rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Il punto sulla previdenza

Pensioni: la verità su quota 41 per tutti e le opzioni per chi ha i requisiti di quota 103

Al momento non ci sono le coperture per l'uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica. Qual è ora la strategia del governo Meloni e quali sono le tre possibilità per chi matura i requisiti necessari per la pensione anticipata

Ormai è chiaro, chiarissimo: a stretto giro quota 41 per tutti non si fa, né quest'anno né molto probabilmente il prossimo, perché adesso non ci sono le coperture finanziarie necessarie. L'ambizioso progetto di riforma delle pensioni annunciato dal centrodestra in campagna elettorale rimane dunque un proposito di lungo termine o, per dirla con le parole di importanti esponenti della maggioranza, un "obiettivo di legislatura". "Stiamo cercando di attivarci per dare una risposta pensionistica più globale - ha detto oggi Claudio Durigon, sottosegretario del lavoro e delle politiche sociali del governo Meloni, in un'intervista a La Stampa -. Abbiamo con la finanziaria scorsa, e nonostante l'intervento molto sostanzioso sul caro bollette, inserito quota 41 e mandato in pensione circa 50mila persone in più rispetto a quelle che erano le quote precedenti. Ora si può pensare di migliorare ancora arrivando in prospettiva ad una quota 41 per tutti, senza escludere la possibilità di migliorare fin da subito l'attuale quota 103".

E allora quando sarà applicata pienamente quota 41 di contributi, senza il paletto degli anni e per tutti? L'impegno preso dal governo Meloni è di portare a compimento questa riforma entro la fine della legislatura, ribadisce Durigon, che precisa di essere "fiducioso che riusciremo a portare a casa la riforma anche prima". Fatto sta che l'operazione quota 41 non costa poco, e adesso i soldi non ci sono. La misura cavallo di battaglia della Lega, che prevede l'uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica, è d'altronde sparita anche dal Def, il documento di economia e finanza messo a punto dal governo e pubblicato nei giorni scorsi.

Nell'atto che delinea le prossime mosse di politica economica del governo, di soldi stanziati per "superare la legge Fornero" non c'è traccia. È probabile quindi che si arriverà al prossimo autunno, quando si dovranno mettere le basi della nuova legge di bilancio, con uno scenario caratterizzato dalla nebbia fitta.

Pensioni: la proroga di un anno di quota 103

Con la riforma "strutturale" delle pensioni in stallo, va ricordato che il 31 dicembre 2023 quota 103 dovrebbe arrivare alla fine. Quale sarà quindi la strategia del governo Meloni? Quali sono ora le opzioni che l'esecutivo potrebbe vagliare? In primis, ci potrebbe essere la proroga di un anno di quota 103, la misura introdotta dal governo Draghi che prevede l'uscita dal lavoro a 62 anni d'eta e 41 anni di contributi. Nel dettaglio, l'assegno di quota 103 è massimo di 2.840 euro lordi al mese (36.920 euro lordi all'anno), pari cioè a cinque volte il minimo (che è di 568 euro per il 2023). Questo importo massimo, rivalutato annualmente, viene incassato dai 62 anni ai 67 anni e solo dopo questo compleanno l'importo della pensione, se più alto del tetto, tornerà pieno.

Il punto su opzione donna e ape sociale

E cosa potrebbe accadere con l'ape sociale? Marina Elvira Calderone, ministra del lavoro e delle politiche sociali, nei mesi scorsi aveva lasciato intendere che il sistema attuale potrebbe essere esteso. Sembra esserci, da tempo, una condivisione di partenza sull'approccio che ipotizza dal 2024 un graduale allargamento del bacino dell'ape sociale, modulandola in base alle risorse che saranno realmente disponibili. Ne sapremo di più nei prossimi mesi. Quel che è certo al momento è che l'ape sociale è stata prorogata fino al 31 dicembre 2023 e riguarda disoccupati di lungo corso, caregiver, invalidi dal 74% e addetti ai lavori cosiddetti gravosi. La domanda può essere presentata anche da chi ha perfezionato i requisiti in anni passati: aver compiuto almeno 63 anni di età e non essere già titolari di pensione diretta in Italia o all'estero.

Tra gli altri canali di uscita anticipata dal lavoro, c'è anche quello che consente il pensionamento con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) a prescindere dall'età anagrafica e senza adeguamenti all'aspettativa di vita fino al 2026. Potranno poi continuare a uscire con 41 anni di versamenti, indipendentemente dalla soglia anagrafica, i lavoratori "precoci", quelli cioè in possesso di 12 mesi di contribuzione effettiva prima del 19esimo anno d'età (condizioni simili a quelle previste per accedere all'ape sociale). Opzione donna, invece, è stata prorogata per tutto il 2023 e consente l'uscita anticipata alle lavoratrici che abbiano maturato - entro il 31 dicembre 2022 - un'anzianità contributiva di almeno 35 anni e un'età anagrafica di almeno 60 anni, congiuntamente ad un ulteriore requisito soggettivo.

Quota 103: le tre opzioni per chi matura i requisiti necessari per la pensione anticipata

Al netto del "cantiere pensioni" bloccato, a questo punto è necessaria una precisazione. I dipendenti con i requisiti necessari per accedere alla pensione anticipata flessibile - cioè la quota 103 - che però scelgono di continuare a lavorare, possono rinunciare all'accredito dei contributi a proprio carico dovuti all'Inps. Per accedere a questa possibilità sarà però necessario aspettare il decreto attuativo che ancora non ha avuto il via libera dalla Corte dei conti. L'operazione in questione, però, è una scelta e non un obbligo. Anzi, il lavoratore con i requisiti per quota 103 ha tre opzioni: accedere al pensionamento anticipato, continuare a lavorare versando all'Inps tutti i contributi previsti, continuare a lavorare non versando la quota di contributi a loro carico e riceverla in busta paga.

Nel caso in cui un lavoratore scelga questa terza soluzione, il datore di lavoro potrà erogare, direttamente in busta paga, la somma corrispondente ai contributi non versati. Va detto però che questa scelta avrà conseguenze sia sulla busta paga dell'interessato sia sull'importo della pensione: l'importo mensile dello stipendio aumenterebbe perché non subirebbe più il prelievo contributivo, ma quella stessa somma concorrerebbe ad alzare l'imponibile fiscale. Quindi l'aumento della quota netta non sarebbe uguale alla somma dei contributi non versati, ma subirebbe un prelievo fiscale maggiore. Comunque sia, la facoltà di non versare la contribuzione può essere esercitata una sola volta e il lavoratore può cambiare idea. In questo caso, dal primo giorno del mese successivo al momento di esercizio della revoca, riprenderanno le trattenute e i versamenti dei contributi a carico dell'interessato.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Pensioni: la verità su quota 41 per tutti e le opzioni per chi ha i requisiti di quota 103

Today è in caricamento