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Venerdì, 19 Aprile 2024
La lettera

La beffa per gli ex Almaviva: "Lavoratori già formati pronti a sostituirci"

Gli operatori del call center che hanno prestato servizio per Alitalia hanno scritto una lettera rivolta agli italiani: "Una furbata all'italiana. Sorge il dubbio che sia stato studiato tutto a tavolino"

Il prossimo 20 aprile avrà luogo il tavolo ministeriale sulla vertenza degli ex lavoratori Almaviva, ma intanto per i 543 lavoratori del call center, è arrivata una nuova beffa, l'ennesima. I lavoratori che hanno prestato servizio per Alitalia fino alla cessazione della compagnia aerea, hanno scritto una lettera rivolta agli italiani, raccontando i peggiori aspetti della vicenda che sono stati costretti a sopportare: "Dopo 20 anni di onorato servizio, siamo stati cancellati con un colpo di spugna. Una parte di noi ha iniziato a lavorare subito per Ita Airways, nata dalle ceneri di Alitalia, attraverso Covisian (società vincitrice della gara d’appalto per il Servizio Clienti) e una parte è rimasta in cassa integrazione in attesa di essere reintegrata da Covisian come da accordo sottoscritto il 21 ottobre 2021. Dopo soli 6 mesi dal suddetto accordo ripiombiamo nel baratro, dentro un incubo senza fine. L’accordo commerciale tra Covisian e Ita Airways viene meno inspiegabilmente e vogliono anche disattendere l’accordo siglato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali".

"Una compagnia di bandiera a totale partecipazione statale, con sede legale in via XX Settembre a Roma - scrivono i lavoratori - non può non rispettare un accordo garantito dallo Stato. E sapete perché? Perché in via XX Settembre, a Roma, ha sede il ministero delle Finanze e delle Attività Produttive, sarebbe dunque lo Stato a rinnegare lo Stato. Oltre il danno la beffa che fa pensare alle classiche furbate all’italiana. Ita Airways, subito dopo la comunicazione da noi ricevuta da parte di Covisian, che ci informava che dal 1° maggio saremmo rimasti senza lavoro, ci dice attraverso un comunicato stampa che sarebbe disposta ad assumere i 217 già operativi, ma a Roma. Vi rendete conto? E come dovremmo sopravvivere con uno stipendio misero a Roma? Quale sorte toccherebbe agli altri 300 che per noi dopo 20 anni sono famiglia? E ancora come è possibile che al nostro primo giorno di sciopero, c’era già personale pronto e formato per sostituirci? Sorge il dubbio che tutto questo sia stato studiato a tavolino alle spalle di noi lavoratori".

I 543 operatori di call center proseguono: "L’accordo sottoscritto ha inevitabilmente determinato delle rinunce economiche, che noi lavoratori abbiamo accettato perché consapevoli che fosse l’unica soluzione possibile per poter mantenere il nostro lavoro. Abbiamo rinunciato a scatti di anzianità, livelli e anche profili orari, con la promessa che a gennaio 2024 tutto ci sarebbe stato restituito. Sarà un caso che a dirigere il ministero dello Sviluppo Economico ci sia un tale ministro Giorgetti, che nel non lontano 2018 ha affermato parlando della Sicilia “L’Italia che non ci piace”? Sarà un caso che il suo amico Altavilla (ex Fiat) abbia adesso aperto il call center a Torino? Abbiamo costruito le nostre vite forti di un contratto a tempo indeterminato che oggi pare essere carta straccia".

La lettera si chiude con un appello: "Chiediamo alle istituzioni di farsi portavoce di una situazione che finirebbe per trasformarsi in una tragedia sociale di proporzioni enormi, con delle gravissime ripercussioni su tutto il territorio. Non chiediamo che ci venga regalato nulla, piuttosto che ci venga restituito quanto ci è stato tolto… il nostro lavoro e la nostra dignità. In data 20 aprile è stato convocato un nuovo tavolo, che deciderà le sorti di questa vertenza. Ci auguriamo che lo Stato si comporti da Stato, rispettando le leggi che lui stesso ha creato e sbatta i pugni insieme a noi, affinché degli onesti lavoratori non vengano ancora una volta messi all’angolo e costretti alla fame da giochi di potere di cui non sono responsabili e di cui continuano ad essere solo vittime. Se questo scempio passerà inosservato, chiunque potrà sentirsi autorizzato a non rispettare le leggi, considerando che è lo stesso governo che prima le crea e poi non le rispetta".

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