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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'intervista

Il governo ha un problema con le pensioni delle donne

"Quello delle risorse è un alibi molto fragile", intervista a Orietta Armiliato, fondatrice e amministratrice del Comitato Opzione Donna Social

Il governo apre al dialogo sulle pensioni e soprattutto a possibili modifiche su Opzione donna, con incontri a cadenza settimanale a partire dall’8 febbraio 2023. Sarà davvero possibile ripristinare i vecchi requisiti dell’anticipo pensionistico per le donne? Lo abbiamo chiesto a Orietta Armiliato, fondatrice e amministratrice del Comitato Opzione Donna Social (CODS), che continua a fare pressing sul governo per ritornare alla vecchia misura pensata per le donne, snaturata dalla recenti modifiche.

Perché si torna a parlare di Opzione donna e cosa può cambiare subito

Opzione donna 2023, cosa è cambiato: i nuovi requisiti (più stringenti)

Opzione donna sembrava intoccabile ma così non è stato. Secondo le promesse elettorali della Lega doveva diventare strutturale (si era parlato addirittura di una Opzione uomo per il 2023) e invece sono stati introdotti requisiti di accesso più stringenti rispetto al passato. Come è cambiata Opzione donna? Prima di tutto l’accesso al pensionamento anticipato potrà essere ottenuto solo da tre categorie:

  • invalide dal 74%;
  • caregiver;
  • licenziate o dipendenti di aziende in crisi.

Lo prevede la legge di Bilancio 2023 che ha inasprito anche il requisito anagrafico portandolo a 60 anni, con la possibilità di riduzione soltanto per le donne con figli (solo le licenziate/lavoratrici di imprese in crisi possono uscire a 58 anni senza il vincolo dei figli). Resta uguale, invece, il requisito di contribuzione pari a 35 anni. Nel 2022 si accedeva al prepensionamento a 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) con 35 anni di contributi: bastavano solo questi due requisiti.

Anticipo pensionistico negato ad almeno 20mila donne

I nuovi paletti introdotti su Opzione donna con la legge di Bilancio 2023 riducono notevolmente l’accesso al prepensionamento per le donne. Lo dicono i numeri: nella relazione tecnica alla manovra si parla di 2.900 lavoratrici interessate da questa misura nel 2023, ma secondo i calcoli della Cgil le uscite potrebbero essere solo 870. Questi dati sono nulla in confronto alle 23.812 pensioni liquidate con Opzione donna nel 2022 e alle 20.681 del 2021.

"È come se questa misura fosse stata abolita", dichiara Orietta Armiliato in un’intervista a Today rappresentando le 11mila donne iscritte al Comitato e ricordando che le donne 'esodate' da Opzione donna sono circa 20mila. Sono già scese in piazza lo scorso 19 gennaio e lo faranno ancora l'8 febbraio 2023, in occasione dell’incontro tra governo e parti sociali. "Hanno fatto cassa con Opzione donna, senza spiegarci perché, pur sapendo che si tratta di un anticipo che le donne si pagano da sole, rinunciando fino a un terzo dell'assegno con il ricalcolo contributivo".

A tal proposito vale la pena ricordare che gli assegni di Opzione donna sono molto bassi. Oltre la metà di quelli erogati nel 2022 non arriva a 500 euro, l’89% nemmeno a 1.000 euro, mentre per la pensione di vecchiaia siamo a 754 euro di media per le donne contro i 1.440 euro degli uomini (dati Inps).

Chi sono le 'esodate' da Opzione donna

Questo l’identikit delle donne che vogliono tornare alla vecchia Opzione donna. Sono donne che hanno iniziato a lavorare giovanissime ma che hanno perso il lavoro durante la maternità a causa di una vecchia mentalità, per poi riprenderlo qualche anno dopo. Oppure sono donne che non hanno potuto o voluto avere figli e che ora a 58 anni hanno più di 35 anni di contributi versati. Non essendo invalide oltre il 74%, non avendo parenti stretti da accudire (in molti casi perché in buona salute anche se anziani), e non essendo state licenziate/dipendenti di imprese in crisi, non possono anticipare l’uscita dal lavoro, come fatto da moltissime altre donne nelle loro stesse condizioni meno di un mese fa.

"Non si è mai visto che i figli siano un requisito per accedere a una pensione opzionale", dichiara la Armiliato ricordando che sul contributivo la quota figli "va sui coefficienti, quindi sugli importi, non sui requisiti per entrare. È assurdo che una misura pensionistica si basi sul discorso figli come requisito per accedere".

"Ci sono poi le donne licenziate a 55 anni, sono tantissime, quando c’è una crisi sono le prime ad essere messe fuori. Per loro non c’è niente nell’ordinamento pensionistico per sopperire al mensile", chiosa la fondatrice CODS. Che dire poi del fatto che vengono aiutate solo le donne licenziate per cui c’è un tavolo di crisi aperto al Mise? "La cassiera sotto casa mia non ha un tavolo aperto al Mise", così come tutte quelle donne che lavorano nelle piccole imprese di cui il nostro tessuto imprenditoriale è ricco.

Sono donne deluse soprattutto dal fatto che ad applicare questi paletti sia stata proprio una premier donna, che meglio di chiunque altro conosce i sacrifici che le donne devono fare per portare avanti, lavoro, casa e famiglia.

Pensioni, riflettori puntati sull’incontro del 7 febbraio

Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, sa benissimo che la nuova Opzione donna non piace: "Alcuni interventi non hanno portato consenso, come Opzione donna, ma vi è il massimo impegno per trovare misure con cui rivedere alcuni passaggi della norma". Cosa aspettarsi? Il Comitato Opzione Donna Social chiede un passo indietro del governo, con il ritorno al requisito dei 58 anni senza i vincoli introdotti in manovra. "Adesso Opzione donna non c’è più, proroghiamola in attesa della riforma delle pensioni. In questo momento non chiediamo che diventi strutturale perché a nostro modo di vedere è un po’ azzardato, ci sono tante cose ancora da definire. Entro la prossima settimana la questione sarà dibattuta in alto ambito governativo", ha dichiarato la Armiliato aggiungendo che "adesso c’è il discorso del pressing massimo perché c’è il decreto Milleproroghe che scade alla fine di febbraio, dopo di che se non ci si riesce vedremo di chiedere che sia fatto un decreto ad hoc".

Armiliato: "Quello delle risorse è un alibi molto fragile"

Secondo la fondatrice e amministratrice del Comitato Opzione Donna Social il discorso delle risorse limitate per la proroga di Opzione donna è un alibi "molto fragile" a cui non è possibile credere fino in fondo. "Non voglio tirare fuori il calcio perché mi rendo conto che il Paese ha bisogno anche di queste cose, però si trovano risorse per tutto. Servono 90 milioni di euro, non sono cifre inarrivabili". Per Opzione donna 2023, infatti, il governo Meloni ha stanziato solo 21 milioni di euro a fronte dei 111 milioni stanziati nel 2022 dal governo Draghi. "Se non è una questione politica ed economica, spero non sia nemmeno ideologica – aggiunge -, spero non si voglia rimandare le donne a fare il welfare del Paese. Mi rendo conto che le donne vogliono andare in pensione per curare i nipoti e i genitori anziani. Dopo 40 anni di lavoro io voglio andare in pensione per andare in spiaggia, in palestra, in biblioteca, per fare volontariato. Non devo essere obbligata a lasciare per fare la cargiver", conclude la Armiliato.

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