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Giovedì, 25 Aprile 2024
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McDonald's lascia la Russia: il matrimonio "folle" finisce dopo 32 anni

La catena di fast food ha annunciato la vendita di tutte le attività sul territorio russo, ponendo fine ad un rapporto nato nel 1990, tra lo scetticismo e lo scalpore: un'idea azzardata che si rivelò di grande successo, almeno fino a quando la guerra non ha rovinato tutto

Dopo 32 anni McDonald's dice definitivamente addio alla Russia, vendendo tutte le sue attività ad un acquirente locale. La decisione del colosso statunitense, che aveva già chiuso tutti i suoi punti vendita sul territorio russo, è la diretta conseguenza dell'invasione in Ucraina iniziata lo scorso 24 febbraio. I locali non porteranno più il marchio ed il logo di McDonald's e verranno sostituiti dal "clone" sovietico "Uncle Vanya" (letteralmente zio Vanya). La notizia è stata confermata dal ceo del gruppo Chris Kempczinski: "Siamo estremamente orgogliosi dei nostri 62mila dipendenti che lavorano nei nostri ristoranti, così come delle centinaia di fornitori russi che sostengono in nostro business. La loro lealtà a McDonald's rende l'annuncio di oggi estremamente difficile. Tuttavia siamo impegnati nei confronti della nostra comunità globale e dobbiamo restare irremovibili sui nostri valori. Rispettare i nostri valori significa che non possiamo più mantenere gli Archi (il logo di McDonald's ndr.) in Russia".

Con l'uscita dal mercato russo McDonald's conta di registrare un onere non monetario di circa 1,2-1,5 milioni di dollari per cancellare gli investimenti netti in Russia, mentre negli accordi di vendita cercherà di ottenere la continuità occupazionale per i 62mila lavoratori che hanno prestato servizio per il colosso Usa del fast food. In Ucraina invece i ristoranti rimarranno chiusi, con il personale che continuerà a percepire lo stipendio pieno.

 McDonald's-Russia: un matrimonio "folle" durato 32 anni

Pensare ad un brand simbolo dell'Occidente, e in particolar modo degli Stati Uniti, diffuso a macchia d'olio sul territorio russo, è un concetto difficile già al giorno d'oggi, anche prima che Mosca decidesse di invadere l'Ucraina. Un connubio improbabile, ancor di più se si pensa al periodo in cui è avvenuto: il 1990. Era il 31 gennaio di 32 anni fa quando la tv di Stato dell'Unione Sovietica pubblicizzava l'apertura, in piazza Pushkin a Mosca, del primo punto vendita McDonald's in Russia, utilizzando lo slogan:  "Se non puoi andare in America, vieni al McDonald's a Mosca". L'evento fece molto scalpore, soprattutto per i rapporti tutt'altro che idilliaci tra Usa e Russia, ma l'apertura del blocco sovietico per accogliere le novità occidentali rappresentò a tutti gli effetti l'emblema di una svolta. Un matrimonio reso possibile dalle riforme messe in campo in quel periodo da Michail Gorbaciov. Il panino con l'hamburger in pieno stile Usa venne accolto con curiosità anche dalla popolazione russa: per gustare il piatto occidentale nel primo punto vendita aperto a Mosca, si registrarono lunghe code a partire dalle 4 del mattino.

Dopo gli anni di Guerra Fredda e le continue schermaglie tra Washington e il Cremlino, aprire ristorante americano nella cultura sovietica sembrava un azzardo. Un'idea pericolosa in cui ha creduto l'imprenditore canadese George Cohon, che nel lontano 1957 iniziò a pensare a questo progetto dopo aver incontrato alcuni funzionari sovietici alle Olimpiadi di Montreal. Un sogno realizzato poi nel '90, quando l'investimento di 50 milioni di dollari diede vita al McDondald's più grande al mondo (almeno in quel periodo), con 900 coperti: l'inaugurazione venne seguita dai media internazionali. Nel 1993, in occasione dell'inaugurazione del secondo punto vendita di Mosca, era presente anche il presidente russo Boris Eltsin. Da lì in poi il "Mc" ha iniziato un'espansione continua in Russia, arrivando ad ottenere 847 punti vendita, dei quali l'84% di proprietà. Un rapporto difficile che però era durato per decenni, senza particolari problemi. Almeno fino allo scorso 24 febbraio, quando l'invasione russa in Ucraina ha spinto la catena di fast food a chiudere tutti i ristoranti nel Paese, per poi procedere con la vendita e l'eliminazione dai locali del menù, del logo e del brand.

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