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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cosa succede

Gli effetti pratici dell'aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce

La mossa della Banca centrale europea per contrastare l'aumento dell'inflazione. Dai mutui al debito pubblico, passando per lo spread, quali saranno le conseguenze?

Dopo undici anni, di fronte a un quadro economico preoccupante, con un'inflazione che si avvicina alla doppia cifra, la Bce (Banca centrale europea) ha aumentato il tasso di interesse chiave dell'Eurozona, portandolo allo 0,5%, anziché lo 0,25% previsto. Non è una buona notizia per i Paesi ad alto debito come l'Italia, come abbiamo spiegato qui. Proprio per questo, Francoforte ha anche annunciato una sorta di scudo anti-spread per proteggere i bilanci più a rischio. Ma che scatterà solo in caso di turbolenza dei prezzi sui mercati obbligazionari.

In parole povere, i tassi di interesse sono quelli imposti dalle banche centrali ad altre banche quando prestano loro del denaro: è il costo del denaro, in sostanza. Alzare i tassi è considerata l'arma migliore a disposizione delle banche centrali per tenere l'inflazione sotto controllo: aumentando il costo del denaro si riducono i fenomeni che portano ad un aumento dei prezzi. La Bce è solo l'ultima di una lunga lista di banche centrali a fare questa scelta: finora almeno 45 Paesi hanno alzato i tassi. Tra questi ci sono Regno Unito, Svezia, Norvegia, Canada, India, Corea del Sud, Australia e Stati Uniti, dove addirittura la Federal Reserve ha aumentato il costo del denaro di 0,75 punti percentuali, il più grande aumento dal 1994.

Perché le banche centrali aumentano i tassi d'interesse per combattere l'inflazione

La Bce aumenta i tassi: le conseguenze sui mutui

Ma quali saranno gli effetti pratici dell'aumento del costo del denaro? E quali saranno gli ambiti più colpiti da questa decisione? In primis, le conseguenze si faranno sentire su prestiti e mutui. L'aumento dei tassi della banca centrale influenza il livello generale dei tassi d'interesse, quindi il livello generale del costo del denaro. Se le banche dell'Eurozona pagheranno un costo maggiore per prendere in prestito denaro dalla Bce, alla fine anche i prestiti e i finanziamenti a tasso variabile (mutui) a imprese e cittadini saranno più costosi.

Insomma, questa decisione avrà inevitabilmente ripercussioni sui prestiti delle banche, i cui tassi sono già aumentati negli ultimi mesi e che adesso saranno ancora più costosi per famiglie e imprese. Il parametro di riferimento per i finanziamenti a tasso variabile è l'Euribor che, come gli altri tassi di interesse interbancari, è molto sensibile alla variazione del tasso Bce. Gli incrementi per cittadini e imprese potrebbero essere maggiori in alcuni Paesi, come l'Italia, se la Banca centrale non eviterà il ritorno della frammentazione del mercato europeo già vista negli anni scorsi.

La questione dello spread

Ma anche i depositi dei risparmiatori saranno premiati. E soprattutto, per Paesi come Italia e Grecia, sarà più difficile finanziarsi sui mercati. Lo spread, ossia il differenziale tra i titoli di Stato di questi Paesi e quelli della Germania, rischia di tornare ai livelli della crisi del debito che spinse l'allora presidente della Bce Mario Draghi a varare un maxi programma di acquisto dei titoli che si è appena concluso. Forte di quell'esperienza, e sotto la spinta delle richieste dell'Italia, la presidente della Bce Christine Lagarde ha presentato un nuovo strumento per le emergenze, il Transmission protection instrument (Tpi): in caso di turbolenze dei prezzi sui mercati obbligazionari, la Bce acquisterà i titoli di Stato dei membri dell'euro interessati.

Perché lo scudo anti-spread della Bce potrebbe essere un incubo per l'Italia

Il maggior costo del debito pubblico

Un'altra conseguenza dell'aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce sarà il maggior costo del debito pubblico: se i tassi salgono, gli Stati che emettono titoli di debito per finanziarsi dovranno offrirli con interessi più alti, diversamente i mercati potrebbero orientarsi verso altri strumenti più redditizi. Questo potrebbe comportare un aggravio della situazione per quei Paesi già molto indebitati, come l'Italia, al netto di interventi della Banca centrale, simili al "quantitative easing", per tenere bassi gli spread. Nel caso dell'Italia, comunque, un'elevata durata media del debito, pari a circa sette anni, con oltre il 70% a tasso fisso, frena le ripercussioni di un aumento dei tassi e, quindi, dello spread. Altra conseguenza è la perdita di valore delle obbligazioni emesse in precedenza, in quanto meno redditizie di quelle di nuova collocazione e, quindi, meno appetibili sul mercato.

Il rafforzamento della moneta e la crescita che rallenta

Da questa stretta monetaria arriva anche un rafforzamento del tasso di cambio dell'euro che, al momento, ondeggia intorno alla parità con il dollaro. Proprio il rafforzamento del dollaro avvenuto in questi mesi è conseguenza della serie aggressiva di aumenti dei tassi operata dalla Federal Reserve. Il rischio generalizzato di una stretta monetaria è quello di una frenata della crescita economica, dovuta a una contrazione dei consumi e degli investimenti da parte delle imprese. Va anche osservato, però, come possano essere ben più gravi le conseguenze di un'inflazione galoppante, motivo principale per il quale la Bce è intervenuta.

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