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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Pensioni dopo Quota 100: cosa succede dopo il 31 dicembre e chi potrà lasciare il lavoro in anticipo

La certezza è che Quota 100 ormai è quasi ai saluti, ci sono ipotesi e indiscrezioni, ma manca un cronoprogramma credibile. La sintesi secondo molti potrebbe trovarsi intorno a un numero preciso, 41: quarantuno anni di lavoro e di contributi per andare in pensione. Ma non tramonta Quota 102

Pensioni, che succede? Il grande rebus delle pensioni è ben lontano dall'essere risolto. La certezza è una sola, ovvero che Quota 100 ormai è quasi ai saluti, ci sono ipotesi e indiscrezioni, ma manca un cronoprogramma credibile e ragionato. Il confronto con le parti sociali, annunciato dal ministro del Lavoro Orlando, con gli altri ministeri interessati e in sede collegiale di Governo, al fine di individuare i percorsi più adeguati e con principi di condivisione per intervenire sul sistema pensionistico, non registra particolari passi avanti. Che cosa farà il governo Draghi in materia di accesso alla pensione allo scadere di 'Quota 100' non è dato sapere. E nemmeno è facile ipotizzare chi potrà lasciare il lavoro in anticipo dal 1 gennaio.

Cosa succede dopo il 31 dicembre per le nuove pensioni

Il 31 dicembre scade Quota 100, che prevede di andare in pensione a 62 anni con una contribuzione minima di 38 anni. La questione delle pensioni è annosa soprattutto per le giovani generazioni sottoposte al sistema contributivo, laddove i contributi spesso non sono versati in maniera regolare a causa dei cambi di impiego. In vista di questa imminente scadenza, il governo non ha per ora idea di quale sarà il prossimo sistema pensionistico italiano.

La sintesi secondo molti potrebbe trovarsi intorno a un numero preciso, 41: quarantuno anni di lavoro e di contributi per andare in pensione. Ma le ipotesi per le nuove pensioni dal 2022 sono tante: Quota 102, Quota 92 (a fronte di un ricalcolo interamente contributivo della pensione), Quota 41, la flessibilità dai 62 anni di età chiesta dai sindacati. C'è anche il potenziamento del contratto di espansione che, di fatto, consente mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima (60 mesi) rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia o anticipata. C’è sempre sul tavolo del confronto anche la proposta avanzata dal Ministro Brunetta che riguarda fondamentalmente i dipendenti della pubblica amministrazione, lo scivolo di 5 anni. Si tratterebbe di permettere ai dipendenti pubblici di accedere alla pensione a 62 anni con possibili penalizzazione sull’assegno (calcolo interamente contributivo?) che dovrebbe in qualche modo andare a ricalcare l’isopensione.

Pensioni: Quota 41 nel 2022

Quota 41 è sempre l’ipotesi più apprezzata dalle parti sociali, in pratica prevederebbe la possibilità di pensionamento una volta raggiunti i 41 anni di contributi, per tutti i tipi di lavori. Piace poco ai lavoratori l'idea (che al momento resta tale, con qualsiasi "Quota") di un ricalcolo basato sulla proporzione tra coefficiente della pensione a 67 anni e coefficiente di uscita a 63 o 64 anni. Con coinvolgimento degli anni di versamento contributivo precedenti al 1996 e alla Riforma Dini. Cosa che avrebbe importanti benefici sulle casse Inps, e pochi invece per chi dopo aver lavorato tanti anni avrebbe diritto a godersi la pensione per cui ha versato per decenni i contributi.

