La settimana lavorativa da 4 giorni è già realtà in 60 aziende
Accorciare l'orario di lavoro senza tagliare gli stipendi o sacrificare i ricavi: in Gran Bretagna parte una sperimentazione di sei mesi. Coinvolti tremila dipendenti. E in Italia?
Lo smart working diffuso in tempi di pandemia di Covid-19 ha cambiato le basi del posto di lavoro classicamente inteso, forzando l'aumento della flessibilità e mettendo in luce contemporaneamente i problemi di stress e burnout in determinati ambiti. Avere dipendenti felici e produttivi, d'altronde, è o dovrebbe essere l'obiettivo di qualsiasi azienda. La produttività è direttamente proporzionale alla soddisfazione. Ecco perché negli ultimi mesi e anni alcune aziende hanno puntato sulla riduzione di un giorno della settimana lavorativa o di alcune ore giornaliere, nell'ottica di un maggiore benessere dei lavoratori, ma anche di una maggiore produttività aziendale. L'idea di una settimana corta non è nuova. Se ne parla da tempo, ma ultimamente sta prendendo nuovo slancio in tutto il mondo, dopo la rivoluzione delle abitudini lavorative che il covid ci ha imposto.
La settimana lavorativa di 4 giorni
Nelle ultime ore, la Gran Bretagna ha aperto alla settimana lavorativa da quattro giorni: da giugno sessanta aziende, per un totale di tremila dipendenti, parteciperanno a un test di sei mesi. Il progetto pilota, pubblicizzato come il più grande al mondo finora, punta ad aiutare le aziende ad abbreviare l'orario di lavoro, senza tagliare gli stipendi o sacrificare i ricavi. Prove simili sono state già fatte anche in Spagna, Belgio, Islanda, Stati Uniti e Canada. Australia e Nuova Zelanda si uniranno ad agosto. Alex Soojung-Kim Pang, responsabile del programma presso "4 Day Week Global", il gruppo della campagna dietro il processo, sostiene che la sperimentazione darà alle aziende "più tempo per affrontare le sfide, provare nuove pratiche e raccogliere dati".
"Le organizzazioni più piccole dovrebbero trovare più facile adattarsi, poiché possono apportare grandi cambiamenti più prontamente", ha spiegato Alex Soojung-Kim Pang. Le sessanta aziende partecipanti sperano che l'esperimento della settimana lavorativa più breve non solo migliori la produttività dei dipendenti, ma anche il loro benessere, e che possa aiutarle a trattenere i lavoratori, in un momento in cui le aziende del Regno Unito devono far fronte a una grave carenza di personale, con le offerte di lavoro che raggiungono il record di 1,3 milioni.
In Spagna, intanto, nei giorni scorsi si è acceso un dibattito sulla praticabilità di una settimana lavorativa da 32 ore. A Valencia, nel corso di un congresso internazionale sul tema ha partecipato, tra gli altri, la vicepremier e ministra del Lavoro Yolanda Díaz. "La settimana di quattro giorni apre un dibattito capitale sulla ridistribuzione della giornata lavorativa, ma bisogna anche parlare di produttività, straordinari, flessibilità, disconnessione digitale e inserimento delle attenzioni alla persona nelle nostre vite", è l'opinione espressa dalla vicepremier Díaz.
Il dibattito in Italia
E in Italia? Qui da noi il dibattito sembra restare ancorato al passato. Chi riteneva che le nuove esigenze lavorative sperimentate nel corso della pandemia avrebbero portato anche molte aziende della Penisola a decidere di ridurre l'orario lavorativo, almeno "in presenza", è rimasto deluso. E se lo smart working generalizzato rimane un'utopia in Italia, è facile immaginare quali sarebbero le reazioni degli imprenditori (o almeno della maggioranza di essi) davanti a proposte di settimane lavorative ridotte. Qualche settimana fa, il ministro del lavoro Andrea Orlando ha aperto all'orario ridotto, senza farsi troppe illusioni: "Si può cominciare a ragionare su forme di riduzione dell'orario di lavoro, ma il quadro politico non consente un approccio organico sul tema", ha detto.
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