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Venerdì, 29 Marzo 2024
Le nuove regole

Il reddito di cittadinanza diventa "Mia": importi da 375 a 500 euro per due categorie

Due platee di potenziali beneficiari. Il tetto Isee ridotto, l'offerta congrua di lavoro e i controlli. Ecco le ipotesi allo studio per la "misura di inclusione attiva", il nuovo sussidio che dovrebbe partire a settembre

Il reddito di cittadinanza cambia pelle e diventa "Mia", acronimo di "misura di inclusione attiva". Il governo Meloni è pronto a varare già quest'anno un nuovo strumento di sostegno al reddito, dopo i sette mesi di proroga accordati ai beneficiari del reddito di cittadinanza con la legge di bilancio 2023. Cambia la durata del nuovo sostegno e ci sarà la divisione in due categorie con quote a scalare: occupabili e famiglie povere senza possibilità di lavorare. Per i primi il tetto massimo del sussidio sarà di 375 euro, mentre per le seconde l'importo base sarà di 500 euro. I testi con le nuove regole scritte dal ministero del Lavoro, guidato da Marina Elvira Calderone, sono già arrivati a via XX Settembre. Ora una valutazione di massima sulla sostenibilità spetta al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Tra un paio di settimane il nuovo decreto legge potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri. E la Mia si dovrebbe poter chiedere da settembre 2023. Vediamo cosa sappiamo finora.

I potenziali beneficiari, scrive il Corriere della Sera, in linea con quanto deciso con la manovra, verranno divisi in due platee: famiglie povere senza persone occupabili e famiglie con occupabili. Le prime sono quelle dove c'è almeno un minorenne o un anziano over 60 o un disabile. Le seconde quelle dove non ci sono queste situazioni, ma almeno un soggetto tra 18 e 60 anni d'età. In sostanza, gli occupabili (stimati in 300mila nuclei monofamiliari più 100mila nuclei con più membri) che beneficiano dell'attuale reddito al massimo per sette mesi nel 2023 e comunque non oltre il 31 dicembre, scaduta la prestazione potranno presentare la domanda per la "Mia". Che però per loro sarà meno generosa e avrà una durata inferiore rispetto al reddito di cittadinanza e anche alla Mia di cui beneficeranno le famiglie senza persone occupabili.

Gli importi del nuovo sussidio "Mia"

La riforma prevede una stretta. Le famiglie povere continueranno a ricevere un sussidio, la Mia appunto, il cui importo base (per un single) dovrebbe restare di 500 euro al mese, come nel reddito. C'è invece ancora discussione sulla quota aggiuntiva nel caso in cui il beneficiario debba pagare l'affitto. Il reddito di cittadinanza prevede fino a 280 euro al mese. Con la Mia questa quota potrebbe essere alleggerita e modulata sulla numerosità del nucleo familiare. Ma la stretta maggiore colpirà gli occupabili. Qui l'ipotesi che ha più chance è quella che vede l'assegno base ridotto a 375 euro.

Anche sui tempi del sostegno è prevista una stretta. Mentre per i poveri tout court la Mia durerà, in prima battuta, fino a 18 mesi (come ora il reddito), per gli occupabili non più di un anno. Ma la proposta del governo dovrebbe recuperare anche l'idea del "decalage" avanzata alcuni mesi fa dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon. Il nuovo sussidio, in sostanza, non si potrà più chiedere a ripetizione, come il reddito, ottenendo ogni volta altri 18 mesi di assistenza. Per le famiglie senza occupabili, dalla seconda domanda in poi, la durata massima della Mia si ridurrà a 12 mesi.

Come accade ora, prima di chiedere nuovamente la prestazione dovrà passare almeno un mese. Per i nuclei con persone occupabili, invece, la Mia scadrà al massimo dopo un anno la prima volta e dopo sei mesi la seconda e un'eventuale terza domanda di sussidio si potrà presentare solo dopo una pausa di un anno e mezzo. Insomma, un percorso a esaurimento per spingere il più possibile gli interessati a cercarsi un lavoro.

Il tetto Isee ridotto

E c'è una stretta in vista anche sul fronte Isee. Secondo le indiscrezioni circolate al momento, il tetto per aver diritto alla nuova aisura di inclusione attiva dovrebbe scendere dagli attuali 9.360 euro percepiti con il reddito di cittadinanza a un massimo di 7.200 euro. Un taglio di oltre 2mila euro dell'indicatore della ricchezza familiare che rischia di far fuori una fetta significativa della platea di potenziali beneficiari, probabilmente un terzo. In positivo, rispetto al reddito, sarà invece corretta la cosiddetta "scala di equivalenza", quella che fa aumentare l'importo del sussidio in base al numero dei componenti della famiglia, per migliorare l'assistenza ai nuclei numerosi.

Fatta la domanda per via telematica, la prestazione sarà riconosciuta solo dopo che saranno stati fatti i controlli incrociati sul possesso dei requisiti (reddito, patrimonio, veicoli, eccetera) e i nuclei familiari senza occupabili saranno indirizzati ai comuni per i percorsi di inclusione sociale. Gli altri verranno avviati ai centri per l'impiego dove, come condizione per ottenere la Mia, dovranno sottoscrivere un patto personalizzato. Per gli occupabili la riforma, oltre ai centri pubblici per l'impiego, coinvolgerà le agenzie private del lavoro. Che incasseranno un incentivo per ogni persona occupabile per la quale riusciranno ad ottenere un contratto, anche a termine o part time.

L'offerta congrua di lavoro e i controlli

Per migliorare l'incrocio tra domanda e offerta di lavoro sarà creata una piattaforma nazionale sotto la regia del ministero del Lavoro, dove gli occupabili dovranno obbligatoriamente iscriversi e dove potranno ricevere le offerte congrue di lavoro. Basterà rifiutarne una per far decadere la prestazione. L'offerta verrà ritenuta congrua se in linea con la profilazione della persona occupabile e se la sede di lavoro sarà nell'ambito della provincia di residenza del beneficiario o delle province confinanti (una formulazione, spiegano i tecnici, necessaria perché a volte comuni di province diverse dalla propria sono più vicini al comune di residenza). Saranno ritenute congrue anche le offerte di contratti brevi, purché superiori a 30 giorni.

La riforma rafforzerà tutte le norme sui controlli, sulla decadenza dal beneficio per chi non rispetta gli impegni previsti dai patti di inserimento al lavoro o di inclusione sociale (questi ultimi, che poi saranno la maggioranza, affidati ai comuni), e quelle sui reati per chi dichiara il falso o lavora in nero pur prendendo il sussidio. 

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