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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Ilva, lo 'schiaffo' di Calenda: cosa sta succedendo

Il ministro ha annullato l'incontro con la proprietà: “Mancano le garanzie, si confrontino con gli azionisti”. Intanto gli operai scioperano da Taranto a Genova

Nel giorno dello sciopero degli operai è saltato il tavolo sull'Ilva, dopo lo 'schiaffo'  del ministro Carlo Calenda che ha annullato l’incontro previsto per oggi al Mise “perché non ci sono garanzie sui salari”. Per il ministro, l’azienda dovrà tornare al tavolo dopo il confronto con gli azionisti. Se questo non dovesse avvenire “il governo sarebbe pronto a mettere in campo tutte le sue prerogative per il rispetto degli impegni presi”.

Decisione non gradita

Una decisione che l’azienda non ha gradito, il gruppo Arcelor Mittal ha replicato spiegando come non si stata fatta “alcuna ulteriore promessa a parte il numero di occupati” per gli stabilimenti. “Il resto sarà oggetto della negoziazione sindacale”, spiega in una nota. “Di conseguenza – scrive – è vitale che l’implementazione del nostro piano non venga ritardata, il che è nel miglior interesse dei suoi dipendenti, delle comunità interessate e della stessa economia italiana”. “Siamo contrariati dal fatto che non abbiamo potuto iniziare la negoziazione con I sindacati. Comprendiamo l’importanza dei livelli occupazionali per il Paese e infatti abbiamo mostrato flessibilità aumentando il numero degli occupati a 10.000 rispetto alla nostra offerta originaria”.

Sciopero di 24 ore

Intanto la giornata è iniziata in tutti gli stabilimenti Ilva, con la mobilitazione dei lavoratori proclamata dalle organizzazioni sindacali a sostegno della trattativa. Dai primi dati l’adesione a Taranto, Genova, Novi Ligure, è totale.

Genova, il corteo dei lavoratori Ilva (GenovaToday)

Assegnazione a rischio

 L’assegnazione definitiva dell’Ilva alla Am Investco Italy, controllata da Arcelor Mittal, potrebbe essere a rischio se non verrà raggiunto l’accordo con i sindacati che non appare vicino dopo la stop al tavolo al Ministero dello Sviluppo economico. L’intesa tra azienda e rappresentanti dei lavoratori è infatti una condizione vincolante, posta dal bando per la cessione dell’azienda, perchè possa avvenire il passaggio definitivo degli asset. Il bando prevede infatti che entro la fine dell’anno sia raggiunta l’intesa con i lavoratori altrimenti, spiegano fonti sindacali “il bando di gara si sospende, resta l’assegnazione provvisoria ma quella definitiva salta”.

Posizioni lontane

Ma le posizioni non potrebbero essere più lontane in questa fase, dopo l’annuncio di venerdì scorso del piano che prevede circa 4.000 esuberi e la riassunzione di circa 9.500 lavoratori con il contratto a tutele crescenti, senza il riconoscimento dell’anzianità. “Il tavolo è stato fermato dal governo ancora prima di iniziare, una cosa abbastanza inedita” riferiscono altre fonti sindacali dopo che lo stesso ministro Carlo Calenda ha definito “irricevibile” la proposta dell’azienda. “Non possiamo accettare, come governo, nessun passo indietro sulle retribuzioni e sugli scatti acquisiti” ha detto il Ministro “in avvio di tavolo è stato chiesto alla società di confermare questi impegni. Questa conferma non è avvenuta e senza questa conferma il tavolo non si può aprire”.

Di fronte al piano presentato dall’azienda al tavolo la risposta di Calenda è stata molto dura: “E’ molto importante che la vicenda sia gestita in maniera responsabile da parte di tutti ma mi pare che questa responsabilità da parte dell’azienda non ci sia”. A questo punto il governo chiederà al consorzio di Am Investco di tornare dai sui azionisti e mettere a punto una proposta migliorativa. “La posizione del governo è che si parte dalla proposta che era stata fatta nel bando di gara – ha dichiarato il viceministro Teresa Bellanova – si parlava di un costo di 50mila euro medio a lavoratore e quindi rispetto alla proposta che è stata avanzata nella comunicazione alle organizzazioni sindacali, si parla di una cifra più alta”.

Le proposte

L’ultima proposta aziendale comporterebbe una perdita media tra i 6 e i 7mila euro lordi annui, secondo i sindacati, che precisano come l’importo di 50mila euro annui contenuto nell’offerta includa anche impiegati e dirigenti di Ilva mentre un operaio di altoforno percepisce circa 28mila euro. Aperture dell’azienda, invece, sul numero dei lavoratori che saranno riassunti che arriverebbe a 10.000 unità rispetto ai 9.407 contenuti nell’offerta di AM. L’aumento delle assunzioni a 10.000, però, era già un’impegno sostanzialmente assunto in sede di offerta. L’azienda aveva dato disponibilità a “maggiori impegni sul piano occupazionale nel quadro di una occupazione complessiva di circa 10.000 occupati nel gruppo Ilva per tutta la durata del Piano”.

Lo stesso Calenda aveva impegnato i commissari a ottenere un “miglioramento dell’offerta sotto il profilo della tutela occupazionale, prevedendosi che il livello occupazionale riferibile complessivamente al gruppo Ilva sia costituito da almeno 10.000 unità per l’intero periodo di riferimento del piano industriale tenendo conto che l’accordo sindacale potrà ulteriormente precisare e incrementare tale obbligo”. Obbligo che l’azienda in una nota ha invece attribuito alla propria “flessibilità”: “Siamo contrariati dal fatto che non abbiamo potuto iniziare la negoziazione con i sindacati – si legge nel comunicato – Comprendiamo l’importanza dei livelli occupazionali per il Paese e infatti abbiamo mostrato flessibilità aumentando il numero degli occupati a 10.000 rispetto alla nostra offerta originaria”.

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