Scatta con un giorno di anticipo rispetto al 2014, ma finalmente è arrivato: dal 13 maggio 2015 gli operai italiani non lavoreranno più per il fisco italiano. Dopo oltre cinque mesi di lavoro potranno festeggiare il giorno di liberazione fiscale. Così spiegano i dati dalla Cgia di Mestre che ha preso in esame il reddito disponibile di un operaio tipo (quindi con una famiglia a carico e uno stipendio netto mensile di circa mille e 500 euro) e lo ha diviso per i 365 giorni dell'anno, ottenendo il salario quotidiano. Poi, calcolando l'ammontare delle tasse si è capito che prima di poter mettere soldi da parte bisogna lavorare 132 giorni all'anno. Insomma quasi la metà del tempo e del guadagno lavorativo va al Fisco. 

Un esercizio teorico quella dalla Cgia che fa comprendere quanto sia pesante da portare sulle proprie spalle il peso fiscale che grava sul lavoro dipendente. Ma come poterne uscire? Risponde il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi:

Contraendo in maniera strutturale la spesa pubblica improduttiva possiamo ridurre anche le tasse. Per far questo è necessario riprendere in mano il federalismo fiscale che, a mio avviso, è l'unica strada percorribile per raggiungere questo obbiettivo. Infatti, le esperienze europee ci dicono che gli stati federali hanno un livello di tassazione ed una spesa pubblica minore, una macchina statale più snella ed efficiente ed un livello dei servizi offerti di alta qualità

Quello che si chiede, oltre a una diminuzione della pressione fiscale, è anche meno burocrazia e meno sprechi. Ma c'è da osservare che rispetto al 2014 qualche miglioramento c'è stato: in tutto l'anno ogni operaio ha guadagnato in media 320 euro in più. Dall'altra parte, se si guadagna più di 24mila euro all'anno invece per il giorno della liberazione fiscale bisogna aspettare il 23 giugno. La tabella che segue mette a confronto i dati del 2014 con quelli del 2015.