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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il cantiere previdenziale

Arriva la pensione in "due tempi" per tutti?

Il presidente dell'Inps Tridico rilancia l'idea della "doppia uscita" per evitare il ritorno della legga Fornero senza penalizzare troppo l'assegno previdenziale. Ecco come potrebbe funzionare

Sulle pensioni i tempi sono stretti: a settembre dovrà essere definita la nuova legge di bilancio con all’interno nuove misure previdenziali per il 2023. A dicembre 2022, infatti, scade Quota 102 (64 anni d’età e 38 di contributi) e si rischia di tornare ai 67 anni della Legge Fornero. Per questo nei prossimi mesi il tema previdenziale tornerà giocoforza al centro del dibattito. Che cosa aspettarsi per il dopo Fornero? Una delle ipotesi di cui più si è discusso nelle ultime settimane è quella della pensione "in due tempi", ovvero con due diverse quote (contributiva e retributiva) percepite prima e dopo i 67 anni.

La "doppia uscita": cosa prevede la proposta di Tridico sulle pensioni

A spingere per questa possibilità è su tutti il presidente dell'Inps Pasquale Tridico che proprio oggi, nel corso di un convegno alla Sapienza, ha riproposto l'idea di una "doppia uscita": tra i 63-64 anni con quanto si è cumulato grazie ai contributi versati lasciando il resto, la parte retributiva, al raggiungimento del 67esimo anno di età.

La strada di un pensionamento anticipato rispetto alla legge Fornero per il presidente dell'Inps non può essere infatti quella di un taglio permanente all'assegno che sarebbe troppo penalizzante per il cittadino-contribuente. La strada della pensione in due tempi  consentirebbe invece "di poter restituire una certa flessibilità ai lavoratori che potrebbero andare in pensione a 63-64 anni senza perdere nulla nell'immediato e riottenendo nel lungo periodo anche la parte retributiva". 

Un intervento certamente meno traumatico questo, dice Tridico, di quello che vorrebbe prevedere un taglio netto della parte retributiva del rateo pensionistico che "porterebbe ad una riduzione permanente dell'assegno, comportando un ulteriore impoverimento dei pensionati del futuro" anche se effettivamente la quota che con questo sdoppiamento resterebbe nelle mani del neo pensionato si aggirerebbe, stima, "intorno agli 800-900 euro per i contribuenti misti".

In effetti il vero tema, prosegue Tridico, è proprio questo: la povertà. E contro questa "più che interventi sulle pensioni si renderebbero necessari interventi sul mercato del lavoro". "Salari bassi oggi vuol dire avere pensioni ancora più basse domani. Il sistema del lavoro italiano è caratterizzato da tanta flessibilità e da ore di lavoro insufficienti, oltre che da salari insufficienti, a creare montanti contributivi adeguati per il futuro pensionistico".

La riforma del sistema previdenziale in ogni caso potrebbe avere tempi lunghi, probabilmente biblici. "Sulla flessibilità del sistema pensionistico ne parliamo da troppo tempo e probabilmente nemmeno questa legislatura riuscirà a chiudere questo cantiere" ha aggiunto Tridoco, "almeno non mi sembra che questo capitolo sia in procinto di essere chiuso". 

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