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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

"Un robot mi ruberà il posto": la paura di 7 milioni di lavoratori

Quasi un operaio su due teme di perdere il proprio lavoro a causa dell'avvento dell'intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie: i dati contenuti nel 3° Rapporto Censis-Eudaimon

Da 'Blade Runner' a 'Io, Robot', passando per 'Matrix' e 'Terminator', letteratura e cinema negli ultimi anni hanno affrontato più volte, e da diversi punti di vista, la possibilità di un futuro in cui le macchine prendono il posto dell'uomo, molto spesso con risultati catastrofici e sanguinari, ovviamente per gli esseri umani. Futuri distopici e fantascientifici che fino a qualche tempo fa potevano sembrare lontani anni luce e che invece, grazie ai progressi della robotica e dell'intelligenza artificiale, diventano sempre più vividi e plausibili. Ma a spaventare (ovviamente) non è certo l'ipotesi di un'apocalisse in cui il gelido metallo prende possesso del globo (strada che lasciamo a registi e scrittori), ma la possibilità, tutt'altro che fantascientifica, in cui molti lavoratori potrebbero perdere il posto di lavoro proprio a causa dell'avvento delle nuove tecnologie. Un incubo  reale, soprattutto in Italia, dove il lavoro scarseggia già senza l'introduzione di cyborg e simili.

Lavoro, un operaio su 2 teme robot e intelligenza artificiale

La paura di perdere il lavoro ed essere rimpiazzati da un robot o dall'intelligenza artificiale accomuna 7 milioni di lavoratori italiani: quasi 1 operaio su 2 vede per questo il proprio posto messo a repentaglio dalle nuove tecnologie. 

L’85% dei lavoratori esprime una qualche paura o preoccupazione per l’impatto atteso della rivoluzione tecnologica e digitale (il dato supera l’89% tra gli operai). Per il 50% si imporranno ritmi di lavoro più intensi, per il 43% si dilateranno gli orari di lavoro, per il 33% (il 43% tra gli operai) si lavorerà peggio di oggi, per il 28% (il 33% tra gli operai) la sicurezza non migliorerà. Sono soltanto alcuni dei dati contenuti nel 3° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato in collaborazione con Eudaimon con il contributo di Credem, Edison, Michelin e Snam.

I salari, d'altra parte, ricorda il Censis, sono tecno-polarizzati: fatto 100 lo stipendio medio italiano, nei settori tecnologici il valore sale a 184,1, mentre negli altri comparti scende a 93,5. "Sono i numeri di una disuguaglianza salariale in atto nelle aziende italiane che convive con le paure dei lavoratori e certifica l’esistenza di un gap tra chi oggi lavora con le nuove tecnologie e chi no", scrive il Censis.

Lavoro, ritmi e welfare: gli altri punti caldi

Non più sereno il giudizio degli intervistati anche su altri fronti caldi: per il 50% infatti i ritmi di lavoro si faranno decisamente più intensi mentre per il 43% si dilateranno gli orari di lavoro. Nessun miglioramento nelle condizioni di lavoro per il 33% degli intervistati (il 43% tra gli operai) così come la sicurezza per il 28% dei lavoratori (il 33% tra gli operai), non farà passi avanti.

Il welfare aziendale può mitigare le disuguaglianze, rileva ancora l'indagine del Censis su uno strumento che sta prendendo piede all'interno dei rinnovi contrattuali per incrementare indirettamente il salario. Per 2 lavoratori su 3 che già ne beneficiano, il 66%, il welfare aziendale sta migliorando la loro qualità della vita. Le percentuali sono elevate tra dirigenti e quadri (89%), lavoratori intermedi (60%) e operai (79%). Guardando al futuro, il 54% dei lavoratori, dice il Censis, è convinto che gli strumenti di welfare aziendale potranno migliorare il benessere in azienda.

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