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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia Italia

L'industria spinge l'economia italiana, in Europa secondi solo alla Germania

In otto anni sono stati persi 800mila posti di lavoro ma ora l'industria è ripartita e traina il Pil. Lo sottolinea il Centro Studi di Confindustria: "Dal 2013 recuperati oltre due terzi della caduta registrata nella recessione 2011-2013"

Dall'autunno 2007 all'inverno 2015 l'occupazione nel manifatturiero italiano è calata di quasi 800mila unità (-17,1%) ma dalla primavera del 2015 si osserva un cambiamento di rotta: il monte ore lavorate è aumentato del 5,2% fino a metà 2017, prevalentemente per l'allungamento degli orari di lavoro, e l'occupazione ha fatto registrare un +1,5%, circa 60mila addetti in più. Lo sottolinea il Centro Studi di Confindustria che "vede" l'uscita dell'economia italiana dalla recessione del 2011-2013: "Che si è andata consolidando e sta accelerando quest'anno".

Tuttavia siamo "ancora molto lontani" dai livelli pre-crisi. Proseguendo la crescita al passo attuale il recupero dei livelli persi nel corso della crisi si concluderebbe nel 2021.

La risalita del Pil è partita nella seconda metà del 2013 ed è proseguita a un "passo più veloce" dall'inizio del 2015, fino a diventare più robusta dalla fine del 2016. Dal 2013 il Pil italiano è cresciuto nel complesso del 3,6%, recuperando oltre due terzi della caduta registrata nei due anni precedenti (-5,2%), con una velocità che si è gradualmente rafforzata fino a raggiungere il +0,4% medio trimestrale negli ultimi tre trimestri.

La risalita si sta caratterizzando per essere "più persistente ma finora mediamente più lenta rispetto a quella rilevata dopo la recessione del 2007-2009", ha osservato il Csc. L'entità fin qui registrata è quasi identica nelle due fasi di recupero delle recessioni (+3,5% nella prima e +3,6% nella seconda), ma quella in corso dura da 16 trimestri contro gli 8 della precedente, con un tasso di crescita medio trimestrale che è quasi la metà di quello registrato nei due anni a partire dal secondo trimestre del 2009: +0,2% contro +0,42%.

Italia resta settima in classifica manifatturiero

 La classifica stilata annualmente dal Centro Studi di Confindustria dei principali produttori manifatturieri globali non registra cambiamenti di rilievo per il 2016. Cina e Stati Uniti rimangono saldamente in testa con quote di valore aggiunto mondiale in dollari correnti rispettivamente del 29,5% e del 19%, stabili rispetto al 2015, mentre il Giappone, al terzo posto, vede la propria quota tornare a crescere per la prima volta dal 2010, attestandosi all`8,4%. Stabile anche la settima posizione dell`Italia, con una quota costante del 2,3%, il secondo miglior piazzamento europeo dietro alla Germania, al quarto posto, con una quota del 5,9%. Davanti all'Italia restano l'India e la Corea del Sud.

Tra i primi quindici produttori mondiali, gli unici a perdere posizioni sono il Brasile e la Russia, scesi rispettivamente al tredicesimo e quindicesimo posto per effetto delle gravi recessioni che li hanno colpiti a partire dal 2014.
L`Italia "ha ben agganciato la ripresa industriale dell`Area euro, che dal 2013 risulta superiore a quella degli Stati Uniti e del Giappone: +2,3% contro +0,9% e +2,1% le corrispondenti variazioni medie annue tra il 2013 e il 2016", ha osservato il Csc. L`industria è tornata a trainare lo sviluppo economico europeo: il differenziale tra la crescita reale del valore aggiunto manifatturiero e quella del Pil è di +0,9 punti percentuali; in Italia è il medesimo.

Il recupero dell`industria italiana, tuttavia, "sta avvenendo nonostante una crescita ancora troppo debole dei prestiti alle imprese del settore. Con uno sviluppo dei mercati dei capitali alternativi tuttora contenuto, nonostante gli indubbi recenti progressi, la risalita economica è stata finanziata finora in gran parte dalrecupero della redditività delle imprese e quindi dall`autofinanziamento", ha osservato il Csc. Il recupero dei margini è legato in larga misura al calo dei prezzi degli input, specie materie prime, e non al Clup, che dal 2007 al 2016 è aumentato di un corposo 15,2%, "erodendo ulteriormente la competitività di costo delle imprese italiane rispetto alle tedesche, francesi e spagnole". Poiché "i margini industriali rischiano di essere erosi da un rialzo delle commodity, è cruciale che avvenga finalmente la ripartenza del credito bancario alle imprese per rendere durevole il rilancio produttivo".

Guerini: "Riforme hanno fatto ripartire Italia"

"Le riforme favoriscono la crescita. Questo ciò che emerge dall'analisi di Confindustria che offre l'ennesima conferma del valore del lavoro fatto dai governi del Pd e in particolare l'efficacia delle misure adottate dal governo Renzi e proseguite dal governo Gentiloni". Lo sottolinea Lorenzo Guerini, coordinatore della segreteria del Partito Democratico.

"Quasi un milione di posti di lavoro in più, l'export che ottiene risultati record, la produzione industriale che cresce in modo costante. Una strada - prosegue - che va proseguita e perseguita con convinzione e determinazione. Tuttavia, Confindustria evidenzia anche un'altra cosa, il cambio di passo impresso dai governi del Pd che, trovato un Paese in gravi difficoltà economiche causa gli errori del governo delle destre, sono intervenuti nel momento più difficile e hanno saputo far ripartire il Paese".

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