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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Tutti in pensione con Quota 41: quando? C'è l'incognita costi

Si riapre il dibattito sulle pensioni: Lega e sindacati spingono per Quota 41, ma il governo rimane scettico per i costi richiesti dalla misura

Le pensioni tornano a prendersi la scena dell'agenda politica italiana: dopo mesi di silenzio si riapre il dibattito su Quota 41, la proposta di Lega e sindacati di che andrebbe a sostituire dal 2023 Quota 102. Di fatto quest'opzione è attualmente prevista solo per alcune tipologie di lavoratori, come i “precoci” e quelli impegnati in attività usuranti. Il principale ostacolo a questa misura è rappresentato dai costi che avrebbe per i conti pubblici: secondo le simulazioni dell'Inps si tratterebbe di 4 miliardi di euro nel primo anno di adozione, per arrivare a più di 9 miliardi alla fine di un decennio, a causa dell'aumento dell'età media della popolazione. Secondo i promotori di Quota 41 la riforma favorirebbe un ricambio generazionale e aumenterebbe i posti di lavoro disponibili, le stesse base teoriche di Quota 100. Ma non è un ragionamento così scontato. E cosa accadrebbe se Quota 41 non venisse approvata?

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Come funziona Quota 41

Pensione a Quota 41 vuol dire dare la possibilità di uscita dal mondo del lavoro a chi ha compiuto 41 anni di contributi, a prescindere dalla soglia anagrafica. Il nome richiama la misura voluta dalla Lega, Quota 100, che però era una somma di età anagrafica e contributiva. Quota 41 si baserebbe soltanto sugli anni di contributi, ma sarebbe un'allargamento della platea, perché Quota 41 è già prevista per alcuni casi.

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Per chi è già prevista Quota 41

Da più di cinque anni si può andare in pensione con il meccanismo di Quota 41, ma la cosa riguarda solo alcune categorie di lavoratori a determinate condizioni. Può beneficiarne chi, al 31 dicembre 1995, può far valere almeno 12 mesi di versamenti precedenti al compimento del diciannovesimo anno d'età - i cosiddetti lavoratori “precoci” - e che si trovano in una di queste condizioni:

  • Chi è disoccupato e non percepisce da almeno tre mesi l'indennità di disoccupazione;
  • Chi presta cure da non meno di sei mesi a un familiare entro il secondo grado, convivente con handicap grave;
  • Gli invalidi civili con oltre il 74% di invalidità;
  • Coloro che hanno svolto attività usurante o mansioni gravose per almeno sette anni negli ultimi dieci non meno di sei anni negli ultimi sette di attività lavorativa.

I problemi della nuova Quota 41

I costi della nuova misura tengono il banco della discussione: nel 2021 l'Inps ha infatti stimato che un'estensione di Quota 41 costerebbe più di 4 miliardi nel primo anno di attivazione, per poi arrivare a superare la soglia dei 9 miliardi nell'ultima annualità, tra dieci anni. L'impatto sulle casse dello Stato hanno reso il governo scettico sull'adozione della proposta. Se ne dovrà tornare a discutere, anche perché tra poco più di tre mesi si dovranno porre le basi per la manovra di bilancio autunnale che disegnerà, tra le altre cose, l’assetto previdenziale in Italia per il 2023, visto che Quota 102, che quest'anno è entrata in vigore (ma solo per alcuni lavoratori) scade il 31 dicembre. E se Quota 41 non venisse approvata?

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Se Quota 41 non viene approvata

Il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, ha più volte proposto quello che i giornali hanno definito "Due quote", ossia il pensionamento a 63-64 anni erogando al beneficiario solo la quota contributiva dell'assegno, e dando la possibilità di usufruire dell'eventuale parte retributiva a partire dal 67esimo anno d'età. Secondo Tridico questo tipo di anticipo costerebbe infatti 400 milioni di euro l'anno. Una spesa di decisamente inferiore rispetto a "Quota 41". A livello generale, il piano delle due quote di Tridico introduce un principio di equità sul quale si potrebbe trovare una convergenza.

Il problema è che in ogni caso quella di Tridico affronta soprattutto un aspetto, quello della flessibilità in uscita, senza avere le caratteristiche di una riforma previdenziale strutturale e che affronti tutte le variegate problematiche che una legge così importante necessita. Senza nuove misure o una improbabile proroga, dal 1° gennaio del prossimo anno diventerebbe automatico il ritorno in versione integrale alla legge Fornero.

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