via del gas e dell'eventuale shock energetico provocato da un'ipotetica chiusura dei rubinetti da Mosca verso l'Europa e l'Italia. Vediamo perché, nel dettaglio.

Quanto pesa il commercio Italia-Russia

Oltre agli scossoni sui mercati, con le conseguenti ricadute sui prezzi delle materie prime e un prevedibile tonfo finanziario che coinvolgerebbe tutti, il commercio è il primo fronte da analizzare. Quanto vale davvero la Russia per il commercio italiano? Il nostro paese è il settimo fornitore della Russia a livello globale, con una quota di mercato del 4,1% nel periodo gennaio-novembre 2021. Mosca rappresenta la quattordicesima destinazione al mondo per le merci italiane e lo scambio commerciale è pari a venti miliardi di euro. Non tantissimo, se pensiamo che lo scambio commerciale con gli Stati Uniti pesa il triplo.

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Secondo i dati dell'osservatorio economico del ministero degli Affari esteri consultati da Today, Mosca vale l'1,5% del fatturato per le aziende italiane che esportano. La quota di export verso la Russia è più rilevante per alcune imprese - come quelle che commercializzano prodotti tessili e dell'abbigliamento, macchinari e alimentari -, ma in generale le esportazioni italiane verso est si sono ridotte dopo l'invasione della Crimea da parte di Putin nel 2014, anche per effetto delle sanzioni internazionali e delle limitazioni al commercio. È evidente che le cose peggiorerebbero se lo "zar" decidesse di attaccare Kiev con l'esercito.

La questione del gas e l'interdipendenza a doppio filo

A parti invertite, il commercio con l'Italia è molto più significativo per Mosca: il nostro paese è infatti il nono mercato di destinazione dell'export della Russia, rappresentato in larga parte da petrolio e gas naturale. Il gas è senza dubbio l'arma commerciale e strategica più potente nelle mani di Putin: il blocco delle forniture avrebbe conseguenze pessime per tutta l'economia europea. L'Italia importa dalla Russia circa il 40% del proprio gas naturale, essenziale per il riscaldamento delle case e per generare energia elettrica. Questo vale in generale per l'Europa, perché i 27 paesi dell'Ue sono il principale partner economico per la federazione russa (il 67% del gas russo viene esportato in Unione europea).

Sul fronte energetico i rapporti tra Russia e Ue sono già abbastanza tesi negli ultimi mesi. L'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) sottolinea che dalla metà del 2021 le forniture di gas russe verso l'Europa sono più basse rispetto alle attese (-25%, addirittura -40% a gennaio), e anche per questo il prezzo del gas naturale in Europa in un anno è quasi quintuplicato. Il flusso "normale" è ripreso solo nelle ultime settimane. L'Ispi ha pubblicato una mappa che riepiloga i paesi maggiormente esposti a una crisi del gas dalla Russia, concludendo che tra i grandi paesi dell'Unione europea l'Italia è di gran lunga il più "dipendente" da Mosca.

L'interdipendenza energetica però è a doppio filo: la Russia è il nostro principale fornitore per gli approvvigionamenti di gas, ma è inequivocabile che noi rappresentiamo il miglior cliente sul mercato per Mosca, anche più della Cina (ricca di materie prime). Chiudere improvvisamente i rubinetti del gas rappresenterebbe quindi un guaio per noi, ma non converrebbe nemmeno a Putin.

I prezzi record di pane, pasta e biscotti

La crisi geopolitica in atto ha anche altre conseguenze economiche: le tocchiamo con mano da settimane. Le tensioni tra Ucraina e Russia gonfiano i prezzi non solo del mercato energetico, ma anche quelli delle materie prime agricole, soprattutto dei cereali. A dare l'allarme è la Coldiretti, ricordando che i due paesi garantiscono circa un terzo delle esportazioni mondiali di grano. A preoccupare è il fatto che un eventuale conflitto possa "danneggiare le infrastrutture e bloccare le spedizioni dai porti del Mar Nero, causando un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali e alimentando il rischio di carestie e tensioni sociali".

Il punto è che la Russia è il principale paese esportatore di grano a livello mondiale, mentre l'Ucraina si colloca al terzo posto, ed è inoltre quinta per i 36 milioni di tonnellate di mais per l'alimentazione animale e settima per i 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione di pane, pasta, biscotti. Come se non bastasse, la Russia ha deciso di limitare dal prossimo 15 febbraio - e fino al 30 giugno - le proprie esportazioni di grano, con l'obiettivo di contrastare l'aumento dell'inflazione interna.

L'indice dei prezzi alimentari della Fao, riferisce la Coldiretti, a gennaio 2022 ha già fatto registrare il massimo di sempre, con i prezzi dei cereali che sono aumentati del 12,5% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. L'emergenza riguarda direttamente l'Italia, che importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane, pasta e biscotti. Solo nel 2021 il nostro paese ha importato oltre 120 milioni di chili di grano dall'Ucraina e circa 100 milioni di chili di grano dalla Russia. La nostra dipendenza dall'estero è in crescita, dato che negli ultimi quattro anni si è passati da 543mila ettari di grano tenero coltivati in Italia agli attuali poco meno di 500mila ettari, per una produzione di circa 2,87 milioni di tonnellate.

I prezzi aumentano anche a causa del caro energia in Italia, con rincari di oltre il 50% per il gasolio: ecco perché sono raddoppiati i costi delle semine per la produzione di grano, facendo salire i prezzi di pane, pasta e biscotti. A fine gennaio, il prezzo internazionale del grano è aumentato di quasi il 10% in una sola settimana. Secondo Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, nell'immediato occorre "garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori non scendano sotto i costi di produzione, in forte aumento per i rincari delle materie prime alla base dell'alimentazione degli animali, come il mais". Per superare le fragilità presenti e ridurre la dipendenza dall'estero, "il Pnrr è fondamentale per affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale e noi siamo pronti per rendere l'agricoltura protagonista utilizzando al meglio gli oltre sei miliardi di euro a disposizione", ha concluso Prandini.
 

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