Draghi sa bene che il tema pensioni è una priorità già nel primo giro di consultazioni che lo avevano poi portato a sciogliere la riserva il premier aveva indicato una prima tappa sicura nella rotta da seguire: il superamento di Quota 100, come aveva rivelato il capogruppo del Carroccio a Montecitorio, Riccardo Molinari. Il tema è quindi aperamente in cima all'agenda di Draghi e in autunno sarà obbligatorio trovare una quadra tra la variegata maggioranza di governo e le parti sociali. Semplificare la matassa pensioni è un'impresa complessa, e proprio in un'ottica di semplificazione si torna spesso anche in questi giorni a parlare di Quota 41, in un modo o nell'altro. Quota 41 "per tutti" è di fatto la proposta fortemente voluta dai sindacati. "Bene la proposta della piattaforma sindacale per quota 41 per non tornare alla legge Fornero" ha ribadito da tempo il Sottosegretario all’Economia, Claudio Durigon (Lega). "Anche noi pensavamo a Quota 41, non posso che essere d’accordo con la proposta dei sindacati per non tornare alla legge Fornero" sottolinea il sottosegretario leghista, spiegando che "Quota 100 nasceva come una norma per la flessibilità in uscita che ha bloccato l’aspettativa di vita prevista dalla legge Fornero". Adesso "aspettiamo il tavolo convocato dal ministro del Lavoro Orlando e le proposte che arriveranno", afferma Durigon. "Se vogliamo uscire dalla crisi innescata dal Covid serve una riforma strutturale con una visione pensionistica. La crisi - conclude - farà parecchi licenziamenti quindi saranno necessari strumenti di flessibilità in uscita".

I dettagli non ci sono, ma Quota 41 è una proposta tutto sommato semplice: prevede la pensione anticipata con 41 anni di contributi senza un requisito anagrafico. Accompagnata da strumenti che consentano una certa flessibilità può essere la chiave di volta. Attenzione. Per qualcuno Quota 41 esiste già. Dopo anni di discussione e lotte sindacali per re-introdurre un tetto massimo contributivo di 41 anni per uomini e donne, ovvero la cosiddetta Quota 41, l’articolo 1 co. 199 della Legge di Bilancio 2017 ha dato il via libera per questo tipo di intervento che concede particolari agevolazioni in termini di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro almeno in favore di categorie di lavoratori che abbiano condizioni lavorative ed economiche particolarmente disagiate. Il progetto è allargare la platea.

L'ipotesi Quota 102 per andare in pensione

L'ipotesi che convince meno le parti sociali ma che sarebbe più semplice da implementare è Quota 102. Se saranno mantenuti identici i requisiti per la pensione di vecchiaia con 67 anni di età adeguata alla aspettativa di vita e almeno 20 di contribuzione, l'ipotesi di Quota 102 per andare in pensione prima sarebbe fattibile con:

  • 64 anni di età anagrafica (indicizzata alla aspettativa di vita);
  • 38 anni di contributi di cui non più di 2 anni figurativi (esclusi dal computo maternità, servizio militare, riscatti volontari).

Sarebbe da stabilire con la massima chiarezza il taglio dell’assegno che verrebbe incassato fino alla naturale scadenza fissata a 67 anni. Seguendo la stessa logica, la pensione anticipata dovrebbe essere resa stabile con 42 anni e 10 mesi per gli uomini (1 anno in meno per le donne), svincolata dalla aspettativa di vita e togliendo qualsiasi divieto di cumulo tra lavoro e pensione e prevedendo altresì agevolazioni per le donne madri (ad esempio 8 mesi ogni figlio fino a massimo 24 mesi), per i caregiver (un anno) e per i lavoratori precoci (maggiorando del 25% gli anni lavorati tra i 17 e i 19 anni di età). L'ipotesi Quota 102 viene però ritenuta inaccettabile dai sindacati: è ritenuta conti alla mano troppo penalizzante.

Scalone da incubo: cosa succede se non si interviene

Quando tra sei mesi "scade" Quota 100, che consente di anticipare la pensione a 62 anni di età con 38 di contributi fino al 31 dicembre 2021, senza interventi di alcun tipo dal primo gennaio si tornerebbe alle regole di prima e quindi al temuto "scalone" di ben cinque anni di età. Da un giorno all'altro il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età. Lo scalone è un problema vero, da affrontare quanto prima. Facciamo un esempio lampante. Alla fine del 2021, senza un’eventuale armonizzazione, per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque anni dei requisiti di pensionamento. Un intervento è quindi essenziale

Facciamo un esempio molto semplice e comprensibile: Ivano e Giuseppe hanno lavorato 38 anni nella stessa azienda solo che il primo è nato nel dicembre del 1959 e il secondo nel gennaio del 1960. Ivano andrà in pensione (se lo vorrà) a 62 anni, mentre Giuseppe dovrà optare tra un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026 o il pensionamento di vecchiaia con 67 anni e nove mesi, addirittura nel 2029. Insomma così non va, è evidente. Uno scalone del genere andrebbe persino oltre quello della riforma Maroni (legge 243/2004), quando fu introdotta una differenza di tre anni lavorativi tra chi avrebbe maturato il diritto alla pensione il 31 dicembre del 2007 e chi lo avrebbe fatto il primo gennaio del 2008.

