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Martedì, 23 Aprile 2024
Economia

Crisi e opportunismo: così il lavoro nero si è preso l'Italia

In Italia sono più di 3 milioni i lavoratori irregolari, fattore che insieme all'evasione fiscale ha portato l'economia sommersa del Paese a raggiungere un valore di 190 miliardi di euro. Un fenomeno spinto dallo spirito di sopravvivenza delle famiglie in difficoltà e dalla malizia delle imprese che ne approfittano. E mentre diminuisce l'occupazione regolare, cresce il lavoro nero

In un Paese come l'Italia, vessato dalla crisi e con il tasso di disoccupazione altalenante ma spesso in crescita, la ricerca del lavoro è diventata una costante. Ma con le opportunità occupazionali che latitano e le spese da sostenere che sono sempre più alte, le famiglie italiane si trovano strette in una forbice 'letale', tra le 'lame' della pressione fiscale e la necessità di arrivare a fine mese. In questo quadro di crisi in cui gli italiani vivono ormai da qualche anno, c'è un fenomeno che ha preso piede, traendo giovamento proprio dalle difficoltà: il lavoro irregolare o lavoro 'nero', come viene definito di consueto.

Quanto vale l'economia sommersa 

E' in questo contesto che l'economia sommersa ha fatto cassa grazie alla crisi, cambiando gli equilibri in gioco e spingendo la parte più debole, ossia i lavoratori, anche a sottostare a condizioni irregolari pur di accettare un lavoro. Così, mentre l'occupazione regolare è scesa tra il 2012 e il 2015 del 2,1%, nello stesso periodo è aumentata quella irregolare del 6,3%, arrivando ad 'inglobare' 3,3 milioni di lavoratori italiani, che svolgono le loro mansioni nell'ombra. Il tutto per un valore 'monstre' di 190 miliardi di euro, che porta l'economia sommersa ad incidere sul Prodotto Interno Lordo per l'11,5%. Questi dati allarmanti sono contenuti nel focus di Censis e Confcooperative intitolato “Negato, irregolare, sommerso: il lato oscuro del lavoro”, presentato questa mattina in una conferenza stampa tenutasi al Palazzo della Cooperazione a Roma. La ricerca è stata presentata da Andrea Toma della Fondazione Censis, insieme al presidente di Confcooperative Maurizio Gardini e al giornalista del Sole 24 Ore Fabio Carducci.

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L'economia sommersa ha avuto un picco di crescita proprio nel periodo della crisi, come sottolineato dallo stesso Andrea Toma: “La crisi ha prodotto un abbassamento della soglia di continuità, permanenza e stabilità del reddito e del lavoro che per molti si è tradotto in una rincorsa affannosa a 'un lavoro a ogni costo'. Potremmo anche chiamarlo sommerso di sopravvivenza, visto che sono moltissimi i lavoratori che pur di lavorare accettano meccanismi irregolari, ma ad influire sul fenomeno c'è anche un'altra faccia della medaglia, quella dell'opportunismo delle imprese, che sfruttano a loro vantaggio la disperazione della gente”. 

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I fattori che vanno a comporre l'economia sommersa sono diversi: dalla sotto-dichiarazione delle imprese all'impiego irregolare, fino ai fenomeni più formali e quotidiani, come gli affitti in nero o le mance. Un quadro complicato, in cui il lavoro irregolare prende il posto di quello regolare, a causa di dinamiche e meccanismi diversi, come spiegato dal presidente di Confcooperative Maurizio Gardini: “La crisi ha modificato il quadro, congiunturale e strutturale del mercato del lavoro. Quando intervengono situazioni gestite dal caporalato o dalla criminalità organizzata, c'è un controllo del territorio ancora più opprimente, che in qualche misure obbliga lal'accettazione di alcune regole o fenomeni. In questo contesto si inserisce il fenomeno delle false cooperative che, proprio perché flessibili e di facile attuazione, diventato di fatto uno strumento per delinquere, che getta fango su tutta la categoria”.

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L'economia sommersa nei settori di attività economica

La ricerca condotta dal Censis analizza il fenomeno a 360 gradi, mostrando anche quali siano i settori in cui l'economia sommersa ha attecchito di più. Come è possibile vedere dalla tabella, al primo posto troviamo i servizi, seguiti dal commercio, le costruzioni, i servizi professionali e l'agricoltura.

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Economia sommersa: la classifica delle Regioni italiane

Ancora una volta un dato economico porta alla luce una costante dell'Italia: la differenza abissale tra Nord e Sud. Come evidenziato dall'elaborazione del Censis su dati Istat, sul piano territoriale sono sempre le zone del Mezzogiorno quelle più inclini a questo particolare fenomeno. Il tasso  più alto di irregolarità degli occupati lo troviamo in Calabria con il 9,9% , seguita dalla Campania con l'8,8% e dalla Sicilia con l'8,1%.

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La differenza di salario tra regolari e irregolari

Un altro fattore evidenziato dal Censis e che gioca a favore dell'economia sommersa è la differenza di retribuzione a carico del datore di lavoro. Secondo la Commissione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, istituita presso il ministero dell'Economia e della Finanza, tenendo conto di tutte le attività economiche, il salario medio orario sostenuto dalle imprese per retribuire un lavoratore regolare dipendente è di 16 euro, mentre quello pagato dalle aziende ad un lavoratore irregolare corrisponde a poco più di 8 euro.

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Praticamente la metà, per in monte salariale irregolare che nel 2014 ha raggiunto i 28 miliardi di euro. A queste condizioni, sono molte le imprese che per risparmiare sulle retribuzioni decidono di affidarsi al lavoro nero.

L'evasione fiscale

Un'altra fetta di risorse che finiscono nell'economia sommersa italiana derivano dal evasione tributaria e contributiva, che nel periodo tra il 2012 e il 2014 è arrivata ad una media di 107,7 miliardi di euro. Di questa cifra, 97 miliardi sono riconducibili all’evasione tributaria e i restanti 10,7 a quella contributiva. La voci più rilevanti sono quella relative all'Iva, che sfiora i 36 miliardi di euro, e al mancato gettito Irpef, pari a 35 miliardi di euro. Poi c'è l'Irap che fa registrare una mancata contribuzione di 8,5 miliardi, mentre il mancato versamento dei contributi risulta pari a 2,5 miliardi per il lavoratore dipendente e a 8,2 per il datore di lavoro.

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Prospettive e soluzioni

Le conclusioni sono state affidate al presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini: “Per trovare delle soluzioni c'è bisogno di un nuovo sistema di welfare. Siamo di fronte ad un meccanismo diventato strutturale nel nostro Paese, con un'incidenza sul Pil tra le più alte di tutta l'Unione europea. La speranza di una ripresa non basta, è impensabile che 3,3 milioni di lavoratori irregolari vengano riassorbiti con un aumento di qualche punto sul Prodotto Interno Lordo”.

“C'è bisogno di azioni concrete – ha concluso Gardini – non soltanto durante la campagna elettorale, in cui tutti le sparano grosse. C'è bisogno di soluzioni reali per fermare chi ottiene vantaggio competitivo attraverso il taglio irregolare del costo del lavoro, sfruttando i lavoratori e negando loro i diritti”.

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