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Venerdì, 26 Aprile 2024
Altre "origini"

Pasta e carburante, gli aumenti che c'entrano poco (o niente) con la guerra

Aumenti e cause scatenanti, la spiegazione di Massimiliano Dona, presidente dell'Unc: "Chi attribuisce gli aumenti registrati nell'ultimo periodo al conflitto in Ucraina è un irresponsabile"

Dalla benzina ai beni alimentari, senza dimenticare le bollette, sono molti i prodotti e i servizi che nell'ultimo periodo hanno fatto registrare pesanti aumenti. Il protrarsi del conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe provocare dei nuovi rincari, ma attenzione, quelli a cui stiamo assistendo in questo momento non sono "figli" della guerra. A spiegarne i motivi è Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori: "Chiunque attribuisca gli aumenti registrati oggi dall'Istat e dal ministero della Transizione ecologica per quanto riguarda i carburanti alla guerra in Ucraina, non solo è un bugiardo patentato, ma è anche un irresponsabile. Da mesi c'è chi si diverte ad annunciare rincari gonfiati tanto per uscire sui giornali. Si tratta di un'operazione che è sempre molto rischiosa e dannosa per i consumatori, dato che le aspettative di inflazione creano inflazione, ma che in questo frangente diventano sconsiderate e immorali".

"É evidente - spiega il presidente Unc - che la guerra avrà effetti sui prezzi per via della riduzione delle importazioni delle materie prime importate da Ucraina e Russia. Il calo dell'offerta, come l'aumento della domanda, fanno salire i prezzi, è la legge della domanda e dell'offerta. Ma non sono certo le quotazioni dei primi giorni di guerra, quando si sa che i mercati reagiscono emotivamente, a poter determinare l'ammontare dei rincari, anche perché è possibile che a quei cali corrispondano incrementi delle importazioni da altri Paesi". "Nessuno poi - avverte Dona - è in grado di sapere per quanto tempo durerà questa guerra. Sono troppe, insomma, le variabili in gioco del tutto imprevedibili per sparare cifre a casaccio tanto per aprire la bocca. Bisogna, quindi, attendere con serietà e vedere i futuri sviluppi, senza contribuire a far scattare aumenti. Anzi, siccome in Italia è sempre successo che a fronte di rialzi giustificati si aggiungano speculazioni belle e buone lungo la filiera, annunciamo fin d'ora che denunceremo all'Antitrust ogni tentativo di lucrare sulla guerra per fare soldi".

Discorso simile per quanto riguarda la pasta, i cui rincari sono dovuti al mancato import delle materie prime da Usa e Canada:  "La materia prima incide solitamente in minima parte sul prezzo finale di vendita. Per quanto riguarda la pasta, ad esempio, uno dei prodotti che si dice in possibile salita, incide per meno del 25%. Questo vuol dire, ad esempio, che per avere un aumento della pasta del 20 o del 30%, il prezzo del grano dovrebbe salire, rispettivamente, dell'80 e del 120%".

"Se a questo - conclude Dona- si aggiunge che la pasta si fa con il frumento duro fino e non con il grano tenero che si importa dall'Ucraina, ecco che il quadro si completa. La pasta, infatti, è diventata più cara in un anno del 12,5% (da gennaio 2021 a gennaio 2022), ma per colpa delle mancate importazioni dal Canada e dagli Stati Uniti, che hanno avuto cattivi raccolti, non per la Russia o l'Ucraina".

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