Una mossa di Draghi per una nuova forma di pensionamento anticipato è data per certa. Ma nuove idee su come passare dalla teoria alla pratica per ora non sembrano essercene. Probabile si torni a una qualche "Quota", ma per garantire la flessibilità chiesta dai sindacati potrebbe non bastare.

Pensioni: le due quote secondo Tridico

Pasquale Tridico osservava un mese fa che "non è corretto portare sempre il discorso sullo scalone. Dopo Quota 100 non c'è la fine del mondo, ci sono diverse misure di flessibilità da ampliare: l'Ape sociale, i precoci, gli usuranti". Il presidente Tridico in pratica, come vi abbiamo già raccontato, ha in tasca una proposta che ha una sua logica. Uno spunto messo sul tavolo del lungo dibattito che ci si appresta a iniziare. La proposta di Tridico è quella di andare in pensione dai 62-63 anni solo con la quota che si è maturata dal punto di vista contributivo. Il lavoratore uscirebbe dunque con l'assegno calcolato con il contributivo e aspetterebbe i 67 anni per ottenere l'altra quota, che è quella retributiva. Parallelamente sarebbero confermati o introdotti in caso di necessità strumenti ad hoc per tutelare i fragili, come gli oncologici e gli immunodepressi, che nella fase post Covid devono poter andare in pensione prima".

I sindacati spingono per dare la possibiità di andare in pensione a 62 anni a prescindere dai contributi. La proposta delle sigle sindacali, su questo punto sostanzialmente compatte, di fatto è quasi esclusivamente incentrata sulla flessibilità.  Prosegue il percorso di mobilitazione dei sindacati. Sabato 26 giugno sono in programma tre manifestazioni nazionali nelle città di Bari, con il segretario generale Uil, Pierpaolo Bombardieri, di Firenze, con il segretario generale Cisl, Luigi Sbarra, e di Torino, con il segretario generale Cgil, Maurizio Landini. L`obiettivo primario è conquistare la proroga della moratoria sui licenziamenti almeno fino al 31 ottobre, una riforma degli ammortizzatori sociali e nuove politiche attive per il lavoro. È necessario, secondo Cgil, Cisl e Uil "ribadire con fermezza i contenuti della piattaforma unitaria su: lavoro, occupazione, coesione, sviluppo, fisco, pensioni, non autosufficienza, rinnovo dei contratti pubblici e privati, riforma pubblica amministrazione e scuola, della cultura e del turismo. È fondamentale, inoltre, che ci sia da parte delle istituzioni la volontà di attuare un piano serio ed efficace che sia in grado di utilizzare le risorse del Pnrr al fine di creare una stabile connessione tra investimenti e occupazione, coinvolgendo in maniera significativa con una governance partecipata e preventiva le parti sociali".

I fondi pensione

"Assicurare adeguate pensioni nel rispetto dell'equilibrio della finanza pubblica è forse una delle sfide più delicate che abbiamo di fronte. Da qualche anno, accanto alla previdenza pubblica si è aggiunto un pilastro complementare, volontario e individuale. La funzione di questi fondi pensione è duplice: da una parte rappresentano una forma di risparmio privato di tanti lavoratori che vogliono così avere una garanzia in più a tutela del proprio tenore di vita, dall'altra servono a ridurre il peso della spesa pensionistica sulle generazioni future". Così il vicepresidente della Camera e presidente di Italia Viva Ettore Rosato in un post su Facebook. "A questi fondi aderiscono oggi più di 8 milioni di lavoratori italiani, ma le donne e i giovani sono ancora i grandi assenti nonostante i vantaggi della previdenza complementare soprattutto per questi ultimi". Prosegue Rosato: "Oggi alla Camera dei Deputati assieme alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) abbiamo dedicato un'attenzione particolare non solo ai modelli di governance di questi enti, ma alla loro promozione partendo da un'educazione finanziaria che coinvolga forze sindacali e imprenditoriali".

Il vero problema è che per superare Quota 100 serve una soluzione efficace e di prospettiva. Al momento non c'è. Il governo Draghi su questo fronte non sembra al momento particolarmente attivo e l'autunno si preannuncia caldo. Ancora più del solito.

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