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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Ilva, scontro sui licenziamenti: si va verso lo sciopero

Mittal non ha alcuna intenzione di riconsiderare i numeri di occupati ed esuberi. I sindacati: “L'incontro è andato male, non ci sono condizioni per andare avanti”

Si è interrotta in maniera brusca la trattativa sull'Ilva tra i sindacati e Mittal, con l'azienda che si è detta non disponibile a riconsiderare i numeri degli occupati e degli esuberi e i sindacati. Con la chiusura definitiva del 'tavolo', lo sciopero sembra l'unica strada percorribile, a meno di grossi colpi di scena.

Saranno convocate assemblee informative per fare il punto della situazione ma sembra decisamente probabile che allo stato di agitazione già proclamato negli stabilimenti seguirà la proclamazione di uno sciopero, nazionale o sito per sito resta da vedere, comunque unitario. Questa la risposta di Fim Fiom e Uilm alla decisione di Mittal di confermare sia il piano sull'occupazione per 10mila riassunzioni che al 2023 scenderanno a 8.500 che i tagli previsti di 4mila lavoratori.

Uilm: "Non c'era altra scelta che sospendere la trattativa"

"L'incontro è andato male. Oggi non è stata sicuramente una buona giornata sul piano negoziale", dice leader Uilm, Rocco Palombella a termine della lunghissima riunione di oggi considerata dal sindacato "decisiva". Ma di fronte all'intransigenza di Mittal di rimettere mano al piano sull'occupazione ai sindacati - riferisce ancora Palombella - non è rimasta altra decisione che quella di sospendere la trattativa ''che ormai stancamente da diversi mesi andava avanti e restituire la parola ai lavoratori con assemblee sito per sito".

"Nonostante la disponibilità di Mittal ad aperture su altri capitoli oggi invece, non ha dato nessuna disponibilità alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Anzi ha ripetuto che per l'azienda valeva il piano industriale e che sarebbe stata d'accordo ad aumentare i numeri previsti da quel piano se noi avessimo convenuto che alla fine del 2023 l'occupazione sarebbe scesa ad 8500 lavoratori", prosegue.

"Abbiamo dunque deciso di evitare una trattativa dannosa, inutile e complicata per fare un passaggio con tutti lavoratori per decidere il da farsi", dice aggiungendo: "Mittal deve modificare la sua impostazione perché solo questo ci può far riprendere la trattativa ed avviare a conclusione questa vertenza".

"Non ci sono le condizioni per andare avanti"

Delusa ma determinata anche la Fiom: "allo stato attuale senza un cambio di posizione dell'azienda non c'è nessuna possibilità di procedere alla trattativa", scandisce il leader Fiom, Francesca Re David che ribadisce come "non ci siano le condizioni per poter andare avanti'' nel negoziato con Mittal. Mittal deve cambiare posizione. Se pensa di poter assumere 10.000 lavoratori con un decalage al 2023 a 8500 tagliando salari e diritti non va da nessuna parte", ripete guardando alla possibilità di proclamare uno sciopero, nazionale o sito per sito si vedrà alla fine del giro di assemblee che partirà a breve.

Lo stop alla trattativa è condiviso anche dalla Fim. ''Mittal ha dimostrato una forte rigidità alle nostre richieste e ha ribadito che il numero di dipendenti alla fine del piano debba essere di 8500 dipendenti", spiega anche il leader delle tute blu della Cisl, Marco Bentivogli. "Riteniamo, a fronte di tali rigide posizioni, che non ci siano le condizioni per poter andare avanti nella trattativa fin quando non saranno seriamente prese in considerazione le osservazioni dei lavoratori", aggiunge.

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